Con oltre il 78% dei consensi il Cile dice addio alla Costituzione di Augusto Pinochet. Il referendum era stato concesso dal governo dopo le proteste dello scorso anno che avevano portato, ripetutamente, piazze e strade a riempirsi di manifestanti contro il sistema cileno e la Costituzione che lo regge da almeno 30 anni. Due i quesiti a cui dover rispondere: il primo, per decretare l’approvazione o il rigetto del progetto di modifica della Costituzione, e il secondo, legato al metodo di formazione dell’Assemblea costituente di 155 seggi.

La vecchia Costituzione

L’attuale costituzione cilena risale alla dittatura di Pinochet, il dittatore militare che ha governato il Paese dal 1973 al 1990. La costituzione del 1980 è stata descritta come “doppia”, contenente cioè articoli sia transitori che permanenti. I primi avrebbero dovuto essere applicati durante il periodo di transizione del governo militare, con Pinochet come presidente e la giunta a detenere il potere costituente e legislativo. Nel 1988, la giunta avrebbe poi dovuto nominare un candidato presidenziale approvato da un plebiscito per gli otto anni successivi. Gli articoli permanenti avevano, invece, lo scopo di creare ciò che tecnicamente si definisce una democrazia protetta: in primo luogo, l’istituzione di tutele permanenti per i militari; secondo, un blocco politico verso persone, partiti e movimenti le cui opinioni e obiettivi erano stati giudicati dal Tribunale costituzionale ostili alla democrazia; terzo, una serie di controlli sulle istituzioni governative rappresentative.

Una volta tramontata l’era Pinochet, il Cile è passato a elezioni formalmente libere, ma l’eredità e i lacci della dittatura sono rimasti nella Costituzione, definendo un sistema elettorale che limitava il potere delle sinistre e favoriva i politici uscenti, riducendo il turnover politico.

Un sistema che rischia il collasso

Tutto questo ha favorito la creazione di un sistema che, anche se formalmente libero, ha blindato la democrazia cilena per almeno tre decenni. Per un po’, a confondere le acque, ci ha pensato il boom economico: con una crescita media del 7% l’anno negli anni ’90, l’economia cilena ha continuato a crescere nel nuovo Millennio. Se il boom ha ridotto parzialmente la povertà, l’introduzione forzata del modello di libero mercato (scarsamente regolamentato) ha creato delle aberrazioni che hanno concentrato potere e ricchezza nelle mani di pochi: così, pur entrando nel club dei paesi sviluppati, il Cile ha finito per essere uno dei peggiori al mondo in termini di disuguaglianze.

Così, alla soglia del Terzo Millennio, la presunta isola felice cilena ha iniziato a scricchiolare: il sistema sanitario inefficiente, la cattiva redistribuzione del reddito e la politica delle oligarchie si sono trasformate in bombe ad orologeria. Dal 1989 alcuni timidi cambiamenti hanno riguardato l’elezione diretta dei consiglieri comunali, la Corte suprema e la riforma della giustizia penale. Nel 2005 il mandato presidenziale è stato ridotto da 6 a 4 anni, riducendo l’influenza militare nella politica, trasformando il Consiglio di sicurezza nazionale in un organo consultivo del presidente, e dando al presidente il potere di licenziare i comandanti in capo delle forze armate. Poi, ancora, nel 2017 a nulla sono valsi nuovi tentativi di riforma, ampliando il numero di seggi al Congresso, modificando le regole elettorali per rendere la politica più competitiva e introducendo le famose quote rosa.

Non è bastato.

Le proteste sono montate al punto tale da riportare il Paese alle immagini del 1973: lavoratori, studenti, pensionati e comuni cittadini per le strade, da un lato, e i carabineros dall’altro. Sono tornate le devastazioni, i proiettili di gomma, le violenze sessuali sulle donne e perfino le torture. Centinaia di persone sono rimaste ferite e 36 sono stati uccise tra ottobre 2019 e febbraio 2020.

La nuova Costituzione

Un momento da più parti definito “storico”: al netto degli emendamenti susseguitisi nel tempo, le fondamenta della Costituzione cilena hanno sostanzialmente resistito dal 1980, anno in cui è stata approvata. Il testo sarebbe entrato in vigore nel marzo dell’81 ma solo nel 1990, terminata la transizione che ha portato Pinochet da abbandonare il potere, la carta è stata riconosciuta da tutto l’arco politico come legge fondamentale del Paese. Il referendum rompe questa continuità.

La lunga battaglia democratica dei cileni è appena cominciata

In attesa di scegliere i membri della Costituente, le richieste dei cittadini si raccolgono attorno alla pretesa di registrare nella nuova carta costituzionale i diritti fondamentali come l’assistenza sanitaria gratuita, l’istruzione, il diritto alla casa, sul modello delle costituzioni europee del Secondo Dopoguerra.

I 155 membri saranno scelti in occasione delle elezioni previste per l’11 aprile 2021 (l’altra opzione, di un organismo formato per il 50% da parlamentari, ha ottenuto soltanto il 21% di consensi), sulla base di un criterio di parità di genere (solo due donne figuravano tra i 12 autori della costituzione precedente) e con una rappresentanza delle popolazioni indigene, come i Mapuche. L’Assemblea costituente avvierà i lavori nel maggio 2021 e il draft finale sarà sottoposto a un referendum di ratifica popolare che si svolgerà nel secondo semestre del 2022. In caso di approvazione la nuova Costituzione entrerà in vigore immediatamente, sostituendo la precedente.

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