Nel 2005, anno del suo debutto in parlamento, è stata ribattezzata la “Baby of the House”, nel frattempo si è sposata, ha fatto due figli e ha corso due maratone.

Oggi, a 39 anni, dopo essere stata nominata leader dei redivivi Liberal democratici ed essersi ufficialmente candidata alle elezioni del Regno Unito, Jo Swinson rappresenta la vera incognita, il fattore X, della scena politica inglese.

A suo favore giocano la confusione e i limiti dimostrati dai suoi principali avversari: i Conservatori guidati da un esondante Boris Johnson alle prese con le continue defezioni tra i suoi e i Laburisti di un Jeremy Corbyn al quale nessuno riesce a perdonare il fatto di non avere mai preso una posizione chiara sulla Brexit.

“I due principali partiti si stanno allontanando dal centro polarizzandosi – ha attaccato Tony Blair dai microfoni di Bbc Radio4. “È frustrante cercare di capire dove vadano i Tories e dove siano i Labour”, la sua conclusione.

Il punto è che proprio quel vuoto lasciato al centro rappresenta ora la prateria nella quale l’astro nascente dei Lib Dems, Jo Swinson, sta andando a convogliare i suoi consensi.

Stile acqua e sapone, da sempre si è battuta per le questioni di genere e i diritti civili.

Alla convention del partito, ha annunciato la sua candidatura alle prossime politiche. Non ha mai alzato i toni, semmai ha punzecchiato gli avversari in perfetto stile British: tagliante senza troppo scomporsi.

Confina il laburista Jeremy Corbyn tra i nazionalisti degni della compagnia di Nigel Farage mentre, con aria materna e il piglio da ex studentessa della blasonata London School of Economics, spinge tra gli estremisti del populismo Boris Johnson che, sempre sopra le righe, adesso si paragona anche al verde Incredibile Hulk.

Strategia vincente che ha avviato alla rinascita del suo partito, la posizione pro Europa.

A partire da lì, la confluenza di delusi dai due principali partiti che hanno deciso di seguirla è stata costante e finora inarrestabile al punto che oggi, tra le sue fila, può contare 18 parlamentari (erano 12) e tra questi annoverare anche la presenza di un ex ministro conservatore.

A conferma di questo trend di crescita arriva anche l’ultimo sondaggio rilevato da BritainElects Poll Tracker che attribuisce ai Liberal democratici il 20% quando solo nel 2017 erano fermi al 7%.

Anche i numeri dunque certificano che, dopo aver pagato duramente la scelta del 2010 di entrare a far parte del governo Cameron, oggi Swinson e i Liberal Democratici possono ambire a riprendersi un posto di primo piano, che concretamente significa ambire a diventare il secondo partito della scena politica inglese.

A rafforzare questa speranza giocano tre fattori: il buon risultato ottenuto alle ultime elezioni europee dove hanno tallonato i trionfatori guidati da Nigel Farage; la conquista di 700 seggi alle recenti elezioni locali e l’avere scelto come front runner il volto giusto al momento giusto, ovvero la faccia della scozzese Jo Swinson.

Già nel 2013 il Guardian la definiva “una voce nuova nel vecchio sistema” ed è stata questa l’intuizione che ha spinto il vecchio leader 76enne, Vince Cable, a puntare anche sul suo profilo, per ridare slancio ad un partito che sembrava ormai destinato al viale del tramonto.

Alla London School of Economics and Political Science, un attento osservatore come il professor Tony Travers (School of Public Policy, presso il Department of Government) ci fornisce la sua analisi.

“In parte perché giovane, un po’ perché donna (ed è la prima a ricoprire questo incarico in quel partito), fatto sta che l’arrivo di Jo Swinson alla guida dei Lib Dems trasmette un’immagine fresca, nuova e differente”.

“La posizione forte e determinata tenuta dalla Swinson rispetto alla revoca dell’Art 50, che significa stop alla Brexit, ha pagato” e secondo Travers pagherà ancora.

“La leader dei Lib Dems ha condotto una politica chiara, cosa che non si può dire per gli altri due principali partiti” ha proseguito Travers.

L’allusione, in particolare, è rivolta Jeremy Corbyn che, da sempre ambiguo sul tema, solo ora apre all’ipotesi di un secondo referendum per rilevare il sentimento popolare sui contenuti di un nuovo accordo da sottoscrivere con la Ue, ma (di nuovo) senza dichiarare la sua posizione. Quanto ai Conservatori, le forti spaccature al loro interno stanno progressivamente bruciando leader ed inevitabilmente consensi.

“Alle persone non piacciono i partiti divisi al loro interno”, ci spiega la professoressa Sara Hobolt (LSE) e questo è il punto di vantaggio rappresentato dai Liberal democratici che “però – prosegue l’analisi – in un sistema maggioritario come quello inglese scontano il fatto di essere un piccolo partito che per questo, agli occhi dell’elettorato, corre il rischio di incarnare l’idea di un voto sprecato”.

“Storicamente, quando i Lib Dems hanno fatto bene – ha continuato Hobolt – si sono mostrati come la forza di protesta contro i due principali partiti. Adesso possono riguadagnare quel profilo e puntare su quello oltre che su nuovi contenuti”.

Questo scenario fa sì che le elezioni in Gran Bretagna oggi si profilino più aperte che mai, con la possibilità di assistere ad una vera sfida a tre tra Conservatori, Laburisti e Liberal Democratici.

Alla London School of Economics and Political Science scommettono su due possibili finestre elettorali: tre comprese tra il 14 novembre e il 5 dicembre di quest’anno, oppure quella del 7 Marzo 2020.

Per quel giorno, Jo Swinson è chiamata a dare più contenuti su temi nazionali che vanno oltre la Brexit. In caso di uscita dall’Unione prima delle elezioni, certo, la sua campagna potrà diventare il luogo da cui lanciare l’appello al ritorno in Europa; ma il suo partito deve anche chiarire quale siano i contenuti del suo manifesto elettorale. Cosa intendono fare i Lib Dems in materia economica, sulle tasse, sulla sanità e sull’immigrazione? Questi sono tutti aspetti sui quali sinora non è stato detto abbastanza.

Swinson è chiamata a costituire una forza credibile se vorrà contendersi il posto al sole al quale ambisce.

La ex Baby of the House, come la chiamò il Telegraph, dovrà mostrare di essere cresciuta e all’altezza di quel ruolo sostenendo la cavalcata intrapresa sinora sulla lunga distanza e trasformando, nella migliore delle ipotesi possibili, i Lib Dems da partito di lotta a partito in grado di vincere e governare.