L’ultimo terremoto politico in ordine cronologico ha coinvolto l’arcipelago delle Maldive. Le elezioni presidenziali appena concluse hanno decretato la vittoria di Mohamed Muizzu con il 54% dei consensi. Lo sfidante Ibrahim Mohamed Solih ha riconosciuto la sconfitta e alzato bandiera bianca congratulandosi con il rivale.

Al di lĂ  delle dinamiche politiche interne al Paese, che faticano a riscuotere interesse oltre i confini nazionali, è importante sottolineare come questo avvicendamento possa scuotere il confronto politico tra Stati Uniti e Cina nell’Indo-Pacifico. GiĂ , perchĂ© se il presidente uscente Solih era noto per essere filo indiano, il nuovo arrivato ha un profilo filo cinese.

Stiamo parlando di un politico sostenitore della Nuova Via della Seta, il mastodontico progetto infrastrutturale promosso da Xi Jinping, e favorevole agli investimenti del Dragone nei Paesi in via di sviluppo. Non solo: in caso di vittoria, Muizzu aveva promesso solide relazioni con la Repubblica popolare cinese. “Non vediamo l’ora di tornare al governo nel 2023 per scrivere un nuovo capitolo di forti legami tra i nostri due Paesi, sia a livello nazionale che internazionale”, aveva detto ai membri del Partito comunista cinese l’anno scorso.



L’importanza delle Maldive

A differenza di quanto si possa pensare, le Maldive sono situate in una posizione strategicamente rilevante nel cuore dell’Oceano Indiano, a cavallo di una delle rotte marittime est-ovest piĂą trafficate del mondo.

I riflessi geopolitici della vittoria di Muizzu potrebbero insomma coincidere con un avvicinamento dell’arcipelago verso la Cina. Pechino sarebbe infatti da tempo intenzionata a creare un collegamento capace di unire il Mar cinese meridionale, il citato Oceano Indiano e le coste dell’Africa orientale. Non una mossa qualunque, visto che, grazie alle infrastrutture costruite (e in fase di costruzione) nel continente, il Dragone potrebbe ambire ad affacciarsi sulle acque dell’Oceano Atlantico.

Al contrario di Muizzu, Solih aveva invece spinto per ripristinare la posizione diplomatica del Paese nei confronti di Nuova Delhi. Ricordiamo che l’India ha investito centinaia di milioni di dollari nell’arcipelago, finanziando progetti infrastrutturali piĂą o meno grandi. E tutto in virtĂą del braccio di ferro con la Cina, o meglio per evitare che il Dragone potesse mettere radici in un’area sensibile – soprattutto se considerata parte di un puzzle comprendente l’Indo-Pacifico – ai fini degli equilibri globali.

Il duello (a distanza) tra Usa e Cina

Il duello tra India e Cina è in realtĂ  l’anticamera del vero duello in campo: quello tra Washington e Pechino, a dire il vero in atto in tutto l’Indo-Pacifico. Le Maldive sono soltanto un esempio sul quale accendere i riflettori. GiĂ , perchĂ© esistono altre isole finite al centro della contesa. Possiamo citare le Isole Cook e Niue, appena riconosciute dagli Usa come “Stati sovrani e indipendenti”, oppure le Isole Salomone, che un anno fa hanno siglato un accordo quadro con i cinesi in materia di cooperazione sulla sicurezza.

Altri Paesi, non solo isole, rientrano nel mosaico. Citiamo Timor Est, con il quale la Cina ha appena varato una partnership strategica, oppure Giappone e Corea del Sud, attori di ben altro spessore diventati pilastri della nuova architettura diplomatica immaginata dagli Usa nella regione asiatica per contenere il Dragone.

La prossima area di contesa coinciderĂ  quasi sicuramente con il sud-est asiatico, dove esigenze commerciali e vecchie tensioni storiche si intrecciano fino a formare un nodo difficile da sciogliere. Certo è che l’obiettivo di Cina e Usa è lo stesso: conquistare quanta piĂą influenza possibile per portare a compimento i propri obiettivi. Bloccare l’avanzata cinese nel caso statunitense, allargare il raggio d’azione marittimo nel caso di Pechino.

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