Se trenta anni fa avessero detto ad un qualsiasi membro del nostro ministero dell’Intero, che una task force dell’esercito russo – tra cui si “mormora” possa celarsi qualche operativo dell’intelligence – avrebbe stazionato nel nostro Paese per oltre un mese, espletando compiti “straordinari” per contribuire alla nostra sicurezza, si sarebbe di certo messo a ridere. Ma il tempo, e la minaccia portata da un virus che ha scatenato una pandemia globale, possono ribaltare ogni convezione e convinzione; sopratutto quando a tendere una “mano” piena di medici, personale esperto e aiuti sanitari, non sono gli attempati partner della Nato – impegnati ognuno per sé a combattere la loro battaglia con il Covid-19 – ma i governi di Mosca, Pechino, e perfino de L’Havana.
Aveva fatto scalpore la notizia dell’arrivo in Italia di un distaccamento di militari russi esperti nella difesa biologica, chimica e nucleare, che a fianco del 7º Reggimento difesa CBRN “Cremona” – e a meno di chilometri dagli arsenali che custodiscono le bombe atomiche americane dislocate nel nostro paese dalla Guerra Fredda – hanno condotto operazioni di santificazione nei focolai delle “zone rosse” nel nord d’Italia. Né sta facendo altrettanto quella secondo la quale, nonostante l’approssimarsi dell’attesissima Fase 2, i piccoli “marziani con le tute blu” – come li aveva battezzati Gian Micalessin sulla pagine del Giornale – non abbandoneranno il campo. Anzi, sembrerebbe che a distanza di 30 giorni la loro missione nel nostro Paese non sia terminata. Ma potrebbe proseguire. Il rischio, secondo chi non vede di buon occhio la loro presenza, e teme operazioni di spionaggio vestite di propaganda filo-russa, è che dalla Lombardia i “marziani sovietici” sconfinino, spostandosi “altrove”, addirittura al Sud.
A confermare questa possibilità sarebbe l’ambasciata russa di Roma, che riporta: “Dalle varie regioni italiane giungono richieste per prestare possibile assistenza al contrasto del coronavirus”. “Ovviamente le trattiamo con il più attento atteggiamento, esprimiamo la nostra solidarietà, la volontà e disponibilità a prestare aiuto”, prosegue un comunicato ufficiale, passando al palla al governo presieduto da Giuseppe Conte, che ha chiesto in prima persona aiuto al presidente Vladimir Putin, il quale ha ordinato al Cremlino di predisporre un ponte aereo che in meno di 24 ore ha portato nel cuore di un membro della Nato ben nove aerei da trasporto strategico Ilyushin IL-76, con a bordo medici, personale specializzato, e forse le tanto temute “spie”. Perché le divisioni per la guerra batteriologica e nucleare dipendono direttamente dal Gru: il servizio informazioni delle forze armate russe pari all’ Fsb, i servizi segreti nati dalle ceneri del più noto Kgb.
Inutile dire come Mosca abbia tramutato un aiuto contenuto – seppur indubbiamente efficace – un argomento di propaganda che ha occupato a lungo la cronaca russa e internazionale. Sputnik , canale d’informazione che non brilla per imparzialità ma trasmette le informazioni passate dal Cremlino in tutte le lingue, in tutto il mondo, ha dedicato oltre 64 articoli solo agli aiuti fortini al nostro Paese: “Noi abbiamo dato una mano all’Italia. Mentre l’Unione Europea e la Nato, per usare un eufemismo, sono semplicemente rimasti a guardare”. Notizia imprecisa, se si tiene conto dell’invio da parte degli Stati Uniti di un DC-8 che trasportava il personale sanitario e logistico, insieme a tonnellate di attrezzature mediche, ma evidentemente non abbastanza per creare scalpore o innescare chissà quale campagna di ringraziamento mediatico (infondo al governo c’è ancora quello “screanzato” di Donald Trump).
La differenza del resto non è solo nel quanto, ma nel “come”: le tute anticontaminazione dei militari russi sono apparse in 80 comuni della Lombardia, sanificando con l’ausilio dei loro veicoli Kamaz appositamente modificati almeno un centinaio di residenze per anziani. I medici militari invece hanno lavorato gomito a gomito con i nostri nelle strutture sanitarie nel bergamasco. L’efficienza russa si è vesta, e dal Piemonte, dal Friuli Venezia Giulia, ma anche dalla distante Puglia, sarebbero state avanzate richieste del tipo: “Potreste prestarli anche a noi?”. Ma la Protezione Civile sembra aver risposto che per ora i russi servono i Lombardia – e non sono pochi a dire che è già “tanto” se si trovino lì. Come se chissà la Lombardia quale segreto militare d’importanza strategica si nasconda in provincia di Bergamo.
L’ambasciata di Mosca, che pure ha tenuto a chiarire come il Cremlino sia ben disposto a continuare a prestare aiuto agli “amici” italiani (inviando altri rifornimenti), ha comunque tenuto a raccomandare: “Tutte le regioni, città e associazioni che si rivolgono a noi” devono necessariamente “formalizzare le richieste di assistenza al governo. Una decisione sul sostegno ad una regione, che potrebbe includere il coinvolgimento dei militari russi presenti in Lombardia, può essere presa solo dietro richiesta formale“. La decisione dunque è tutta nelle mani di Palazzo Chigi, che si deve assumere la responsabilità, nel caso, di mandare a spasso gli 007 che dalla Russia, con amore, portano quel sostegno tangibile che qualcuno continua ad aspettarsi dall’Unione europea della diatriba Mes, o dagli Stati Uniti che hanno raggiunto il milione di contagi. Che le delusioni – sebbene misurate – portino passo dopo passo ad un cambiamento di visione degli assetti mondiali? Ingenuo pensare, ma come si suol dire “ai posteri l’ardua sentenza”.