Il suolo britannico è ricco di tradizione e storia. In questa storia che ha attraversato i secoli, c’è anche altro: gli attentati, panificati o realizzati. Uno dei più significativi riguarda il Gunpowder Plot del 5 novembre 1605. Secondo la storia pervenuta, 36 barili di polvere da sparo furono ritrovati all’interno del Palazzo di Westminster con il fine di destabilizzare il governo dell’epoca. Dopo un’escalation di altri ciclici episodi, solo nel ventennio tra il 1971 e il 2001 si sono registrate 430 vittime, 125 delle quali legate al conflitto nell’Irlanda del Nord e 305 a problematiche terroristiche attuali. Successivamente, anche la sede dell’Mi6, il 20 settembre del 2000 subì l’attacco di un lanciarazzi RPG-22, alle 21:45. Il missile fu lanciato da tre membri del Rira, (Real Ira) dall’area della Spring Garden a soli 300 metri dall’edificio del Sis.

Il piano per il coordinamento inter-agenzia dell’intelligence

Sebbene in seguito il governo britannico abbia costituito uno dei più efficienti apparati d’intelligence del pianeta, le problematiche ad oggi non sembrano finite. La destabilizzazione di matrice islamica ed i nuovi cyber-attacchi, hanno influenzato e non poco, le politiche di riforma del servizio segreto di Sua Maestà.
Tali manovre furono disposte già nel 1994 con l’istituzione della Commissione Intelligence ISC, istituita ai sensi dell’Intelligence Services Act, ma le necessità hanno costretto ad un ulteriore rafforzamento dei suoi poteri che è avvenuto per mezzo di un strumento classificato come Justice and Security Act. La Commissione Intelligence, grazie a tale provvedimento ed in concerto con il documento attuativo del Memorandum of Understanding,  sovrintende, in una forma rinnovata alle politiche, alle spese, all’amministrazione e a tutte le operazioni di MI5, MI6, Gchq, Defense Intelligence, Joint Intelligence Organization, National Security Secretariat (Nss), l’Ufficio per la sicurezza e l’antiterrorismo, oltre al “coordinamento”delle operazioni inter-agenzia. Proprio in tale direzione, il Sis, l’agenzia d’intelligence (Humint) ed il Gchq (Sigint) stanno orientando le attività operative, con l’obbiettivo di reperire informazioni sensibili sulle intenzioni del governo moscovita.
Entrambe sono in coordinamento con l’Mi5, competente invece per le attività ostili all’interno dello stato. Quest’ultima, nell’informativa recentemente pubblicata, riferisce però che molte decisioni dopo l’attentato di Salisbury, sono prese solo trimestralmente in quanto importanti problematiche collegate alle risorse creerebbero addirittura sospensioni alle indagini sul contro-terrorismo.

La cross-Whitehall Russia Strategy

In realtà, molti cyber attacchi ed attività di disinformazione potrebbero essere stati motivati in risposta all’espansione della Nato ad est. Questo avrebbe comportato la violazione di un accordo “verbale” stipulato al tempo di Mikhail Gorbaciov, come dichiarato in un’intervista dallo stesso Vladimir Putin.
Tuttavia, il governo inglese è corso ai ripari attuando contromisure mediante una strategia di contrasto a Mosca che è detta “cross-Whitehall Russia strategy” e prevede una “visione”di cooperazione a lungo termine. Il rapporto inoltre indica che tale manovra è focalizzata su ben cinque principi condivisi, basati essenzialmente sul mantenimento aperto del dialogo e la costruzione d’interessi comuni. Totalmente differente è invece l’approccio dell’Mi6, che ha stabilito una policy polivalente con la nomina di Richard Moore. Quest’ultimo è nato  in Libia ed è fluente in lingua turca, ha ricoperto la carica di ambasciatore proprio in Turchia dal Gennaio 2014 a Dicembre 2017 ed è una figura strategica in quanto ha ricoperto il ruolo di direttore generale per l’ufficio agli affari politici ed il Foreign and Commonwealth Office, fino all’agosto 2020. La sua politica infatti, sembra orientata non solo a portare avanti le strategie della Whitehall, ma a monitorare e ridurre le problematiche anche provenienti dalla Turchia, in un probabile assetto sinergico con Dgse e Cia.

Paradosso o strategia della tensione?

Infine, sempre secondo il rapporto, è risultato da analisi approfondite che diversi governi del Regno Unito abbiano accolto negli anni fondi ed oligarchi russi, di conseguenza l’influenza di Mosca sull’establishment britannico è stata definita come “molto ampia”. Ma il paradosso è che tutto questo accade sebbene il sito web dell’MI5 continui a classificare la minaccia russa come “diminuita” dal crollo del muro di Berlino.
Tutto mentre il Ministero degli Esteri russo denuncia la cosa come una vera e propria “russofobia”.