Il Kazakistan post-Nazarbaev ha aperto canali di dialogo con l’intero globo e dato impulso ad un energico moto di transizione mirante a permettergli di assurgere alla guida dell’Asia centrale e di incidire in maniera profonda nelle relazioni internazionali del continente, in particolare nei macro-progetti di integrazione regionali che ivi stanno venendo implementati, come la Nuova Via della Seta, l’Unione Economica Eurasiatica e il Consiglio Turco.

Quello kazako è un dinamismo che sta attraendo investimenti stranieri e riscrivendo il volto di intere città, generando prosperità e creando un equilibrio di potenza favorevole sia a Nur-Sultan che a Tashkent, la sorella minore, e che non si esaurisce negli ambiti economico, energetico e geopolitico, essendo la manifestazione di un progetto di costruzione nazionale (nation-building) profondo e articolato nel nome del quale il Kazakistan sta ricercando, o meglio recuperando, la propria identità e il proprio ruolo nel mondo.

È solo avendo a mente il quadro completo che si possono comprendere natura e ragioni di uno degli aneli più elevati del dopo-Nazarbaev: la transizione dall’alfabeto cirillico a quello latino.

Svelato il nuovo alfabeto

Quest’anno, 2021, avrà luogo il trentesimo anniversario dell’indipendenza del Kazakistan, e la dirigenza ha in serbo dei grandi piani per commemorare l’evento. Uno di questi è stato svelato il 28 gennaio, quando il governo ha presentato al pubblico quello che potrebbe essere, o meglio che sarà, il prossimo alfabeto impiegato dalla lingua kazaka: un alfabeto latino.

Il kazako, che ha adottato il sistema di scrittura arabo con l’arrivo dell’islam nelle steppe centroasiatiche, ha incontrato la piattaforma latina per la prima volta nel periodo interguerra, in uso dal 1929 al 1940. Al breve paragrafo latino, tra l’altro promosso dal Cremlino, ha fatto seguito l’implementazione repentina e coercitiva del cirillico, un riflesso della natura russo-centrica dell’Unione Sovietica ed uno strumento di condizionamento linguistico-culturale con cui diminuire a livelli critici l’influenza sugli –stan della Turchia.

È dal dopo-indipendenza che si discute della latinizzazione del kazako, tuttavia i lavori nel cantiere sono stati inaugurati soltanto di recente, ovvero nel 2017, anno della firma del “Decreto 569” da parte dell’allora presidente Nursultan Nazarbaev. Lo storico documento ha consacrato la traslazione definitiva del dibattito dal pubblico alla politica, inserendo il superamento del cirillico tra gli obiettivi da conseguire entro il 2025.

Destrutturare l’egemonia ottantennale del cirillico e inoculare la transizione nella dimensione reale, ovvero nella quotidianità, nelle scuole, nelle mura domestiche e negli spazi pubblici, però, si è rivelato più arduo del previsto e il 2025 è diventato 2031. La commissione istituita per guidare la transizione, comunque, ha annunciato che il processo di latinizzazione dovrebbe cominciare nel 2023 – a meno dell’entrata in scena di variabili inattese.

A due anni dall’inizio di una nuova era per il Kazakistan, il 28 gennaio la commissione nazionale per la latinizzazione ha presentato all’opinione pubblica quello che dovrebbe essere il futuro alfabeto kazako. Composto da trentuno lettere e in grado di rappresentare perfettamente i suoni del kazako attraverso l’impiego di segni diacritici, questo alfabeto è stato concepito tenendo in considerazione i riscontri di pubblico ottenuti dai modelli presentati in precedenza.

Nell’attesa che la latinizzazione venga avviata ufficialmente, stanno aumentando i prodotti commercializzati con nomi latini e gli istituti linguistici stanno lavorando a contatto con le scuole per preparare i giovani, ossia il futuro, al cambio epocale.

Anar Fazylzhanova, direttrice dell’Istituto di linguistica Akhmet Baitursynov e componente della commissione nazionale per la latinizzazione, raggiunta dai microfoni del The Astana Times, ha parlato dell’andamento in termini ottimistici: “Sono sicura che la nostra popolazione non corre il rischio di un disagio linguistico perché la transizione alla scrittura latina sta venendo condotta gradualmente e senza scosse, molto lentamente. In effetti, questo argomento è stato dibattuto ampiamente sin dalla fine dello scorso secolo. La popolazione è abbastanza pronta”.

Non sottovalutare l’epocalità della riforma

L’alfabeto è il cuore di un’idioma, e l’idioma è il simbolo di una cultura e/o di una nazione; questo è il motivo per cui ogni volta che un’élite assume delle decisioni inerenti una lingua sta legiferando in materia di identità nazionale (e geopolitica). Nel caso kazako, avallare la transizione dal cirillico al latino equivale a lanciare un messaggio dall’evidenza irrefutabile avente come destinatario il mondo intero: i legami con il passato sono stati definitivamente recisi, un nuovo Kazakistan è nato.

Latinizzazione ha storicamente implicato occidentalizzazione, così come cirillizzazione ha comportato russificazione. È noto, ad esempio, che fu la volontà di allontanarsi dalla sfera d’influenza russa a spronare il regno di Romania ad abbandonare il sistema di scrittura basato sul cirillico durante la metà del diciannovesimo secolo; un processo di riscrittura identitaria riemerso in altre nazioni nel dopo-guerra fredda e ancora in corso.

Non sempre, comunque, l’adozione di un nuovo sistema di scrittura è motivata da ragioni geopolitiche: Moldavia, Azerbaigian e Turkmenistan hanno latinizzato i loro alfabeti all’indomani del crollo dell’Unione Sovietica per esigenze più legate alla praticità (e alla storia) che alla volontà di transitare da un’orbita all’altra.

Nel caso kazako, essendo assente il proposito della dirigenza politica di provocare una rottura insanabile e netta con la Russia, la decisione rientra all’interno di un’interpretazione plurivalente in cui si mescolano il fattore identitario – la voglia di riscatto nazionale –, una questione di praticità ed un motivo conduttore geopolitico non antagonistico – né russofobia né occidentalismo, ma internazionalizzazione.

Ultimo ma non meno importante, la latinizzazione del kazako, alla luce del peso rivestito da Nur-Sultan in termini di influenza culturale e politica nell’Asia centrale postsovietica, potrebbe dare luogo ad un effetto domino nella regione, dove il cirillico continua ad essere il sistema di scrittura ufficiale in Kirghizistan, in Tagikistan e Uzbekistan. Il dibattito sulla de-cirillizzazione non ha mai raggiunto vette significative nei primi due, mentre a Tashkent è molto più vivace, ma il cambio di paradigma nel primo degli –stan apporterà sicuramente nuova linfa vitale al tema; perché quando il Kazakistan parla, l’intera Asia centrale ascolta e prende nota.

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