Non c’è pace per il presidente americano Joe Biden. È risaputo che la corsa per la Casa Bianca sia una lunga maratona ma di solito risparmia, almeno nella fase delle primarie, il candidato in corsa per il secondo mandato per il quale è quasi scontato l’ottenimento della nomination da parte del partito di appartenenza. Il 2024 potrebbe però fare eccezione. Troppe le incognite e i dubbi che attanagliano gli elettori da una parte all’altra dello schieramento e un elemento di grande disturbo potrebbe arrivare da candidature anomale interne al Partito Democratico.
Il piano di Joe Manchin
La prima scheggia impazzita nella famiglia politica a cui appartiene il presidente è Robert Kennedy, figlio dell’ex segretario alla giustizia ucciso nel 1968 e fratello di John Kennedy. Le sue posizioni no vax e vicine al partito di Trump non lo rendono al momento una minaccia concreta a meno che non decida di candidarsi da indipendente. Ma è della settimana scorsa la notizia che sta mandando davvero in fibrillazione lo staff di Biden. Il senatore democratico Joe Manchin sta sondando il terreno per una sua possibile discesa in campo sotto la bandiera dei No Labels, un’organizzazione politica centrista. “Amo tutto ciò che è indipendente. Sono l’esponente democratico più indipendente che abbiate mai incontrato” ha dichiarato l’ex governatore del West Virginia aggiungendo che un candidato terzo spingerebbe i due principali partiti a spostarsi su posizioni più moderate per arrivare alla vittoria. Non è un caso che il politico noto come the maverick abbia riservato queste esternazioni ad un evento sponsorizzato dal gruppo No Labels svoltosi in New Hampshire, uno dei primi stati in cui si vota alle primarie.
Manchin non si però è spinto sino in fondo sostenendo di non aver ancora deciso se intende ricoprire tale ruolo di salvatore della democrazia americana dagli eccessi delle frange estreme. I sondaggi che starebbe consultando parlano chiaro. Secondo una rilevazione condotta a maggio dalla Reuters/Ipsos quattro repubblicani su dieci pensano che Donald Trump non dovrebbe ricandidarsi. Stesse perplessità manifestate dagli elettori democratici. Numeri impietosi confermati anche da un altro sondaggio svolto il mese scorso dal settimanale The Economist. Il 33% degli elettori è favorevole a una nuova candidatura del tycoon con appena il 26% degli intervistati entusiasti da un possibile secondo mandato di Biden.
È in questa situazione di grande incertezza e frustrazione dell’elettorato che prova quindi ad insinuarsi Joe Manchin, il 75enne considerato la vera nemesi dell’attuale inquilino della Casa Bianca. Al Senato, dove una singola defezione può fare la differenza tra una grande vittoria e una bruciante sconfitta per il Partito Democratico, il suo voto è stato spesso determinante. Le prese di posizione da conservatore moderato per le quali il New York Times lo ha definito il senatore più potente degli Stati Uniti hanno spesso richiesto lunghe telefonate da parte del presidente Biden per garantire il passaggio di importanti provvedimenti legislativi.
Dal West Virginia per un partito più moderato
Lo stato da cui proviene Manchin, il West Virginia, è uno di quelli che ha una popolazione fortemente omogenea, bianca, poco istruita e tra le più povere degli Stati Uniti a causa della chiusura delle sue miniere di carbone. Tutti ingredienti che nel 2016 hanno spinto molti elettori in molti stati chiave a votare per Trump. È a questi “dimenticati”, vittime di un mondo soggetto a cambiamenti troppo rapidi, che si rivolge il senatore quando dichiara di essere contrario all’aborto, alle restrizioni sulle armi e a favore degli investimenti nei combustibili fossili.
Tutto ciò spiega il progetto di Manchin di spingere il Partito Democratico, troppo a sinistra, e quello repubblicano, troppo a destra, a tornare al centro per riprendere consensi anche tra gli indipendenti, una categoria ritenuta influente e corteggiata ad ogni tornata elettorale. Potrebbe essere ancora presto per capire le intenzioni del senatore il quale ha anticipato che aspetterà la fine dell’anno per decidere se ricandidarsi al seggio per il West Virginia. Ha provato a fornire una tabella di marcia Pat McCrory, l’ex governatore della Carolina del Nord e attivista del movimento No Labels, secondo cui il suo gruppo potrebbe presentare ufficialmente un candidato presidente a patto che abbia una possibilità credibile di vincere e qualora entro il Super Tuesday, giorno previsto ad inizio marzo in cui si svolgono le primarie in molti stati, dovesse essere certo che Biden e Trump siano gli sfidanti alle elezioni del 2024.
La senatrice repubblicana Lisa Murkowski ha già fatto sapere che in quella circostanza voterebbe per Manchin. Non è chiaro se il senatore stia davvero puntando a sparigliare le carte da terzo incomodo o miri ad esercitare pressione sulla Casa Bianca per ottenere un posto di primo piano nella prossima eventuale amministrazione democratica. In ogni caso la sua influenza sembra destinata ad aumentare e Biden dovrà tenerne conto.