Nello scorso fine settimana, tra venerdì e sabato, Beppe Grillo ha incontrato per ben due volte in 24 ore l’ambasciatore cinese in Italia, Li Junhua. Il fondatore del Movimento 5 Stelle ha immortalato il momento postando su Facebook una foto corredata da un messaggio ironico, ma che in realtà potrebbe spiegare le prossime mosse grilline in campo internazionale. “Gli ho portato del pesto e gli ho detto che se gli piacerà dovrà avvisarmi in tempo perché sarei in grado di spedirne una tonnellata alla settimana, sia con aglio che senza, per incoraggiare gli scambi economici!”, ha scritto Grillo sotto l’immagine che lo ritraeva assieme al signor Li. Memori di quanto accaduto a marzo, captando una possibile minaccia per il futuro dell’Italia, alcuni osservatori hanno subito alzato le antenne. Basta collegare i punti andando a ritroso nel tempo: la visita di Xi Jinping in Italia, il Memorandum d’intesa sulla Belt and Road Initiative firmato da Luigi Di Maio e la promessa del governo Conte di incrementare le relazioni con Pechino. Apriti cielo: gli Stati Uniti mostrarono subito evidenti segni di insofferenza per l’eccessiva vicinanza dell’alleato italiano al “nemico” cinese, e Roma dovette farsi in quattro per evitare di essere silurata da un Donald Trump furioso.

I grillini guardano alla Cina

Nel frattempo la politica italiana è andata avanti, il governo gialloverde è solo un lontano ricordo e ora, all’interno dell’esecutivo, non c’è più nessuno in grado di ostacolare l’apertura grillina alla Cina. Mentre nei mesi scorsi c’era la Lega di Matteo Salvini a rimarcare i rischi dell’endorsement dei pentastellati al gigante asiatico, adesso i soci del Conte bis non sembrano minimamente interessati all’argomento. Anzi, secondo alcune indiscrezioni il Movimento 5 Stelle potrebbe lavorare, in sponda con il Pd, per piazzare Romano Prodi al Quirinale. Lo stesso Prodi ha più volte speso parole al miele per elogiare il piano commerciale di Xi Jinping, e una sua ipotetica presenza al vertice delle istituzioni italiane garantirebbe alla Cina la fedeltà di Roma sulle questioni più spinose. E l’Italia cosa ci guadagnerebbe? Ben poco, perché a incassare il bottino pieno sarebbero i grillini, che in questo modo cementificherebbero l’alleanza con il Pd per restare più tempo incollati alla poltrona. Certo, la Cina è un soggetto con il quale è necessario dialogare. Ma forse sarebbe meglio farlo in modo che a guadagnarci sia l’intero popolo italiano, e non solo una fazione politica.

Il ruolo dell’Italia nel piano cinese in Africa

In ogni caso, vale la pena tornare sul pesto regalato da Grillo all’ambasciatore cinese. Considerando che l’Italia ha prestato il fianco alla Nuova Via della Seta e che il pesto è uno dei prodotti simboli dell’agroalimentare italiano, non è da escludere che dietro le quinte possa esserci un tentativo di portare il cibo made in Italy nella pancia del Dragone cinese. Attenzione però, perché non si tratterebbe di un normale scambio commerciale. Mesi fa l’ex sottosegretario Michele Geraci parlò all’Agi dell’idea di trasferire l’agroalimentare italiano in Africa grazie ai soldi cinesi. In altre parole, era venuta a galla l’idea di stabilizzare la situazione africana – e limare così i flussi migratori – chiedendo aiuto alla Cina, che, ricordiamolo, nel Continente Nero ha investito oltre 300 miliardi di dollari. Visto e considerando che i porti nostrani non fanno più tanta gola ai cinesi, questi ultimi potrebbero adesso scegliere davvero di virare sull’agroalimentare. C’è però un rischio enorme, cioè che l’Italia possa diventare un satellite della Cina in Africa. In altre parole, Pechino potrebbe trasferire il know how agroalimentare dell’Italia nei territori africani, arrecando non pochi danni economici all’intero settore italiano. Il motivo è semplice: il governo cinese ha costruito in Africa di tutto, dai porti alle strade, ma pecca ancora nella produzione alimentare. E per completare il mosaico, la Cina potrebbe davvero affidarsi al pesto made in Italy.