Il mandato del neo-eletto presidente di El Salvador, Nayib Bukele, parte nel migliore dei modi per quanto riguarda la lotta alle Maras (MS13 e Barrio18) che da decenni imperversano non solo nel paese centro americano ma anche in Honduras, Guatemala, Messico e Stati Uniti.

E’ infatti iniziato lo storico processo nei confronti della Mara Salvatrucha MS-13, con più di 400 imputati, tra “soldados” e leader della famigerata gang transnazionale alla sbarra. La maggior parte dei soggetti  verrà processata tramite video collegamento in quanto detenuti in carceri di massima sicurezza dai quali non è consentito uscire per alcun motivo. Gran parte degli imputati sono stati arrestati nel febbraio del 2018 durante l’operazione Cuscatlan, con sequestro di beni per oltre 1,8 milioni di dollari.

Risulterà essenziale il ruolo di alcuni testimoni e pentiti (circa 150 ma soltanto 34 dovrebbero effettivamente comparire) tra cui “Noè”, nome in codice di un ex membro della MS13, che sta aiutando gli inquirenti a ricostruire le attività della Mara degli ultimi anni. “Noè” è in grado di identificare ogni membro della MS per nome, cognome e soprannome. Egli ha inoltre confermato che i capi della MS13 ordinavano gli omicidi e gestivano le estorsioni dall’interno del carcere di Zacateoluca, meglio noto come “Zacatraz”, dove sono detenuti.

Le accuse ai politici

Il percorso di collaborazione di “Noè” ha subito una breve interruzione in quanto lo scorso 10 ottobre l’uomo chiave del processo alle Maras si è sentito male, manifestando febbre e forte nausea, al punto che in diversi hanno espresso le proprie preoccupazioni, temendo un possibile avvelenamento, come illustrato ad InsideOver da un ex membro delle forze di sicurezza salvadoregne anti-Maras: “Hanno cercato di eliminarlo per evitare che testimoniasse. Fatto sta che siamo messi così perchè i politici collaborano con le pandillas (le Maras), tengono in scacco il Paese. E’ difficile proteggere adeguatamente un testimone in El Salvador, ma Noè non può uscire dal Paese e magari rifugiarsi negli Stati Uniti dove sarebbe più al sicuro perchè considerato “marero” di alto profilo. Ha deciso di testimoniare soltanto per ottenere una pena più lieve”.

In effetti le testimonianze di “Noè” hanno suscitato scalpore nell’opinione pubblica, con accuse di collusione con la MS13 dirette a membri di spicco dei due principali partiti politici di El Salvador, il partito della destra “ARENA” e il FMLN (Farabunto Martì Liberazione Nazionale), erede della guerriglia di sinistra durante la guerra civile (1979-1992).

Secondo quanto dichiarato da “Noè” lo scorso 9 ottobre, i due partiti politici avrebbero pagato ai capi della MS13 un totale di 225.500$ in cambio di appoggi alle elezioni del 2014 e del 2015; nello specifico, il FMLN avrebbe versato 156.500$ mentre l’ARENA 69.000$.  Tutto denaro che la MS13 avrebbe poi investito in droga e per propaganda elettorale in zone sotto il proprio controllo. Noè ha poi riferito di una presunta cifra di 69.000$ versata alla MS13 dal sindaco di San Salvador, Ernesto Muyshondt, in cambio di voti alle elezioni municipali e alle legislative del 2015.

Il testimone ha inoltre parlato delle visite di delegati presso il carcere di Apanteos, nel dipartimento di Santa Ana, con l’obiettivo di fare campagna elettorale a favore del FMLN per le elezioni presidenziali del 2014. Il marero di riferimento, per quanto riguarda le “azioni politiche”, veniva identificato in Carlos Ramirez Valladares, alias “Snaider”, membro della clica “Pasadena” della MS13.

L’11 ottobre Noè ha poi riferito dettagli sugli incontri avvenuti tra il 2014 e il 2015 tra esponenti politici e membri della MS13 per negoziare voti e riduzione degli omicidi in cambio di denaro e benefici carcerari. Il testimone ha riferito di essere stato presente ad alcuni incontri tenutisi presso chiese evangeliche a San Marcos, nelle colonie Miramonte e San Benito e in un ranch nei pressi del lago di Ilopango. Sempre secondo la testimonianza, i politici avrebbero offerto ai referenti della MS13 fondi che andavano dai 70.000 ai 300.000$, da investire in attività commerciali gestite dalla pandilla.

Dura critica da parte del presidente dell’Assemblea Legislativa salvadoregna, Norman Quijano, che ha accusato il testimone e persino il neo-presidente eletto, Nayib Bukele, di voler distruggere la propria immagine e quella dei due principali partiti del Paese. Quijano ha poi dichiarato in conferenza stampa di non aver mai avuto alcun rapporto con i leader della MS13.

