Il Pakistan affronta un momento politico ed economico critico. Più di 20 milioni di bambini non vanno a scuola. Meno del 30% delle donne lavora. Le esportazioni sono ferme. In questa cornice economica, la soluzione è in un salvataggio del Fondo monetario internazionale. Ma ci sono anche altre potenze che si fanno avanti. Il premier Imran Khan ha ereditato un Paese in crisi. La povertà è dilagante come anche la corruzione, in quello che è il sesto Paese più popoloso del mondo. Le ragioni di questo stato di cose sono molteplici. “Alcuni analisti danno la colpa alla classe dirigente, altri ritengono che il Pakistan sia collocato in un’area complicata del mondo: tra l’Afganistan e l’India”, spiega l’Economist. Ma il vero potere nel Paese lo detiene l’esercito. Forza oscura che controlla tutto. “L’esercito, credendo che il Paese sia circondato da nemici, – ricorda il settimanale inglese – promuove una dottrina di persecuzione e paranoia”.

Ma i problemi del Pakistan non sono soltanto economici. Fa discutere anche la presenza a Quetta di alcuni capi dei talebani afghani. “Sappiamo da tempo che Rabbari Shura, la principale leadership talebana, ha operato da Quetta, conferma Marvin G. Weinbaum, direttore di Afghanistan and Pakistan Studies a Gli occhi della guerra. “Quella dirigenza non è in grado di muoversi apertamente nella città come una volta, ma si crede che abbia ancora l’appoggio dell’Isi, la più importante e potente delle tre branche dei servizi di Intelligence del Pakistan. L’organizzazione di Quetta non è così vicina alle agenzie di sicurezza pakistane, tuttavia, come la rete Haqqani, che fino a qualche anno fa aveva sede nel nord Waziristan. Dopo la morte di Mullah Mansour, che viveva a Quetta, è sicuro affermare che le organizzazioni Haqqani e Rabbani si sono combinate, con la leadership militare nelle mani di Sirajuddin Haqqani. Si pensa anche che almeno alcuni dei leader talebani che erano a Quetta ora si siano trasferiti a Karachi”.

Per fronteggiare la grave crisi economica l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno offerto al Pakistan oltre 30 miliardi di dollari. Il progetto saudita include la costruzione di una raffineria di petrolio da dieci miliardi di dollari. Una decisione che crea qualche problema all’arcinemico dei sauditi, l’Iran, che sperava di diventare un importante fornitore di energia del Pakistan. Ma Imran Khan ha anche accettato di fare un viaggio in Qatar per incontrare i suoi rappresentanti politici. Il Qatar è però un avversario dell’Arabia Saudita. La relazione con Riad è molto importante perché potrebbe portare ad un riavvicinamento con gli Stati Uniti, amici dei sauditi. L’alleanza del Pakistan con Washington si è sfilacciata sotto la presidenza Trump perché la Casa Bianca accusa Islamabad di ospitare terroristi. Per questo motivo c’è stato un successivo riavvicinamento con la Cina. Pechino ha realizzato considerevoli investimenti nel Paese. Circa 60 miliardi di dollari in strade, ferrovie, porti, centrali elettriche. Tutto finalizzato alla costruzione del famoso corridoio economico Cina – Pakistan.

Un altro scenario possibile in ambito politico-economico sarebbe un intervento del Fmi. Le riserve valutarie del Pakistan sono solo di 6,9 miliardi di dollari che coprono solo due mesi di importazioni. Gli economisti ritengono che il piano del Fmi prevederebbe un aumento delle tasse, dei prezzi dell’elettricità e del gas e un deprezzamento della valuta. “Credo che il governo pakistano sia affamato di risorse e un salvataggio del Fmi sia fondamentale”, spiega Bharath Gopalaswamy, direttore del South Asia Center dell’Atlantic Council di Washington a Gli occhi della guerra. “Quindi non importa quali siano le condizioni, credo che si assoggetteranno alle richieste più difficili per garantire il salvataggio”.

A febbraio ci sono stati anche altri problemi: le tensioni con la vicina India. Sia il Pakistan che l’India sono potenze atomiche. E in quell’occasione le forze militari indiane hanno effettuato raid nel territorio pakistano dopo che un gruppo di terroristi della fazione Jaish-e-Mohamed aveva ucciso 44 agenti paramilitari nella regione del Kashmir. Ma anche un altro avvenimento ha fatto rimbalzare il Pakistan su tutti i media internazionale. È la vicenda di Asia Bibi, 45 anni, donna pakistana di fede cattolica condannata a morte nel 2010 con l’accusa di aver offeso il profeta Maometto. Asia Bibi è stata arrestata nel villaggio di Ittanwali, nella provincia del Punjab. A denunciarla, un gruppo di vicine islamiche con cui aveva litigato. Ma nel 2018 è stata assolta dalla Corte suprema. Oggi Asia Bibi deve vivere nascosta per paura di rappresaglie degli islamisti.