La Romania è uno dei paesi più economicamente arretrati e politicamente instabili dell’Unione Europea, ed è anche uno dei più importanti bastioni orientali della Nato, oltre che essere una preziosa fonte di influenza culturale in chiave antirussa nella regione, soprattutto sulla Moldavia. La sua posizione geostrategica, si affaccia sul mar Nero ed è un punto di collegamento fra Europa centrale, Balcani e mondo russo, e la sua grande dotazione di risorse naturali, lo hanno trasformato nel nuovo fronte geopolitico della competizione globale fra Stati Uniti e Cina.
Gli ultimi sviluppi
Il governo rumeno ha recentemente dichiarato che sarà annullato l’accordo preliminare siglato a maggio dello scorso anno fra la compagnia nazionale Nuclearelectrica e la cinese CGN per la costruzione di due nuovi reattori nell’unica centrale nucleare del paese, a Cernavoda. Il potenziamento dell’impianto rappresenta una priorità ai fini della sicurezza energetica di Bucarest ma, infine, hanno prevalso le forti pressioni provenienti da Washington.
Tre mesi dopo la firma dell’accordo preliminare, il 21 agosto, il presidente rumeno Klaus Iohannis e l’omologo statunitense Donald Trump si incontravano a Washington, impegnandosi, attraverso una dichiarazione congiunta, ad aumentare la cooperazione bilaterale nel settore nucleare. Il mese seguente, l’allora primo ministro Viorica Dancila dava seguito alle istruzioni della presidenza, firmando un memorandum sullo stesso tema alla presenza del segretario dell’energia Rick Perry.
Il governo rumeno non ha precisato le ragioni della fine del partenariato, terminato in un nulla di fatto dopo sette anni di tavole negoziali, limitandosi a spiegare che “non avrebbe funzionato” e che la ricerca di nuovi collaboratori è stata già avviata, ma è chiaro che dietro la scelta si celi il braccio di ferro per l’egemonia planetaria fra Stati Uniti e Cina, all’interno del quale si è ritrovata inavvertitamente anche l’instabile e impreparata Romania.
La CGN era stata l’unica compagnia di spessore a mostrare un concreto interesse nella centrale di Cernavoda, di cui i vari governi stanno tentando l’ampliamento con capitale estero sin dal 2007, e avrebbe dovuto investire fino a 8 miliardi di dollari. Adesso che il progetto è saltato, Bucarest, pur di accontentare l’alleato maggiore, pagherà le conseguenze continuando a produrre meno della metà dell’elettricità necessaria a garantire la propria sicurezza energetica.
Il 5G e gli altri campi di competizione
La Cina ha espresso interesse nel fare della Romania un hub sperimentale per la rete 5G di Huawei ma, anche in questo caso, il clima di cooperazione iniziale è stato rotto dalla bilaterale Iohannis-Trump di Washington. Nel corso dell’evento, il presidente rumeno non aveva gettato soltanto le basi per la fine dell’accordo sulla centrale nucleare di Cernavoda, ma si era anche impegnato a limitare l’accesso di compagnie straniere allo sviluppo delle infrastrutture nazionali per il 5G, esplicitando nella dichiarazione congiunta che l’obiettivo di tale mossa fossero proprio gli investimenti cinesi.
Coerentemente con l’impegno preso, nel dietro le quinte dell’incontro, il ministro degli esteri rumeno firmava un memorandum d’intesa concernente “la valutazione rigorosa dei fornitori [di tecnologia 5G] per garantire pienamente la sicurezza nell’implementazione” della rete, anch’esso indirizzato a Huawei e fungente da cornice per il trasferimento della questione 5G dalle autorità civili, ossia l’Autorità Nazionale delle Comunicazioni, a quelle militari, ossia il Consiglio Supremo di Difesa Nazionale – organo che è sotto la direzione della presidenza.
Ma c’è un punto sul quale Bucarest non sembra intenzionata a cedere: il porto di Costanza. La città, la terza più importante del paese, negli anni recenti è stata riportata a nuova vita dai flussi di capitale di investitori cinesi, turchi e mediorientali. Romania e Cina concordano su quale debba essere il futuro del porto: il punto di snodo fondamentale della macro-regione caucasico-caspica, il principale sito d’arrivo delle merci cinesi in Europa.
Le mire dell’amministrazione Trump, almeno fino ad oggi, hanno completamente ignorato la questione Costanza, ma è possibile che, dopo aver tastato la propensione di Bucarest all’esecuzione dei diktat d’oltreoceano, l’attenzione possa spostarsi da energia e 5G alle infrastrutture strategiche. Per gli Stati Uniti è di vitale importanza avere il controllo del porto, per via della funzione militare rivestita in sede Nato, e la presenza cinese potrebbe risultare ingombrante.