Il ministero dell’Istruzione e della Scienza russo non richiederà la vaccinazione obbligatoria contro il coronavirus da parte degli studenti, ha affermato il capo del ministero, Valery Falkov. “Non ci sono requisiti per la vaccinazione obbligatoria di tutti gli studenti, compresi gli stranieri”, ha detto Falkov alla trasmissione radio “Echo of Moscow” lo scorso 8 agosto.
In precedenza, anche l’Unione dei Rettori aveva osservato che non avrebbe limitato l’ammissione alle università per il prossimo anno accademico agli studenti non vaccinati, ma il rettore dell’università statale di Mosca, Viktor Sadovnichy, aveva comunque esortato tutte le università “a prestare attenzione alla vaccinazione”.
Lo scorso giugno, il Consiglio dei Rettori delle università della regione di Mosca era di diverso avviso, avendo proposto che le facoltà consentissero solo agli studenti vaccinati di frequentare le lezioni a tempo pieno, nonché affermando di voler annullare feste di laurea e scuole estive.
Gli aveva fatto eco il capo di Rospotrebnadzor, il servizio federale per la supervisione della protezione dei diritti dei consumatori e del benessere umano, Anna Popova, raccomandando agli studenti di vaccinarsi entro l’inizio dell’anno scolastico.
La Russia, in questo momento, sta vivendo l’inizio della fase calante di quella che è stata, a tutti gli effetti, una nuova ondata epidemica: nella giornata di ieri sono stati registrati 22160 casi ovvero il 3,09% in meno rispetto al giorno prima (22866). Scende anche, in parallelo com’è logico che ci si aspetti, il numero dei decessi: 769, ovvero il 2,29% in meno rispetto alle 24 ore precedenti (787).
La campagna vaccinale, invece, stenta a decollare nonostante la Russia sia stato il primo Paese al mondo a sintetizzare e mettere in circolazione il vaccino contro Sars-CoV-2: dati risalenti al sei agosto indicano che a 30 milioni di russi (circa il 20%) sono state somministrate due dosi, mentre a 39 milioni ne è stata inoculata una sola. Rospotrebnadzor ritiene che sia necessaria la rivaccinazione ogni sei mesi per combattere le nuove mutazioni: secondo il dipartimento, l’effetto dei vaccini contro il ceppo delta sta diminuendo.
In Russia sono stati registrati quattro vaccini contro il coronavirus: Sputnik V, Sputnik Light, KoviVak ed EpiVacCorona. Nonostante questo la popolazione nutre scarsa fiducia nei ritrovati medici locali e dimostra resistenza a vaccinarsi restando indifferente alle raccomandazioni statali. La propaganda pro-vaccinazioni del Cremlino non sta avendo successo, così il governo ha dovuto cercare vie traverse per invogliare la popolazione a vaccinarsi: nel distretto di Mosca la responsabilità è stata scaricata sui datori di lavoro di esercizi e attività pubbliche, ai quali è stato detto che devono avere il 60% dei propri dipendenti vaccinati. Questo provvedimento ha causato un piccolo picco nelle vaccinazioni, ma siamo ben lontani dai numeri di altre realtà europee o mondiali.
In generale, come abbiamo già avuto modo di dire, i russi sembrano non curarsi troppo delle disposizioni statali, che ancora alla fine del mese scorso imponevano l’utilizzo di Dpi (nella fattispecie le mascherine) quando ci si trova il luoghi al chiuso o sui mezzi pubblici: sono pochi, infatti, quelli che le indossano nella metropolitana moscovita o sui treni.
C’è chi imputa questo atteggiamento a indicazioni governative poco coerenti: mesi fa il Cremlino ha stabilito l’obbligo di indossare la mascherina anche per i vaccinati, cosa che ha causato dubbi sia sull’efficacia del vaccino sia sulla reale necessità di utilizzare Dpi.
In ogni caso i dati ufficiali sull’efficacia dei vaccini russi parlano chiaro: meno dell’1% di coloro che hanno completato l’intero ciclo di vaccinazione si è ammalato di Covid-19. Facendo riferimento alle statistiche del ministero della Salute della Federazione Russa del registro delle persone vaccinate per tutte le regioni, risulta che la percentuale di casi 21 giorni dopo aver ricevuto la seconda dose di vaccino era dello 0,66% per Sputnik V, dello 0,59% per EpiVacCorona e 0,27% per KoviVac. Percentuali leggermente più alte per chi ha ricevuto almeno una dose: 0,79% con Sputnik V, 1,3% con EpiVacCorona e 0,93% per KoviVac.
Proviamo ora a fare alcune riflessioni riguardanti la campagna vaccinale in Russia. Il Cremlino non ha intrapreso misure coercitive dirette per invogliare la popolazione a ricorrere ai vaccini: l’unico provvedimento, quello riguardante i datori di lavoro, è di tipo indiretto ed è paragonabile al nostro green pass. Anche per quanto riguarda l’obbligo di utilizzo delle mascherine l’atteggiamento delle autorità sembra molto più morbido: non risultano provvedimenti sanzionatori presi nei confronti di chi non le indossa.
Lo stesso green pass, che la municipalità di Mosca aveva preso in considerazione a luglio, è stato rapidamente accantonato.
Perchè? Al netto del carattere russo, tipicamente fatalista e diffidente, il Cremlino non intende imporre con la forza una politica pro-vax nel timore che si trasformi in un boomerang per quanto riguarda il consenso. La decisione di non obbligare gli studenti a vaccinarsi per l’inizio del prossimo anno accademico va letta in questo senso. La situazione economica, infatti, non è delle più rosee: la banca centrale ha aumentato alla fine di luglio di un punto percentuale i tassi di interesse portandoli al 6,5% nel tentativo di abbattere l’inflazione: il singolo aumento maggiore dal 2014.
Le misure di rilancio del “decreto di maggio” del 2019, infatti, stentano a far sentire i loro effetti, nonostante l’avvio di importanti opere infrastrutturali, ed il governo teme di veder crollare la fiducia della popolazione, dopo promesse di rilancio e crescita. Quindi si cerca di non calcare troppo la mano sugli obblighi “pandemici” (vaccinazione/mascherine) per non assottigliare ulteriormente il consenso interno.
A margine, possiamo fare altre considerazioni sia sul “carattere” di una popolazione sia sulla stessa forma di governo: i russi si dimostrano meno ligi al “dovere” rispetto, ad esempio, a noi italiani (o forse siamo noi ad esserci rassegnati), e soprattutto si evidenzia come la cosiddetta “democrazia non liberale” russa sia, in realtà, molto lontana da una dittatura mascherata di quanto si voglia far credere.