L’Italia è uno dei Paesi maggiormente coinvolti nella Nuova Via della Seta, il progetto con cui la Cina cerca di costruire il suo modello di globalizzazione. E il nostro Paese appare come quello del G7 più direttamente coinvolto nell’iniziativa. Tanto che, come riporta il Financial Times, è possibile che il governo italiano firmi il memorandum d’intesa con Pechino già a fine marzo, quando il presidente Xi Jinping arriverà a Roma in visita ufficiale.

Al quotidiano della City di Londra, Michele Geraci, sottosegretario allo Sviluppo economico, ha detto che il governo italiano ha già predisposto i piani per il coinvolgimento nel progetto. Secondo le prime indiscrezioni sul viaggio di Xi in Italia, il leader cinese sarà ricevuto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, poi parteciperà a una cena di Stato, in seguito incontrerà il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Tre tappe romane cui seguirà un’altra in Sicilia. E sarà proprio in quei giorni che l’Italia potrebbe firmare il memorandum d’intesa con Pechino.

Una scelta di fondamentale importanza nella strategica del Dragone per l’Europa e per l’Occidente. Fino a questo momento, la Cina ha concluso accordi formali con Paesi periferici, come la Grecia o l’Ungheria, e sono stati inseriti Paesi dell’area balcanica e dell’Europa orientale.

Ma per l’Italia è un altro discorso. Roma è parte del G7, è uno dei partner principali della Nato, Napoli è l’hub dell’Alleanza atlantica nel Mediterraneo, e Donald Trump ha stretto ottimi rapporti con il governo giallo-verde. Insomma, l’Italia non è un Paese come gli altri per Washington. Ed è per questo che da parte americana sono già arrivate indicazioni specifiche sulla scelta di Palazzo Chigi di essere coinvolti pienamente nell’iniziativa della Nuova Via della Seta.

Le pressioni americane, in questo senso, sono fortissime. Garrett Marquis, portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca ha dichiarato al Financial Times che “la Via della seta è un’iniziativa fatta dalla Cina, per la Cina”. Ma ha che lanciato un monito diretto nei confronti di Roma: “Siamo scettici che l’adesione del governo possa portare benefici economici durevoli al popolo italiano e nel lungo periodo potrebbe finire per danneggiare la reputazione globale del Paese”.

Parole cui è arrivata l’immediata reazione di Pechino. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lu Kang ha dichiarato: “Penso che i giudizi siano davvero assurdi. Come grande Paese e grande economia, l’Italia sa dove si trova il suo interesse e può fare politiche indipendenti”.

Proprio per evitare uno scontro con gli Stati Uniti, ma anche per continuare a sostenere accordi con Pechino, la Farnesina ha mostrato prudenza. Come riportato Il Sole 24 Ore, il ministero degli Esteri ha affermato che l’accordo fra Italia e Cina “non è ancora completato anche perché è in corso di elaborazione all’interno del Governo una linea comune che non è stata ancora trovata”.

Anche in questo caso, si mostra quindi una divergenza fra la Farnesina e la maggioranza di governo, in particolare quella del Movimento 5 Stelle. Che in questo appare perfettamente in linea con i suoi predecessori, visto che la partecipazione alla cosiddetta Obor è stata già perseguita dai governi Renzi e Gentiloni. Come ricorda Il Corriere della Sera, Paolo Gentiloni andò nel 2017 a Pechino quale unico leader di un Paese del G7 proprio per partecipare al primo Forum “One Belt One Road”. Momento in cui fu ricevuto con tutti gli onori da Xi Jinping.

Il Mise, guidato da Luigi Di Maio, ha deciso di accelerare sul progetto e sul coinvolgimento italiano nella Nuova Via della Seta. Ma il ministero degli Esteri non è così d’accordo. E sembra non essere convinta neanche la Lega, che ha invece avviato un forte spostamento del proprio asse verso gli Stati Uniti.





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