Il Kurdistan iracheno rimane nelle mani della famiglia Barzani, la stessa che detiene da decenni posti chiave all’interno del Partito Democratico del Kurdistan e che, dalla formazione della regione autonoma successiva alla caduta di Saddam Hussein, controlla i punti più nevralgici dell’amministrazione. A 24 ore dal giuramento del nuovo presidente della regione autonomaNechirvan Barzani, il parlamento di Erbil approva la nomina del cugino Masrour Barzani quale nuovo premier. Quest’ultimo è figlio di Masoud Barzani, leader storico del Partito Democratico del Kurdistan e presidente della regione fino al novembre 2017.

Chi è Masrour Barzani

Masrour Barzani è in qualche modo forse il figlio prediletto di Masoud. Suo padre infatti, già da giovane lo fa arruolare tra i Peshmerga, i combattenti curdi, e successivamente lo inserisce già a partire dal 1999 all’interno dei quadri del partito “di famiglia”. Quando poi nel 2005 la nuova costituzione irachena sancisce la nascita della regione autonoma con capoluogo ad Erbil, Masrour è incaricato sempre dal padre di occuparsi di sicurezza. Ed infatti dal 2012 e fino a pochi mesi fa risulta cancelliere del consiglio di sicurezza del Kurdistan iracheno, con il mandato di coordinare i vari comitati e servizi di sicurezza della regione.

La sua nomina quale nuovo primo ministro è un po’ una sorpresa, ma per Masrour suona anche come definitiva consacrazione della sua scalata svolta all’ombra del padre e della famiglia. Il futuro capo del governo della regione, appare molto apprezzato negli Usa e ben ramificato nei rapporti con la politica americana. Questo perché negli anni ’90 Masrour si laurea in scienze politiche proprio presso l’università di Washington. A lui adesso il compito, non certo semplice, di dare vita ad Erbil di un nuovo esecutivo.

Lo sblocco dello stallo politico

La regione vive da oramai quasi due anni una grave situazione di paralisi politica ed amministrativa. Tutto nasce dal referendum del settembre 2017, proclamato dall’allora presidente Masoud Barzani, con il quale il 92% dei curdi andati alle urne si dichiara favorevole all’indipendenza. Tuttavia il governo centrale di Baghdad non riconosce l’esito e manda l’esercito ad occupare le zone contese, considerate da Erbil come parte integrante della regione autonoma curda. Una mossa, quella del governo centrale, che sancisce l’effetto sperato: a distanza di un mese dal referendum, Barzani stesso ne congela gli effetti ed annuncia le dimissioni da presidente della regione. Da allora però, non si riesce a trovare alcun nome per la successione. Questo per via dei dissidi interni alla politica regionale, a partire da quelli che riguardano i due principali partiti: il Partito Democratico del Kurdistan e l’Unione Patriottica.

Un gioco di veti incrociati che prosegue ed anzi si aggrava anche con le parlamentari regionali dello scorso settembre: nessun partito riesce ad ottenere la maggioranza assoluta e dunque non si trova alcun immediato accordo per la scelta di un nuovo presidente ed un nuovo primo ministro. Una situazione che scivola ben presto nella paralisi: tutto appare bloccato per diversi mesi, dall’attività di governo fino a quella meramente amministrativa. Non proprio un toccasana per una regione in cui la disoccupazione tocca punta del 30% e l’economia arranca in modo sempre più affannoso. A questo, occorre aggiungere lo stallo anche nelle trattative con Baghdad per dirimere le controversie ancora esistenti con il governo federale.

La situazione sembra sbloccarsi soltanto nello scorso marzo: i due principali partiti trovano un accordo che non riguarda solo il governo, bensì anche un programma da portare avanti per i prossimi quattro anni. Si decide anche la spartizione delle cariche ministeriali, ma l’attuazione dell’accordo si arena sui nomi a cui affidare gli incarichi. Alla fine si opta ancora una volta sui Barzani: la famiglia riesce a spuntarla nuovamente, confermandosi come principale ago della bilancia della politica regionale. Nechirvan va alla presidenza e Masrour diventa primo ministro: quest’ultimo ha 30 giorni di tempo per presentare il nuovo esecutivo. Dopodiché il Kurdistan iracheno ripartirà da un’unica certezza: la politica della regione rimane sempre nelle mani dei Barzani.

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