Sogni di diventare fotografo?
ENTRA NELL'ACADEMY

Le elezioni per il rinnovo del parlamento scozzese si sono concluse con la vittoria dello Scottish National Party (SNP) del primo ministro Nicola Sturgeon e più in generale dello schieramento indipendentista. L’SNP, che aspira alla separazione dal Regno Unito, ha ottenuto 64 seggi sui 129 a disposizione, uno in meno della maggioranza mentre i Verdi si sono assicurati 8 scranni per un totale di 72 seggi. I rivali, che in questo caso comprendono tanto i Conservatori quanto i Laburisti ed i Liberal Democratici, si sono fermati, rispettivamente, a 31, 22 e 4 scranni.

Il primo ministro Sturgeon ha già annunciato i propri piani per lo svolgimento, una volta terminata la pandemia, di un secondo referendum sull’indipendenza della Scozia ed ha ricordato, come riportato da Axios, che “non esistano giustificazioni democratiche che consentano a Boris Johnson o a chiunque altro di impedire alla popolazione scozzese di scegliere quale sarà il proprio futuro”. Il sistema elettorale scozzese è di tipo proporzionale ed avvantaggia i partiti politici più piccoli penalizzando quelli dominanti. Il voto tattico espresso dai sostenitori dell’unione è riuscito a privare la Sturgeon della maggioranza. Nel seggio laburista di Dumbarton, ad esempio, si è registrato un forte trasferimento di voti dai Conservatori ai progressisti e questa migrazione ha permesso ai Laburisti di rafforzare le proprie posizioni. Gli elettori di centrodestra si sono, in un certo senso, turati il naso ed hanno appoggiato il partito che gli sembrava più in grado di sconfiggere i nazionalisti.

Il rischio di uno scontro tra Scozia e Inghilterra

Il primo ministro inglese Boris Johnson ha dichiarato di voler bloccare un secondo referendum ma l’SNP ha già redatto un disegno di legge che mira alla secessione. L’aspro scontro tra le parti, che almeno per il momento si svolge sul piano verbale, potrebbe presto spostarsi nelle aule dei tribunali del Regno Unito. Gli organi giudiziari potrebbero essere chiamati ad esprimersi in merito alla legittimità del disegno di legge scozzese e ad un voto in materia da parte del governo locale. La Sturgeon, che vuole un altro referendum sin da quando la Scozia ha votato contro la Brexit nel 2016, sembra pronta ad una battaglia costituzionale potenzialmente distruttiva.

L’ultimo plebiscito sull’indipendenza si era svolto nel 2014, tre anni dopo la maggioranza ottenuta dall’SNP e grazie ai poteri legali concessi dal governo del Regno Unito. Il risultato finale aveva visto prevalere, con una percentuale del 55%, il mantenimento dell’unione tra Galles, Inghilterra e Scozia. La spiegazione, almeno parziale, di questo risultato era legata al fatto che molti scozzesi avevano ritenuto più conveniente continuare a godere dei benefici del Regno Unito e dell’Unione europea votando no. Questa argomentazione è poi decaduta in seguito alla Brexit dato che il 62% degli scozzesi ha votato per rimanere nell’Unione ma ha poi dovuto fare i conti con un esito molto diverso da quello sperato.

Perché resta un tema controverso

Gli elettori ed i politici scozzesi sono apertamente favorevoli all’unità europea ed avrebbero voluto mantenere i legami con Bruxelles a prescindere da un eventuale accordo negoziato da Westminster. Il governo Johnson ha però optato per un’intesa commerciale con l’Unione europea evitando di stringere rapporti troppo stretti e provocando una forte delusione. La politica estera della Scozia è sotto il controllo di Londra e questo territorio non può mantenere relazioni diplomatiche ufficiali con altri paesi senza passare dal ministero degli Esteri britannico.

Diverse industrie scozzesi sono state danneggiate dalla Brexit e gli elettori ritengono che l’indipendenza potrebbe consentire di mitigare i danni e di riprendere il controllo dell’economia locale. Il settore della pesca potrebbe beneficiare di un’eventuale ripresa delle relazioni commerciali con l’Unione Europea e l’indipendenza consentirebbe alla Scozia di avere piena autonomia sulle proprie riserve di gas e petrolio (che contribuiscono, rispettivamente, al 96 ed al 63% della produzione del Regno Unito), che al momento sono in condivisione con Londra. Non tutti gli argomenti spingono, però, verso l’indipendenza. L’Inghilterra è il principale partner commerciale e la distruzione del mercato comune potrebbe avere effetti economici deleteri. Una Scozia indipendente sarebbe inoltre costretta ad aumentare le tasse per mantenere i conti pubblici in ordine e verrebbe sminuita sullo scenario commerciale globale.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.