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Dove si trovano i 18 marinai dei due pescherecci italiani oramai da più di tre mesi in Libia? É questa la domanda più frequente nell’opinione pubblica. Da quando l’Antartide e il Medinea sono stati sequestrati dalle motovedette del generale Haftar, sulla sorte dei pescatori sono state lanciate diverse ipotesi. La più accreditata sosteneva che si trovassero all’interno del carcere di El Kuefia, località a circa 15 chilometri dal centro di Bengasi. Soltanto una volta i pescatori, di cui otto sono italiani, sei tunisini, due senegalesi e due indonesiani, hanno potuto sentire le loro famiglie in tutte queste settimane passate in stato di fermo. Da qui la convinzione sulla detezione al regime carcerario. Tuttavia, le ultime informazioni parlano di una prigionia a pochi passi dal porto di Bengasi.

Il luogo dove si trovano i pescatori italiani

A svelare il mistero circa la detenzione dei 18 marinai è stata una fonte del Corriere della Sera presente in Cirenaica. Così come reso noto proprio sulle pagine del quotidiano di via Solferino da Lorenzo Cremonesi, i pescatori al momento si troverebbero all’interno della palazzina dell’amministrazione del porto di Bengasi. Si tratterebbe di un edificio di quattro piani, posto a circa 500 metri dalla banchina della zona militare dello scalo. Lì, al secondo piano, c’è uno stanzone in cui tutti i pescatori coinvolti nella vicenda sarebbero rinchiusi. Forse dalla finestra potrebbero anche riuscire a scorgere le loro due imbarcazioni, rimaste ormeggiate e blindate dal momento del sequestro. L’incubo è iniziato lo scorso primo settembre, quando gli uomini di Haftar, il generale che controlla buona parte della Cirenaica, hanno fermato i pescherecci italiani in un tratto di mare a nord di Bengasi. Secondo i libici, i marinai stavano pescando in un zona di esclusiva pertinenza libica. Nei giorni successivi sono comparse anche foto di presunti panetti di droga ritrovati nelle stive delle imbarcazioni, ma in realtà agli italiani non è mai stato contestato alcun reato al di fuori della pesca in acque non consentite.

Da allora i 18 protagonisti della storia non avrebbero mai lasciato il porto di Bengasi. La notizia di una loro prigionia all’interno di carceri civili libici non ha trovato conferma. La palazzina dell’amministrazione dove si troverebbero i marinai, è ben presidiata e fortificata. Un muro di cemento circonda l’area. Per raggiungere l’edificio, ha sottolineato ancora Lorenzo Cremonesi, occorre attraversare dal centro cittadino un posto di blocco presidiato da uomini in uniforme blu, appartenenti con ogni probabilità ai reparti speciali della marina di Haftar. Attorno alla struttura, pesantemente danneggiata in più punti dagli scontri che hanno coinvolto Bengasi negli anni più recenti, alcune guardie si alternano per sorvegliare in tutte le ore l’ingresso principale.

Le condizioni di salute

Il fatto che i pescatori non si trovino in un carcere non deve illudere: la loro è una detenzione a tutti gli effetti. Da quell’edificio presidiato notte e giorno non possono uscire. Nemmeno per salire a bordo delle loro imbarcazioni o prendere una boccata d’aria all’interno della zona portuale. Le loro giornate, ha sottolineato la fonte citata dal Corriere della Sera, trascorrono tra le brandine e il televisore, forse l’unico svago concesso. É dall’interno della stanza adibita a maxi cella nella palazzina dell’amministrazione che avrebbero condotto, tra le altre cose, la telefonata ai familiari documentata a novembre su Panorama da Fausto Biloslavo. 

Difficile valutare le condizioni psicologiche dei marinai. L’esperienza fin qui maturata, assieme alle incognite relative all’incertezza sulla futura durata della vicenda, potrebbe aver lasciato strascichi nella mente. Tuttavia sono state descritte come buone le loro condizioni di salute a livello fisico. Anche perché i pasti verrebbero serviti regolarmente ogni giorno. In particolare, all’interno dello stanzone del secondo piano dell’edificio dell’amministrazione i carcerieri hanno costantemente fornito in queste settimane pasta, pesce e verdure.

Poche le speranze in vista del Natale

Ma quando finalmente i marinai potranno mangiare a casa con le loro famiglie? A novembre circolava voce, soprattutto in ambito diplomatico, che a ridosso delle festività natalizie Haftar poteva “concedere” una sorta di regalo all’Italia lasciando liberi i membri dei due pescherecci sequestrati. Un modo per provare a ingraziarsi l’opinione pubblica italiana e interna. Gli ultimi fatti invece purtroppo sembrano portare a situazioni di ben altra caratura. Alcuni generali vicini all’uomo forte della Cirenaica hanno infatti specificato alla fonte del Corriere della Sera che a breve inizierà il processo contro i pescatori. Questi ultimi, secondo i libici, stavano pescando in acque dove non potevano gettare le reti. Per questo devono essere giudicati e dunque, con ogni probabilità, rimanere a Bengasi anche nelle prossime settimane. Il processo, per la cronaca, dovrebbe iniziare a ridosso del Natale. Quasi uno sgarbo, l’ennesimo, fatto alle famiglie dei marinai e all’Italia.

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