Non serviva la sfera di cristallo per immaginare che Joe Biden stesse preparando il colpo di scena. Il presidente Usa, contrariamente alle dichiarazione che avevano preceduto il suo arrivo in Europa, è a Kiev. Il coup de théâtre, oltre che ribadire il sostegno a Kiev è servito anche ad annunciare altri 500 milioni di dollari in aiuti dagli Stati Uniti all’Ucraina. Il nuovo pacchetto di aiuti, ha precisato, prevederà equipaggiamento militare, munizioni di artiglieria, armi anticarro portatili e obici. “Un anno dopo, Kiev è in piedi. E l’Ucraina sta in piedi. La democrazia resiste”, ha detto Biden.

Alle prime luci del mattino Kiev era stata messa a soqquadro dall’arrivo del team del presidente, quando il canale Telegram ucraino Trukha aveva lanciato l’ipotesi che il presidente Usa fosse arrivato a Kiev. Da ore, infatti, il traffico della capitale ucraina registrava rallentamenti e blocchi tanto che diversi media preannunciavano, da questa notte, l’arrivo di un’importante delegazione straniera. Superata la fase dei rumors, la notizia è stata suffragata da più media europei: il quotidiano tedesco Bild ha confermato la presenza di Biden a Kiev, mentre Politico ha raccontato come il team di Biden ha cercato il modo migliore per far entrare il presidente in segreto attraverso il confine ucraino. Nel frattempo, sirene antiaeree sono suonate questa mattina a Kiev, oltre che nel resto dell’Ucraina, a causa del decollo di un Mig dalla Bielorussia.

Il presidente è giunto in Ucraina in treno dal confine con la Polonia, come riporta il New York Times. La visita a Kiev è rimasta segreta fino all’ultimo per motivi di sicurezza: Biden ha lasciato Washington senza preavviso dopo che lui e sua moglie Jill hanno cenato fuori in un ristorante sabato sera. I funzionari avevano negato che Biden avrebbe visitato l’Ucraina durante il suo viaggio programmato nell’Europa orientale. “In effetti, domenica sera la Casa Bianca ha emesso un programma pubblico per lunedì che mostra il presidente ancora a Washington e in partenza la sera per Varsavia, quando in realtà era già dall’altra parte del mondo”, scrive il Nyt. Il presidente americano Joe Biden ha deciso solo venerdì di procedere con la visita a Kiev, dopo essersi riunito con i vertici del suo Consiglio di Sicurezza Nazionale nell’Ufficio Ovale. Poche ore prima della partenza Washington ha quindi informato Mosca dei piani del presidente di visitare la capitale “per deconflittualizzare”, secondo il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan.

Una visita, mille sfumature

Biden, che è atteso a Varsavia per il suo discorso storico di domani, è stato ricevuto dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky in quel piazza Mikhailovskaya, in centro a Kiev, ove i due leader hanno reso omaggio agli eroi caduti nella guerra. “Mentre ci avviciniamo all’anniversario della brutale invasione dell’Ucraina da parte della Russia, sono oggi a Kiev per incontrare il presidente Zelensky e riaffermare il nostro fermo impegno per la democrazia, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”, ha scritto Biden sul suo profilo Twitter. “Nell’ultimo anno, gli Stati Uniti hanno costruito una coalizione di nazioni dall’Atlantico al Pacifico per aiutare l’Ucraina a difendersi con un sostegno militare, economico e umanitario senza precedenti, e quel sostegno durerà”, prosegue. “Annuncerò la consegna di altre attrezzature essenziali, tra cui munizioni di artiglieria, sistemi anti-corazza e radar di sorveglianza aerea. E condividerò che più avanti questa settimana annunceremo ulteriori sanzioni contro le elite e le aziende che stanno cercando di riempire di nuovo la macchina da guerra russa”, ha affermato Biden secondo la dichiarazione rilasciata dalla Casa Bianca.

