L’inflazione ha guidato la corsa del Partito Repubblicano Usa alle elezioni di midterm, ma visti i dati ottenuti Joe Biden può dirsi soddisfatto su certi fronti: Barack Obama nel 2010 perse una sessantina di seggi alle sue prime Midterm in un quadro costellato da una preoccupazione dominante per l’economia. La regressione di Biden sarà decisamente più ristretta.
Negli Usa i prezzi al consumo sono attestati ad un tasso annuo di inflazione dell’8,2% secondo le rilevazioni settembre, in calo rispetto al picco raggiunto in estate, ma ancora su una scala paragonabile solo ai primi Anni Ottanta.
Il Partito Repubblicano ha spinto fortemente su questo tema contro i Democratici. “L’inflazione è causata dalla spesa sconsiderata dei democratici”, ha detto il senatore Rick Scott della Florida a ottobre. Le sue parole, da un lato, raccontano una parte di verità, ma non la completa attestazione dei fatti. L’amministrazione Biden, alla sua inaugurazione nel gennaio 2020, era come quella precedente di Donald Trump più preoccupata per la difesa dei posti di lavoro americani: Biden, nel gennaio dello scorso anno, si trovava ad affrontare un tasso che era sceso al 6,4% dopo aver toccato quasi il 15% nei primi mesi della pandemia. I democratici in controllo del Congresso hanno rapidamente approvato una legge di aiuti economici da 1,9 trilioni di dollari, che ha dato una spinta a quanto già fatto dai piani di Trump al lavoro ma anche promosso la corsa dell’inflazione.
Il 49% degli elettori ha dichiarato che l’economia è la questione più importante che avrebbe guidato la loro scelta alle urne in un sondaggio Gallup di ottobre. Il timore per la recessione si classifica in testa superando l’aborto, la criminalità e le relazioni con la Russia. Questo è stato per le rilevazioni di Gallup il più alto livello di preoccupazione economica in vista delle elezioni di medio termine dal 2010, anno in cui l’economia stava uscendo dalla peggiore recessione dai tempi della Grande Depressione. Alla fine di settembre, un sondaggio Washington Post-ABC News ha inoltre mostrato che i repubblicani erano ritenuti dall’elettorato più affidabili per gestire la criminalità, l’inflazione e la crisi dell’economia, mentre al contempo i democratici erano visti come maggiormente affidabili dagli elettori preoccupati per la crisi climatica e la tutela dell’aborto.
Da marzo, nel frattempo, la Federal Reserve ha aumentato il suo tasso di riferimento sei volte, aumentando i costi di finanziamento per chiunque cerchi di acquistare una casa o un’auto. Il presidente della Fed Jerome Powell ha avvertito la scorsa settimana che i tassi potranno crescere andare ancora di più previsto l’anno prossimo. E questo non ha certamente portato acqua al mulino di Biden.
“David Axelrod, il principale consigliere politico di Obama, ha ricordato di aver detto al presidente eletto nel 2008 che i democratici avrebbero affrontato una resa dei conti nel 2010 dopo due elezioni consecutive vinte”, nota il New York Times. In quest’ottica il 2022 si può dire non abbia riservato lo stesso choc ai Democratici, sorpassati di poco alla Camera e in lotta, quando scriviamo, per controllare il Senato: “Gli aumenti dei prezzi sono segnalati a livello metropolitano e alcune città negli stati chiave del campo di battaglia stanno affrontando aumenti dei prezzi particolarmente rapidi: l’inflazione era all’11,7% ad Atlanta; 13 per cento a Phoenix; e il 9% nell’area metropolitana di Seattle secondo gli ultimi dati disponibili”. In Stati come il Texas e la Florida il consolidamento repubblicano arriva proprio sulla scia di un discreto risultato economico; in aree come New York nei distretti periferici in ballo i Repubblicani sono dati in rimonta proprio dopo aver picchiato a lungo su una piattaforma anti-inflazione. In Georgia la riaffermazione del governatore Brian Kemp su Stacey Abrams ha visto l’uscente conservatore puntare sugli ottimi risultati dell’economia locale e bisognerà vedere, in caso di ballottaggio, quanto ciò inciderà sulla corsa al decisivo seggio al Senato.
Questo però non ha coinciso con uno tsunami “rosso” che ha sommerso i Democratici. Per Biden il vantaggio relativo è quello della polarizzazione dell’elettorato su diverse questioni-bandiera, fattispecie che a una genuina preoccupazione per l’economia può accompagnare un processo di formazione del voto più multiforme. In attesa di capire quali saranno gli esiti repubblicani nella West Coast a trazione progressista, il dato parla indubbiamente di un guadagno conservatore ma non di una travolgente avanzata. Anche all’inflazione, insomma, Biden può dire di essere sostanzialmente sopravvissuto. Ma ora dovrà agire con un Congresso non più orientato completamente a suo favore. E questa può essere la sfida decisiva, anche se ora più che mai, con i margini deficit esauriti, come ricorda il Guardian, “la Federal Reserve con la sua capacità di aumentare i tassi di interesse è nella posizione migliore per combattere la crescita dei prezzi – e né il Congresso né la Casa Bianca hanno alcuna capacità paragonabile”. E anche i Repubblicani dovranno evitare di far sì che la loro propaganda sull’inflazione, in caso di maggiore capacità d’azione al Congresso, diventi un boomerang.