Il consigliere di presidenza di Roscosmos, Ivan Safronov, è stato arrestato questa mattina con l’accusa di alto tradimento. Lo ha riferito l’ufficio stampa della stessa società russa, precisando, come riporta Agenzia Nova, che il caso non riguarda l’attuale impiego dell’ex giornalista dei quotidiani russi Vedomosti e Kommersant e che la società statale sta fornendo assistenza alle autorità nelle indagini.
L’arresto, come si vede in un video divulgato dall’agenzia di stampa Life, è stato effettuato da alcuni agenti del Servizio per la Sicurezza Federale (l’Fsb diretto erede del Kgb dei tempi dell’Unione Sovietica), mentre l’emittente televisiva Dozhd riferisce che sono in corso indagini nell’abitazione del giornalista.
Ivan Safronov è stato nominato consigliere per la politica dell’informazione del direttore generale di Roscosmos, Dmitrij Rogozin, il 18 maggio scorso. Tra i compiti di Safronov ci sarebbe stata l’attività di coordinamento degli strumenti informativi della società statale e delle sue controllate. Tra il 2010 ed il 2019, Safronov ha lavorato per Kommersant e Vedomosti, che si occupavano soprattutto delle attività del ministero della Difesa, dell’industria bellica, del settore spaziale e varie questioni di cooperazione tecnico-militare.
La Roscomos è l’agenzia governativa della Federazione Russa che è responsabile per il programma spaziale russo e le ricerche aerospaziali.
In un comunicato stampa, l’agenzia ha fatto sapere che Safronov non aveva alcun tipo di accesso a dati riservati. La precisazione è stata fatta in quanto, come apprendiamo da Ria Novosti, l’ex consigliere è sospettato di aver raccolto e consegnato informazioni sulla cooperazione militare, la Difesa e la sicurezza della Russia a un rappresentante di un servizio segreto di un Paese della Nato non ancora identificato.
Insieme a Safronov è finita nel mirino dei servizi di sicurezza russi anche un’altra persona nota. L’abitazione moscovita dell’ex giornalista della testata online Meduza e ora direttrice di Kholod, Taisiya Bekbulatova, è stata infatti perquisita, mentre lei è stata trattenuta per essere interrogata. Lo ha riferito lo stesso giornale per il quale lavorava sottolineando che la Bekbulatova conosce bene l’accusato.
Safronov era un giornalista che si occupava di Difesa e Forze Armate che, secondo il Moscow Times, fu costretto a lasciare il quotidiano Kommersant l’anno scorso dopo aver scritto un articolo su imminenti dimissioni della presidente del Senato russo, Valentina Matviyenko, poi mai avvenute. In seguito ha lavorato per Vedomosti fino al 18 maggio, quando ha lasciato il giornale dopo lo scandalo della presunta censura filo-Cremlino imposta dalla nuova proprietà e dal nuovo direttore, che avrebbe modificato o cancellato articoli sul gigante russo del petrolio Rosneft e sui sondaggi che mostravano il forte calo della popolarità di Putin.
Safronov è stato al centro del mirino del Cremlino anche per la questione della vendita di caccia Sukhoi Su-35 all’Egitto.
Mosca e Il Cairo, infatti, avrebbero firmato un contratto del valore di due miliardi di dollari per la fornitura di 24 caccia Su-35 “Super Flanker” il 19 marzo del 2018 coi primi esemplari che avrebbero dovuti essere consegnati nel 2020. La notizia della firma del contratto, fatta circolare proprio dal Kommersant a firma di Safronov, ritardò le consegne irritando fortemente il Cremlino che avrebbe redarguito severamente la redazione del quotidiano.
Mosca desiderava infatti che si calmassero le acque in ambito internazionale per non irritare troppo Washington e far ricadere la scure del Caatsa sull’Egitto. L’emendamento che impone sanzioni agli Stati che acquistano materiale bellico da una lista nera di Paesi tra cui c’è anche la Russia è stato infatti chiamato in causa più volte in occasione della vendita dei sistemi S-400 alla Turchia: il primo effetto della decisione di Ankara di acquistare i sistemi missilistici da difesa aerea russi è stato quello di vedersi esclusa dal programma F-35.
Risulta che a novembre del 2019 gli Stati Uniti abbiano minacciato l’Egitto con la prospettiva di elevare sanzioni se avessero acquistato materiale bellico russo: secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, infatti, una lettera firmata dal Segretario di Stato Pompeo e dal Segretario alla Difesa Esper indirizzata al Cairo nella persona del ministro della Difesa Zaki. Nella missiva i due funzionari invitavano l’Egitto ad abbandonare l’accordo con la Russia per i cacciabombardieri affermando che se così non fosse stato sarebbero state elevate le sanzioni imposte dal Caatsa.
A quanto sembra, però, le accuse rivolte verso Safronov non riguardano la sua attività giornalistica, come era in un primo tempo trapelato, ma solo una presunta attività di spionaggio, che, se confermata, implicherebbe una condanna fino a 20 anni di reclusione.