La visita di Biden, che apre con la fanfare la sua settimana europea, si presta a numerose sfumature di significato. Se fino a ieri, infatti, il simbolismo della sua visita gravitava attorno alla città martoriata di Varsavia, ora Biden il temporeggiatore ha passato il Rubicone, entrando a Kiev. Una mossa certo coraggiosa che, indubbiamente, è un grande spot personale: si tratta, infatti, della grande riaffermazione diplomatica della spenta politica estera Usa tra le macerie di Kiev. Quanto tutto ciò sia concreto e duraturo è però da vedere. Il proclama sugli ulteriori 500 milioni di dollari in aiuti, invece, è un chiaro messaggio all’Europa e alla Nato: occorre fare di più, seguendo l’esempio americano. Una missiva indiretta anche per i suoi detrattori e avversari nel Gop: gli assegni, da qui in poi, saranno nero su bianco e a firma del presidente. Resta da chiedersi, al di là dell’effetto sorpresa, se e quanto questa visita fosse opportuna in un momento delicato per il conflitto.

Lo spot personale e il messaggio a Xi

Da lungo tempo, ormai, la politica estera americana alterna secche e defaillance. E sebbene, in patria, Biden può godere di alcuni buoni risultati, all’estero è bersaglio di inimicizie, esiti fallimentari e rapporti “freddi”, come quello con l’Europa. E anche sul fronte ucraino la presidenza è stata spesso ondivaga. Sebbene la diplomazia sottotraccia continui il suo instancabile lavorìo, a livello personale Biden sembra ormai aver abdicato ad essere l’ago della bilancia nel conflitto in corso, lasciando ai suoi uomini in divisa il compito di condurre la diplomazia assieme ai volenterosi di Nato e Ue. E a Erdogan.Se più volte gli Usa sembravano aver tirato il freno a mano sul supporto incondizionato a Kiev, la visita lampo di Zelensky negli Usa ha poi rafforzato, nella sua singolare iconografia, un rapporto saldo, sebbene paternalistico, tra Kiev e Washington; l’incontro tra i due aveva, inoltre, fatto presagire che prima o poi Kiev avrebbe abdicato all’idea di pace della Difesa Usa, non esattamente la stessa dell’establishment di Zelensky.

Ma ci sono due congiunture politiche che Biden non può ignorare: la sua corsa alla Casa Bianca-ormai data quasi per certa- per il 2024 e la proposta di pace dell’acerrimo nemico Xi Jinping, che ora brama di mettere in ombra. Negli Stati Uniti la politica estera difficilmente sposta voti o ribalta i risultati interni, tuttavia, correre per Pennsylvania Avenue, intestandosi una postura diplomatica effervescente, dopo anni di attesa di una “dottrina Biden”, può far schizzare in alto gli indici di gradimento del presidente. All’estero invece, occorre non farsi rubare la scena da Xi: sebbene da più parti era stata auspicato un bluff triangolare alla Kissinger che passasse da Pechino, ad un anno dallo scoppio del conflitto questa ipotesi non si è mai concretizzata. Fino all’annuncio misterioso del presidente cinese, pronto a farsi latore di una road map della quale ancora non conosciamo i dettagli. Al contempo, la visita lampo di Biden è più di una proposta: è diplomazia che cammina.

La strigliata alla Nato

Nella visita di Biden a Kiev c’è molto di personale, come politico e come leader di una superpotenza. Ma c’è anche la figura del leader della nazione più potente dell’Alleanza atlantica pronto a dichiarare che la guerra di conquista di Putin sta fallendo e che l’esercito russo sta perdendo i territori occupati. “L’economia russa sta rallentando, è isolata nella sua lotta. Putin pensava che l’Ucraina fosse debole e l’Occidente fosse diviso. Ma noi siamo rimasti uniti, la Nato è rimasta unita e lui non è stato in grado di dividerci”, ha aggiunto Biden. “Solo Dio sa cosa Putin sta pensando al momento, ma sicuramente ha sbagliato”, ha tuonato ancora Biden.