La MS13 tra poligoni di tiro e attività commerciali

La MS13 era riuscita ad organizzare una cospicua rete di attività commerciali volte a supportare i propri traffici illeciti in tutto il Paese, nello specifico estorsioni, traffico di armi e di stupefacenti, con tanto di rapporti consolidati con i cartelli della droga nei vicini Guatemala, Honduras e Messico. Le attività commerciali erano delle più disparate, dalla vendita di autoveicoli alla gestione di taxi e moto-taxi; dalle piantagioni di mais, caffè e ortaggi alla gestione di negozi. Un giro d’affari da oltre 40.000$ al mese.

L’aspetto più allarmante emerso durante questa prima fase del processo è però quello legato all’utilizzo di armi e all’addestramento militare ricevuto per mano di alcuni ufficiali dell’esercito. In primis l’acquisto di quattro mitragliatrici M-60, cedute ai mareros da un ufficiale per una cifra pari a 14.000$; l’acquisto, secondo quanto dichiarato da Noè, sarebbe stato effettuato da Leonel Gonzalez Leonardo e Victor Manuel Linares, membri di una clica occidentale della MS13.  Nelle zone di Santa Ana e Ahuachapan la pandilla disporrebbe inoltre di un’ottantina di veicolo militari.

Oltre agli acquisti, i mareros hanno anche provveduto a procurarsi l’addestramento, quello professionale, tramite sessioni fornite da militari niente meno che in un poligono di tiro delle forze armate nella zona di San Juan Opico; è qui che circa 200 membri della gang avrebbero ricevuto la preparazione necessaria all’utilizzo di armi come i fucili da assalto AK-47 ed M-16 per una quota di 500 $ a sessione.

Le prospettive

La strategia di contrasto alle Maras messa in atto dal nuovo presidente, Nayib Bukele, appare come ben ponderata e con buone probabilità di riuscita. Tre i fattori chiave: colpire la struttura finanziaria  della gang (colpire dunque dove fa piu male); separare i capi (i quali beneficiano economicamente delle attività della MS), dal resto della pandilla, i cui membri vivono in condizioni misere; colpire i referenti politici collusi con le Maras e smantellare i rapporti tra MS13 ed entourage politico.

Un piano ambizioso quello di Bukele, che richiederà tempo ed enormi sforzi per sradicare un fenomeno criminale organizzato e ben radicato nel contesto sociale ed economico del Paese. Il giovane presidente può però contare sul pieno supporto del governo statunitense che ha tutto l’interesse ha combattere la MS13 e del resto il presidente Donald Trump aveva detto fin dall’inizio del proprio mandato che la lotta alla pandilla sarebbe stata una sua priorità. Non a caso il procuratore generale degli Stati Uniti, Jeff Sessions, aveva visitato El Salvador nel luglio del 2017 con l’obiettivo di lavorare a una strategia coordinata anti-Mara.

La “Mara” è infatti nata a Los Angeles negli anni ’80 e nel tempo si è diffusa in diverse parti degli Usa, raggiungendo anche il Texas e la East Coast, dove negli ultimi anni è stata coinvolta in una serie di brutali omicidi. Washington ha messo in atto una deportazione di massa di mareros verso El Salvador già durante le presidenze Obama, con rapido deterioramento della già precaria sicurezza nel paese centro-americano. Le gang hanno infatti visto crescere di numero i propri ranghi, con tutte le relative e sanguinose conseguenze.

Una cosa è certa, se trent’anni fa la Mara Slavatrucha-MS13 nasceva come gang di strada nelle strade di Los Angeles, prevalentemente per difendersi dalle altre bande di chicanos e neri, oggi la pandilla è diventata una vera e propria organizzazione criminale transnazionale, con clicas anche in Spagna e Italia. A tal fine è bene ricordare l’omicidio di Ernesto Odir Barrientos Tula, alias “Necio”, il cui corpo veniva rinvenuto lo scorso marzo nei campi vicino San Giuliano Milanese. El Necio, membro della vecchia guardia della MS13 milanese, era caduto in una trappola messa in atto da membri della sua stessa gang e dopo essere stato accoltellato veniva sotterrato nei pressi di una cascina. Non è da escludere che la “luz verde” per l’omicidio sia arrivata proprio da El Salvador. Nel giugno del 2015  nella stazione milanese di Villapizzone quattro membri della MS13 aggredivano a colpi di machete il controllore di Trenord, Carlo di Napoli, che rischiava di perdere un braccio. Nel luglio del 2016 altri membri della stessa gang uccidevano il diciottenne albanese Albert Dreni, dopo una discussione per futili motivi a Milano.

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