L’esecutivo di Santiago del Cile ha accettato la richiesta dei dimostranti, che da settimane protestano contro il governo ed ha deciso di indire, per il mese di aprile, un referendum che chiederà agli elettori se vorranno o meno rimpiazzare la Costituzione attualmente vigente e redatta nel 1980, nel periodo della dittatura militare del Generale Augusto Pinochet. Il quesito referendario proporrà inoltre ai cittadini, qualora decidano di abrogare il testo costituzionale, di scegliere tra tre diverse Assemblee che dovranno redarre la nuova Costituzione: una composta interamente da delegati eletti dal popolo, una formata da delegati nominati dal mondo della politica oppure una a composizione mista. Una volta che il lavoro dell’Assemblea sarà terminato avrà luogo un secondo referendum confermativo di approvazione del testo.
Soluzione necessaria
Il Cile è una delle democrazie più stabili e prospere dell’America Latina ma è anche sede di grave ineguaglianze sociali all’interno della popolazione. La Costituzione in vigore non prevede che lo Stato sia responsabile dell’erogazione di servizi sanitari ed educativi ed i dimostranti chiedono, invece, che questo stato di cose cambi e che il modello economico neo-liberale che ispira il testo costituzionale venga compensato da rinnovate tutele sociali che proteggano i più deboli. La decisione, presa dall’amministrazione conservatrice di Sebastian Pinera, di accettare le richieste dei manifestanti giunge dopo settimane di violenti scontri tra civili e forze di sicurezza che hanno provocato almeno venti morti e mille feriti ed hanno messo in crisi le fondamenta dello Stato cileno. In un primo momento, in realtà, Santiago si era mostrata poco incline al compromesso ed era stato indetto il coprifuoco e proclamato lo stato di emergenza, nel tentativo di porre fine alle dimostrazioni. La determinazione dei manifestanti ha, infine, portato l’amministrazione a mostrarsi più aperta al dialogo: secondo alcuni sondaggi la gran parte della popolazione del Paese è favorevole all’adozione di una nuova Costituzione e l’indice di popolarità di Pinera è molto, molto basso.
Le prospettive
Il solco che separa parte della popolazione dall’apparato governativo si è allargato anche in seguito alle numerose accuse, rivolte alle forze di sicurezza, che parlano di violenze sessuali ed abusi commessi nei confronti di svariati dimostranti arrestati. Almeno tre soldati sono invece stati accusati di aver sparato sui manifestanti mentre i danni causati dalle proteste, che a volte sono degenerate in saccheggi ed in incendi, hanno raggiunto almeno il miliardo e mezzo di dollari. Difficile immaginare, in un simile contesto, un rapido riavvicinamento tra le parti ma, al tempo stesso, bisogna ricordare che nuove consultazioni presidenziali non sono previste fino al 2022 e che Sebastian Pinera non ha alcuna intenzione di dimettersi dall’incarico. Il rischio, dunque, è che uno stato prolungato di tensione possa trascinarsi nel corso dei mesi e riaccendersi periodicamente provocando scontri e violenze. Una vera pacificazione potrà aver luogo, di certo, in seguito allo svolgimento dei referendum ma anche con la punizione tanto dei responsabili delle violenze commesse sui dimostranti quanto di quei civili che hanno provocato danni e distruzioni nel corso delle manifestazioni. Le fondamenta democratiche del Cile sono a rischio e la speranza è che l’attuale crisi possa non farle crollare del tutto e generare ulteriore instabilità in una regione già alle prese con diversi problemi.