Il virus ha messo in discussione alcuni dei pilastri fondanti l’Unione Europea: sono bastate poche settimane di intensa diffusione del morbo, per vedere sciogliersi come neve al sole tratti e principi ritenuti, fino a marzo, intoccabili ed irreversibili. Tra questi, vi è la libertà di circolazione e di movimento di merci e persone. Un principio questo riassunto all’interno del Trattato di Schengen, l’accordo cioè che nel 1990 ha abbattuto di fatto i confini interni all’Ue ed agli altri Paesi, tra cui la Svizzera, aderenti all’intesa. Adesso il vecchio continente è alle prese con la nuova blindatura delle frontiere, tanto esterne quanto interne alla comunità. E questo per impedire contagi e possibili contatti tra comunità colpite dal Covid-19. Anche se non si dice apertamente, di fatto il pilastro di Schengen è stato già sospeso.

Rimessi quasi tutti i confini

Da quando il coronavirus ha iniziato a diffondersi in Italia, si è iniziato a creare una sorta di effetto domino sulla chiusura delle frontiere. È partita l’Austria con l’istituzione di controlli rigidi al Brennero, successivamente è stata la volta della Slovenia che ha issato barriere lungo i confini per poter controllare la temperatura corporea a chi entrava dall’Italia. Nel frattempo però, dalle istituzioni comunitarie così come da altri governo dell’Ue, Francia e Germania in primis, arrivavano dichiarazioni di verso opposto. La retorica usata in quei giorni riguardava il fatto che il “virus non conosce barriere”. Un’argomentazione poi ben presto superata dalla realtà: il Covid-19 potrebbe anche non conoscere confini, ma le persone potenzialmente contagiate sì. Per cui, ecco che poi è stato lo stesso governo di Berlino a chiudere tutte le frontiere lo scorso 15 marzo. 

A quel punto, la commissione europea presieduta da Ursula Von Der Leyen non ha potuto fare altro che prendere atto del fatto compiuto. E cioè che, chi più e chi meno, ha nuovamente istituito i confini e rimesso i controlli lungo le frontiere. Per questo la stessa commissione ha emanato delle “linee guida” in cui, tra le altre cose, sono stati previsti corridoi preferenziali per merci alimentari e rifornimenti sanitari. Ormai però, quel principio della libera ed incondizionata circolazione di merci e persone all’interno dell’Ue è apparso ad un certo punto svanito e non più esistente. Tanto che è stata proprio la commissione europea a decretare il superamento di un altro tabù, cioè quello dello stop all’ingresso di persone dalle frontiere esterne. Una norma quest’ultima che in realtà potrebbe creare più falle che rattoppi, visto che prevede la possibilità per i richiedenti asilo di accedere ugualmente nel territorio dell’Ue. Il principio però anche in questo caso è venuto a cadere e questo, sotto il profilo politico, sarà importante anche nel dopo emergenza.

Crollato il traffico aereo

C’è poi un altro elemento da tenere in considerazione e riguarda i voli interni all’Unione europea. Poter andare, da qualsiasi parte del territorio comunitario, verso altri Paesi del vecchio continente senza difficoltà ha rappresentato per anni un altro pilastro di Schengen e dunque del principio di libera circolazione di uomini e merci. Oggi non sono soltanto state chiuse le frontiere, bensì si è arrivati in molti casi anche alla sospensione dei voli. Molte compagnie oramai hanno “parcheggiato” i propri velivoli dentro gli hangar, niente voli low cost e niente facilità di spostamenti da un punto all’altro dell’Ue. In media, gli aeroporti del vecchio continente nell’ultimo mese hanno registrato un calo del 92% delle proprie attività, scali importanti come Milano Linate e Parigi Orly sono stati chiusi.

Non si viaggia più e questo non ha a che fare solo con il turismo, bensì con la stessa impostazione politica dell’Ue: i confini nazionali sono tornati ad essere riferimento, gli spostamenti a causa del virus sono limitati al massimo all’interno di un determinato territorio. Un’altra dura botta per Schengen e per quanto rappresentato fino ad oggi sotto il livello politico ed anche ideologico. In generale, si può dire che quel trattato oggi può essere considerato superato dai fatti e reso quasi vano dal virus. Lo si può dire, appunto, ma sottovoce e soprattutto non lo si può ammettere. Nessuno, specialmente in ambito europeo, dirà che a prescindere dall’emergenza Covid-19 l’area di Schengen non esiste più e che, da oggi in poi, la sua esistenza non sarà poi così scontata come in precedenza.