L’idea della Nato unita è un altro grande spot. Una linea di immagine da mantenere, pur nel caos delle comunicazioni tra Paesi membri. E nella differenza di linea condotta dal suo segretario Jens Stoltenberg che, proprio nell’ultima settimana, aveva temporeggiato sull’ingresso di Kiev nell’Alleanza “chiedendo” a Zelensky di vincere la guerra come obolo. Una fredda richiesta che aveva fatto storcere più di qualche naso. Ora, però, il portavoce della Nato tornano ad essere gli Stati Uniti, appellandosi all'”unità” come baluardo anti-Putin. Difficile prevedere quanto questa mossa galvanizzerà o meno gli Alleati. Il messaggio che tuttavia, sottende all’unione, è quello di fare di più: l’ennesimo pacchetto Usa per Zelensky è un chiaro invito a “seguire l’esempio”.

Era il momento giusto?

Da quando Kiev è stata investita dalla visita di Biden, sono in molti a chiedersi se questo fosse il momento più opportuno e se la visita non abbia esposto l’Ucraina a pericoli ulteriori. Perché non in altre fasi critiche del conflitto? Perché non nella scorsa estate? La visita di Biden, che fa da corollario a un fiume di leader europei che hanno già visitato la capitale martoriata, non è certo un crimine, ma in questo frangente così delicato può essere percepita come una provocazione che può fa saltare precarissimi, minimi, passi avanti. Risulta abbastanza semplice immaginare che verrà percepita come una provocazione nei confronti del Cremlino, nella speranza che anche a Varsavia, domani, Biden possa utilizzare le parole più adatte all’occasione, e che queste non risuonino come una dichiarazione di guerra.

Sulle prime, dal fronte orientale, l’avevano presa con ironia. “La visita di Joe Biden a Kiev non avrà conseguenze politiche e non influenzerà il corso dell’operazione speciale di Mosca”, ha dichiarato il rappresentante della Crimea al Consiglio della Federazione russa Sergei Tsekov, a RIA Novosti, primo esponente della nomenklatura russa a esprimersi sulla visita del Presidente americano a Kiev a pochi giorni dall’anniversario dell’inizio dell’invasione di Mosca. “L’Occidente sta semplicemente infondendo speranza nella leadership ucraina per fare in modo che prosegua il conflitto armato”, ha aggiunto il parlamentare, sottolineando che il viaggio a Kiev è per Biden “una auto promozione che non aiuterà l’Ucraina”. “Il tizio in maniche di camicia a 80 anni ha voluto dimostrare una sbruffoneria da ragazzo”, ha concluso. Meno conciliante, qualche ora dopo, il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev che dal suo Telegram sostiene che il presidente americano, avendo ricevuto garanzie di sicurezza, è finalmente andato a Kiev dove “ha promesso molte armi e ha giurato fedeltà al regime neonazista fino alla tomba”.

Intanto, non è dato sapere quanto Washington sappia della proposta di pace cinese. Certo è che la visita di Biden arriva anche dopo giorni di tensione legati ai palloni spia cinesi, all’indomani della loro “proposta di pace” e alla contemporanea promozione della propria partnership strategica con Mosca. Dopo lo scontro della Conferenza sulla sicurezza a Monaco, il capo della diplomazia cinese Wang Yi è, infatti, atteso a Mosca. Una scelta non casuale: «Quelli che non smettono di fornire armi al campo di battaglia sono gli Stati Uniti, non la Cina. Gli Stati Uniti non sono qualificati per dare ordini e non accetteremo mai che dettino o impongano come dovrebbero essere le relazioni sino-russe, la cooperazione tra Cina e Russia si basa sulla scelta sovrana dei due Paesi», ha dichiarato duramente il diplomatico.

Tra qualche settimana la tanto attesa primavera arriverà, nelle stanze della politica come sul campo di battaglia, del quale promette di ribaltare le sorti. E con lo sciogliersi della neve, sarà più chiaro se questo è stato solo uno show.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.