Il futuro è risultato del presente nella stessa maniera in cui il presente è figlio del passato; una regola che vale tanto nella vita quanto nelle relazioni internazionali. E non si possono comprendere né il passato recente né l’attualità senza fare riferimento a Zbigniew Brzezinski, il Richelieu polacco al servizio di Vaticano e Stati Uniti, che aiutò rispettivamente a liberare la Polonia dal comunismo e a trasformare l’Afghanistan nel Vietnam dei sovietici, in particolare durante la sua attività di Consigliere per la sicurezza nazionale durante l’amministrazione di Jimmy Carter.
Preservare la memoria di Brzezinski è più che fondamentale, perché trattasi di una delle eminenze grigie che più hanno contribuito a plasmare la storia dell’umanità. È al suo genio che gli Stati Uniti debbono la loro vittoria nella Guerra fredda. È alla sua lungimiranza che gli Stati Uniti debbono la forma della loro strategia per lo spazio postsovietico. Ed è soltanto a partire da una rilettura di ciò che ha scritto dal dopo-guerra fredda al 2016, anno della sua ultima pubblicazione, che si potranno comprendere eventi del passato, decifrare accadimenti del presente e pronosticare tendenze del futuro.
L’uomo che ha scritto il nostro tempo
Uno spettro si aggira per lo spazio postsovietico (e per l’Eurasia): lo spettro di Brzezinski. Uno spettro che provoca poltergeist distruttivi tra Europa, Asia e Medio Oriente dagli anni Ottanta e che ha scritto – letteralmente – la nostra contemporaneità. Perché le relazioni internazionali del 2021 sono come le aveva immaginate Brzezinski ne “La grande scacchiera” (The Grand Chessboard), opera magna che, pubblicata nel lontano 1997, risulta quanto mai valida e attuale.
Lì, in quel testo per addetti ai lavori, Brzezinski delineava quella che sarebbe divenuta la grande strategia degli Stati Uniti per l’Eurasia, il cuore della Terra da mantenere sotto assedio per il bene dell’Impero americano e per la continuazione del momento unipolare nel ventunesimo secolo. Una strategia sempiterna, quella del geopolitico polacco, perché concepita per essere resistente all’erosione del tempo e all’albeggiare dell’era multipolare. Una strategia evidentemente interiorizzata da coloro in alto loco, ovvero dagli strateghi che sceneggiano e dirigono l’agenda estera della Casa Bianca, come mostrano e dimostrano gli accadimenti dell’ultimo ventennio:
- Brzezinski aveva suggerito di incorporare l’intero ex patto di Varsavia all’interno di Unione Europea e Alleanza Atlantica. È accaduto.
- Brzezinski aveva suggerito di investire sulla crescita economica e militare della Polonia, una nazione geopoliticamente unica, perché perfettamente incuneata tra Germania e Russia e, dunque, in grado di sabotare la traslazione in realtà dell’antico incubo mackinderiano di una “Gerussia”. È accaduto: oggi la Polonia è, a tutti gli effetti, il cuore pulsante del neo-maccartismo e il grande polmone di quell’euroscetticismo dalle venature antitedesche che periodicamente viene utilizzato al di là dell’Atlantico per indebolire tanto l’Ue quanto la Germania.
- Brzezinski aveva suggerito di profittare dell’ottenimento dell’indipendenza dell’Azerbaigian e degli –stan dell’Asia centrale per creare un “arco di instabilità”, afflitto da guerre civili e radicalizzazione religiosa, funzionale ad aumentare i costi di mantenimento dell’egemonia sullo spazio postsovietico al Cremlino. Parimenti importante sarebbe stato l’ingresso della Turchia in questo paragrafo di spazio postsovietico, perché indispensabile ai fini della (ri)turchificazione e della (re)islamizzazione. È accaduto in parte: l’emergere di regimi autoritari e/o dittatoriali di ispirazione sovietica ha favorito la stabilità interna, ma i processi di radicalizzazione religiosa sono effettivamente avvenuti – l’Asia centrale è uno dei principali bacini di reclutamento dell’internazionale jihadista sin dai primi anni Duemila – e la Turchia sta poco a poco dando vita ad un “corridoio panturco” esteso da Istanbul a Samarcanda.
- Brzezinski aveva suggerito di inglobare l’Ucraina nell’orbita euroamericana. È accaduto, come è noto, nel 2014.
- Brzezinski aveva previsto il consolidamento dell’asse franco-tedesco, mettendone in luce i potenziali rischi per il disegno americano per l’Europa: l’economia di Berlino e il militare di Parigi avrebbero potuto alimentare la comparsa di un europeismo velatamente antiamericano, cioè mirante ad una maggiore autonomia dagli Stati Uniti in campo estero. È accaduto di recente, con l’alleanza di ferro siglata da Emmanuel Macron e Angela Merkel.
- Brzezinski aveva previsto la formazione di un’intesa cordiale tra Russia e Cina, possibilmente estesa all’Iran, nel dopo-allontanamento dell’Ucraina dalla sfera di influenza del Cremlino – fondamentale, secondo lui, per espellere definitivamente la Russia dall’Europa e renderla un “impero asiatico”. È accaduto in parte: Russia e Cina hanno effettivamente dato vita all’alleanza tattica più importante della contemporaneità, ma né l’una né l’altra hanno manifestato l’interesse di dar vita ad una veridica coalizione antiegemonica includente l’Iran.
L’importanza di studiare Brzezinski
I posteri continuano ad interrogarsi sulla reale natura di Brzezinski, il teorico di quella geopolitica della fede che avrebbe ironicamente sconfitto l’Impero dell’ateismo con l’aiuto di preti e imam, di croci e mezzelune, e le cui analisi, più che il frutto di una vista aquilina, sembrano provenire dalla sfera di cristallo di un chiaroveggente.
Brzezinski, colui che ha scritto la grande strategia per l’Eurasia della Casa Bianca e che ne aveva lucidamente anticipato e meticolosamente descritto gli effetti collaterali, può essere considerato, in tutto e per tutto, il padre della contemporaneità. Perché è a lui che si debbono fenomeni quali l’accresciuta satellizzazione dell’Unione Europea, la progressiva turchificazione dello spazio postsovietico, il mantenimento del mondo musulmano in una condizione di conflittualità cronica e l’accadere dell’evento spartiacque del nostro tempo, Euromaidan. Ed è a lui che si debbono, inoltre, alcune disamine profetiche sullo stato di salute precario della società americana – fra le quali risalta Il mondo fuori controllo (1993) –, che negli anni recenti ha cominciato a patire al chiarore del giorno a causa di quella “cornucopia permissiva” diagnosticata con largo anticipo.
Non è una coincidenza che Brzezinski, un nome paradossalmente semi-sconosciuto nelle università europee, sia stato riscoperto e approfondito negli ambienti accademici di quei “due giocatori geostrategici” ai quali gli Stati Uniti avrebbero dovuto prestare attenzione – ovvero Russia e Cina – nel nome dell’antico e sempreverde “conosci il tuo nemico” – l’ultima analisi che gli è stata dedicata, targata The Global Times (il quotidiano ufficiale del Partito Comunista Cinese), è dell’aprile di quest’anno.
E perché a Mosca e Pechino sia Brzezinski-mania è piuttosto chiaro: studiarlo significa capire come, dove, quando e perché lo scacchista Stati Uniti muoverà i propri pedoni in quella grande scacchiera che è l’Eurasia, l’Isola-continente da cui dipende – e sempre dipenderà – il destino del mondo.