Il Portogallo viene spesso citato come esempio di paese virtuoso che, guidato da un governo socialista appoggiato dall’estrema sinistra e dagli ambientalisti – anche loro sempre rigorosamente di sinistra – è riuscito a ripartire grazie all’attuazione di una invidiabile politica economica. Senza superare i paletti imposti dall’Unione Europea e con un’austerity “intelligente”, il primo ministro portoghese Antonio Costa si è vantato più volte di aver contribuito a far crescere il Pil e l’occupazione e diminuire il debito pubblico. Numeri alla mano è difficile dare torto a Costa: nel corso del 2019 l’economia lusitana dovrebbe crescere dell’1,7%, la disoccupazione è arrivata a poco più del 6% dopo un abisso del 16% mentre il deficit scenderà di circa lo 0,5%. Tuttavia è possibile rigettare in toto la costruzione mediatica venutasi a creare attorno al “modello portoghese” da esportare in tutti i paesi dai conti disastrati, Italia in primis. Perché Costa ha sì ottenuto dei risultati, ma, come ha recentemente notato anche Le Monde Diplomatique, al terribile prezzo di lacrime e sangue.
Cosa si nasconde dietro al miracolo portoghese
Un castello di carte: questa è l’immagine migliore da attribuire al Portogallo di Costa. Anche se da lontano dà l’impressione di essere un bastione inespugnabile e sicuro, un castello simile è fragile e pericolosissimo per chi lo abita. Le politiche adottate dalla sinistra portoghese hanno gonfiato alcuni dati economici a discapito delle vere esigenze della società. Serve a poco sottolineare la crescita dell’occupazione se la maggior parte dei nuovi posti di lavoro sono occupazioni precarie, a tempo determinato o lavoretti di fortuna. Serve ancora a meno far scendere il debito pubblico se il prezzo da pagare comporta zero investimenti infrastrutturali e la svendita ai privati degli edifici più importanti del paese. Serve altresì a ben poco sventolare l’aumento del Pil come una vittoria se questo è garantito non tanto da una seria politica industriale ma dall’investimento di aziende straniere e dal turismo selvaggio. Due aspetti, questi ultimi, che hanno provocato rispettivamente il divampare di contratti precari e l’innalzamento a livelli vertiginosi degli affitti abitativi.
L’illusione di Antonio Costa
In conformità con le indicazioni della Troika, Costa ha ridotto all’osso la spesa pubblica e risanato le banche in crisi. E lo ha fatto anziché investire in modo massiccio nelle infrastrutture e fornire sostegno alla fascia di popolazione più debole. Il governo portoghese ha inoltre aperto le porte dell’accoglienza ai pensionati desiderosi di trasferirsi in un contesto che garantisse loro una quasi totale esenzione fiscale. Ricordiamo che il Portogallo è di fatto fallito nel 2011 e, in cambio dell’aiuto di Bruxelles, ha dovuto attuare dure politiche di austerità. Il governo Costa è una piacevole illusione ma i problemi restano al loro posto. Il turismo è il vero e unico motore del “miracolo”, pesa circa il 20% nella crescita e oltre la metà dell’esportazione dei servizi. Eppure, come spiegato, il lavoro che offre è precario. In sostanza, l’invidiabile piano anti austerità del Portogallo è esattamente l’opposto di quello che dice di essere. Fin qui era stato ben mascherato dal governo lusitano e dai media progressisti ma ora, dopo mesi di elogi immeritati, tutti i nodi sono arrivati al pettine.
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