Sogni di diventare fotografo?
ENTRA NELL'ACADEMY

Nei giorni scorsi, le forze di polizia di Nairobi hanno annunciato l’arresto per corruzione di Henry Rotich, il ministro delle Finanze keniota da tempo accusato di aver commesso numerose infrazioni finanziarie ai danni delle casse di denaro pubblico. Secondo l’accusa, il politico sarebbe al centro di un giro di tangenti che coinvolgerebbe anche un’azienda italiana, la Cmc di Ravenna, impegnata nella costruzione di due dighe nel Paese africano. Secondo la Bbc, il procuratore capo Noordin Haji avrebbe inoltre spiccato un mandato d’arresto nei confronti di altre venti persone: tra queste figura anche il direttore generale della Cmc Paolo Porcelli, il cui coinvolgimento è stato finora smentito dall’impresa romagnola. L’intera vicenda, per la quale il Kenya ha chiesto l’aiuto e la cooperazione di Roma, potrebbe costituire un inatteso punto di svolta per un altro caso che lega i due Stati: quello di Silvia Romano, la volontaria italiana rapita il 20 novembre 2018.

“Un’enorme perdita di denaro per il Kenya”

La Cmc, sigla che sta per Cooperativa Muratori e Cementisti, è stata fondata a Ravenna nel 1901. Come riporta il sito web dell’azienda, il principale ambito di lavoro è quello delle grandi opere e delle infrastrutture, tra le quali spiccano cantieri in molti Paesi africani (Algeria, Angola, Mozambico, Sudafrica) e asiatici (Laos, Tailandia, Pakistan): dagli anni Settanta ad oggi, l’impresa ha operato in quaranta nazioni e quattro continenti diversi, e attualmente genera il 60% del proprio fatturato all’estero. In Kenya, la Cmc è attualmente impegnata nella costruzione, tuttora nelle fasi iniziali, delle dighe di Arror e Kimwarer, entrambe situate nella Rift Valley all’estremo ovest del Paese. La principale accusa mossa dagli inquirenti al ministro Rotich è quella di aver assegnato alla Cmc l’appalto per un valore di 450 milioni di dollari, 170 in più rispetto a quanto previsto nel contratto originale, commettendo, nelle parole di Noordin Haji, “numerose irregolarità procedurali nella concezione, nell’approvvigionamento e nel pagamento delle opere, causando un’enorme perdita di denaro alle casse del Paese”. George Kinoti, a capo della polizia del Kenya, è fermamente convinto che Rotich abbia agito di concerto con i vertici della Cmc (ricevendo da questi ultimi una maxi tangente), e per questo avrebbe allertato le autorità italiane e deciso di richiedere l’arresto di Porcelli, senza escludere l’eventualità che possano emergere nuovi capi d’accusa nei confronti dell’ingegnere italiano.

Chi è Paolo Porcelli

Nato nel 1967, laureato in Ingegneria Civile, Paolo Porcelli lavora in Cmc dal 1999 e dallo scorso anno ne è il direttore generale, subentrando a Roberto Macrì. Secondo un profilo pubblicato sul sito dell’azienda, “ha rivestito incarichi di grande responsabilità, come ad esempio Direttore Costruzioni Estero e Direttore Africa Australe, e ha guidato la cooperativa nell’aggiudicazione e nella realizzazione di grandi progetti infrastrutturali come la centrale idroelettrica di Ingula in Sudafrica, la centrale idroelettrica Theun Hinboun in Laos, le dighe di Itare, Arror e Kimwaer in Kenya e l’autostrada di Soyo in Angola”. Il suo coinvolgimento nell’indagine per corruzione è stato commentato dalla Cmc con una breve nota nella quale si afferma: “In relazione alle notizie relative all’inchiesta in Kenya sulla diga di Arror e Kimwarer, Cmc Ravenna rende noto di non essere ad oggi stata informata né di aver ricevuto alcuna comunicazione ufficiale dalle Autorità keniane sulle decisioni assunte e riportate dalla stampa. Cmc è certa della correttezza dell’operato dell’azienda e dei suoi rappresentanti, sia in Italia sia all’estero”. La smentita della compagnia romagnola arriva dopo che per mesi lo stesso Rotich (vicino al vicepresidente William Ruto, a sua volta attualmente ai ferri corti con il presidente Uhuru Kenyatta) ha tentato di difendersi dalle accuse arrivando, lo scorso marzo, a pubblicare a sue spese un’inserzione sui principali quotidiani kenioti nella quale negava ogni accusa.

Il filo rosso che porta alle indagini sul rapimento di Silvia Romano

Secondo quanto riporta Il Resto del Carlino, il caso potrebbe portare a un’inattesa svolta nell’indagine per il rapimento di Silvia Romano, la volontaria italiana scomparsa lo scorso autunno da Chakama. Le autorità di Nairobi sarebbero infatti disposte a intensificare le ricerche della giovane, che secondo alcune indiscrezioni sarebbe stata in vita almeno fino a Natale, in cambio dell’impegno della polizia italiana ad approfondire i legami tra Rotich e la dirigenza della Cmc e a supportare gli investigatori kenioti nella conduzione dell’inchiesta che vede coinvolto Porcelli. I contatti tra Italia e Kenya per giungere a una piena collaborazione e alla risoluzione della vicenda di Silvia Romano si sono intensificati a partire da un vertice tra le parti avvenuto a Roma a metà luglio: una delegazione dei Ros e dei Carabinieri partirà per Nairobi nei prossimi giorni per dar seguito all’operazione, in un nuovo incontro nel quale sarà verosimilmente trattato anche l’affaire Porcelli. Un lieto fine per la 23enne milanese potrebbe passare anche da qui.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.