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L’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi è diventato un film, snobbato da tutte le più importanti piattaforme di streaming (Netflix, Amazon Video, ecc.). Un assassino barbaro e spietato: come ricostruito i media turchi, il dissidente saudita è stato torturato e fatto a pezzi quando era ancora morto. Ad eseguire l’operazione sarebbe stato il medico saudita e capo della scientifica Salah al-Tubaigy, che avrebbe portato con sé una valigetta contente una sega. Sempre secondo un giornale turco giornale turco – Yeni Şafak – uno dei sospettati dell’assassinio avvenuto nel Consolato Generale dell’Arabia Saudita ad Istanbul è rimasto ucciso in un misterioso incidente stradale a Riad.

L’editorialista del Washington Post scomparve nel nulla alle 13 del 2 ottobre 2018, giorno in cui il famoso giornalista di Medina era entrato nel consolato saudita di Istanbul, per ritirare i documenti del suo divorzio. Da quel palazzo, infatti, nessuno l’avrebbe visto uscire. Ufficialmente una strana sparizione, prima che quei dubbi sulla strana scomparsa del dissidente saudita si trasformassero nella convinzione di molyi che Khashoggi, quel giorno, venne ucciso e fatto a pezzi nel consolato del suo Paese per volontà del regno saudita. Già nel 2018, poche settimane dopo la morte di Khashoggi, fonti anonime della Cia citate dal Washington Post e dalla Reuters accusarono il principe saudita Mohammad bin Salman avrebbe personalmente ordinato l’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi all’interno dell’ambasciata saudita di Istanbul, lo scorso 2 ottobre.

Il documentario che fa paura

The Dissident di Bryan Fogel è il documentario che prova a ricostruire la morte del giornalista, presentato al Sundance festival lo scorso anno. Nonostante le recensioni entusiastiche e un regista pluripremiato e conosciuto per il documentario del 2017 Icarus, tutti i servizi streaming (Netflix, Amazon, Apple Tv), hanno completamente snobbato la pellicola. Fortunatamente dal 12 febbraio è disponibile sulla piattaforma Miocinema distribuito in Italia da Lucky Red. Come riportato da Variety, Fogel ritiene che l’argomento trattato è troppo esplosivo per le aziende come Netflix, Amazon ed Apple, che hanno legami finanziari con l’Arabia Saudita o stanno cercando di accedere alla popolazione benestante del Regno. Attraverso l’intervista alla fidanzata di Khashoggi Hatice Cengiz, così come quelle ad amici e colleghi attivisti, Fogel fa un ritratto molto duro dell’apparente coinvolgimento del principe ereditario Mohammed Bin Salman nel mettere a tacere in maniera brutale lo scrittore. Grazie a registrazioni audio inedite, The Dissident traccia una linea diretta tra l’assassinio di Khashoggi presso l’ambasciata saudita in Turchia e la rabbia del governo saudita per le sue critiche esplicite contro gli abusi dei diritti umani e la cattiva gestione del Paese.

A vedere il film al Sundance dello scorso anno c’erano fra il pubblico il Ceo di Netflix Reed Hastings e l’ex Segretario di stato Hillary Clinton. Ma come racconta il regista a Variety, nessuno voleva investire in un documento così critico nei confronti del ricchissimo regno saudita. “Abbiamo avuto una standing ovation. La gente si asciugava le lacrime dagli occhi quando Hatice saliva sul palco. Era la stessa scena in tutte le nostre proiezioni. Siamo stati premiati con recensioni incredibili da tutti. In qualsiasi circostanza normale, penseresti che ovviamente questo film verrà acquisito e distribuito. Eppure non solo non era acquisito e distribuito, c’era un silenzio universale. Non una singola offerta. Né per un dollaro né per 12 milioni di dollari. Niente. Era letteralmente come se nessuno mi conoscesse. Era sorprendente e scioccante” afferma.

Usa: desecretiamo rapporto su Khashoggi

Come riportato da La Stampa, la Casa Bianca invierà al Congresso un rapporto desecretato sulla morte del giornalista saudita dissidente Jamal Khashoggi, ucciso nel consolato di Riad a Istanbul nell’ottobre del 2018. Lo ha detto la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, sottolineando la necessità di “passi in avanti” da parte dell’Arabia Saudita sul rispetto dei diritti umani e indicando che il ritiro del sostegno americano all’offensiva di Riad nello Yemen si inquadra nella strategia della nuova amministrazione americana nei confronti dell’alleato arabo.

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