Sulla Libia emerge confusione. Da un lato si sostiene il governo di Fayez Al Sarraj, dall’altro lato però emergono riavvicinamenti verso il generale Khalifa Haftar, a capo del Libyan National Army (Lna). Ma non è soltanto una questione di posizionamento all’interno dello scacchiere libico, il problema è a monte: nemmeno a Roma in questo momento sanno chi deve occuparsi nello specifico di Libia. Il cambio di governo ha comportato inevitabilmente un cambio anche di vedute e l’impressione è che, in questo momento, a prevalere sia una fase di transizione in cui da Palazzo Chigi e non solo si sta cercando di capire chi ed in che modo deve seguire il dossier libico.
Manenti chiamato al Viminale
Su Il Fatto Quotidiano sono trapelate conferme alle indiscrezioni già circolate nei giorni scorsi, ossia che nella giornata di giovedì presso la sede del ministero dell’Interno si è tenuta un’importante riunione alla presenza del ministro Luciana Lamorgese, dell’ambasciatore libico in Italia Omar Tarhuni e, secondo alcune fonti, anche del sottosegretario Vito Crimi. Ospite d’eccezione, l’ex capo dell’Aise Alberto Manenti. Quest’ultimo è un profondo conoscitore del dossier libico. Nato a Tahruna, la città Stato a sud di Tripoli cruciale per gli equilibri militari e politici della capitale libica, Manenti da sempre appare molto radicato in Libia ed ha seguito da vicino la questione fino ad un anno fa, quando per l’appunto era a capo dell’Agenzia Informazione e Sicurezza Esterna.
Molto vicino all’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, o comunque al vertice dell’Aise quando l’esponente del Pd era al Viminale, la presenza di Manenti al ministero dell’Interno non è certamente casuale. Nella riunione sopra citata, all’ordine del giorno ci sarebbe stata la vicenda del rinnovo dell’accordo con Tripoli che prevede collaborazione con la Guardia costiera libica: quest’ultimo scade il prossimo 2 novembre e potrebbe essere rinnovato tacitamente per altri due anni. La prospettiva della continuazione di tale accordo sta agitando in queste settimane le acque della maggioranza, con la sinistra del Pd e LeU che a più riprese hanno premuto per l’interruzione di ogni rapporto con la Guardia costiera libica.
La presenza di Manenti, unita anche alla visita del ministro dell’Interno libico Fatih Pashagha tenuta mercoledì sempre al Viminale, sembra orientare il governo verso il rinnovo dell’accordo. Ma al di là di questo, il fatto stesso che Manenti sia stato chiamato al Viminale potrebbe indicare un suo ritorno in campo. Il ministro Lamorgese non disdegnerebbe i consigli dell’ex numero uno Aise sulla Libia, anche perché il titolare dell’Interno non vorrebbe lasciare il dossier totalmente in mano alla Farnesina.
Cambi in vista ai vertici della sicurezza?
Come scritto da Alessandro Mantovani su Il Fatto Quotidiano, la presenza di Manenti al Viminale non è stata ben vista dal suo successore all’Aise, il generale ex ufficiale della Finanza Luciano Carta. Malumori che nascerebbero dalle voci sempre più insistenti di un nuovo avvicendamento proprio all’Aise: il governo starebbe pensando di piazzare al timone dell’agenzia il generale Gianni Caravelli, ufficiale dell’esercito ed attuale numero due di Carta. Quest’ultimo sarebbe invece indirizzato al Dis, il Dipartimento Informazione e Sicurezza della Presidenza del Consiglio.
Qui Carta prenderebbe il posto di un altro ex generale della Guardia di Finanza, ossia Gennaro Vecchione. Avvicendamenti al momento rimasti confinati solo alle fatidiche voci di corridoio, ma che da Palazzo Chigi si dipanino movimenti volti a rimescolare le carte ai vertici della sicurezza appare oramai quasi certo. E tutto questo ovviamente non può non avere influenze sul dossier libico, quello più delicato. Una fase di transizione terminata la quale, forse, si potrebbe avere anche maggiore chiarezza sulla posizione italiana in Libia.