Una soluzione politica e diplomatica per risolvere la guerra in Siria. È questa la decisione adottata dai leader di Turchia, Russia e Iran in occasione del loro quinto vertice trilaterale, che si è svolto lunedì scorso (16 settembre) ad Ankara.

Preoccupati del continuo deterioramento della situazione umanitaria a Idlib, Recep Tayyip Erdogan, Vladimir Putin e Hassan Rouhani hanno deciso di “intraprendere azioni concrete, per porre fine alle violazioni degli accordi” conclusi negli scorsi anni. Il riferimento è, in particolare, al Memorandum di Sochi – firmato da Putin ed Erdogan nel settembre 2018 – che prevedeva la creazione di una zona demilitarizzata a Idlib e il contrasto al gruppo estremista Hayat Tahrir Al-Sham (Hts), presente nel governatorato.

Il primo passo in questa direzione è l’istituzione di un Comitato speciale – che include rappresentanti del governo siriano, dell’opposizione e della società civile -, con il compito di redigere una nuova Costituzione.

Il dossier Idlib

Pur avendo raggiunto un accordo sui membri del nuovo Comitato – che, secondo Putin, si rivelerà “decisivo per la normalizzazione della situazione” in Siria -, i tre leader continuano a mantenere posizioni divergenti su Idlib e il nord della Siria.

Il cosiddetto territorio del “Grande Idlib“, in particolare, è stato al centro del summit. Il territorio – che comprende parte dei governatorati di Hama, Idlib e Latakia – rappresenta l’ultima grande roccaforte ancora sotto il controllo dell’opposizione siriana. Ma Idlib è anche l’enclave siriana di Hayat Tahrir Al Sham, un’organizzazione militante del salafismo jihadista coinvolta nella guerra civile siriana, precedentemente affiliata ad Al Qaeda.

L’intera regione si trova coinvolta nella guerra dallo scorso aprile, quando le forze del presidente Bashar al Assad, sostenute dalla Russia, hanno lanciato un’offensiva militare nel territorio, con lo scopo liberare il Paese dalla minaccia del terrorismo. A Idlib, tuttavia, sono presenti anche 12 postazioni di controllo turche – secondo l’accordo concluso nel 2017 tra Ankara, Mosca e Teheran -, anche queste colpite dalle forze governative siriane.

Idlib, infine, è il luogo in cui si gioca la partita tra Ankara e Mosca, che sostengono parti avverse del conflitto civile siriano, rispettivamente l’opposizione e le forze di Assad. Erdogan, infatti, mira a sfruttare la sua influenza sull’opposizione a Idlib per negoziare una zona cuscinetto nel nord della Siria. Tuttavia, l’avanzata del presidente siriano sta compromettendo il potere negoziale acquisito da Ankara in Siria.

La “zona sicura” nel nord della Siria

L’evoluzione del conflitto nel territorio di Idlib ha modificato le priorità di Erdogan, preoccupato per l’ondata migratoria che si è riversata nel suo territorio nazionale. Durante il vertice trilaterale, il presidente turco ha parlato anche della creazione di una “zona sicura” nel nord della Siria, che dovrebbe estendersi fino a Deir Ezzor e Raqqa, consentendo a più di tre milioni di sfollati siriani di tornare in patria.

L’idea di un “corridoio sicuro” al confine tra Siria e Turchia non è nuova; temendo che la nascita di uno stato curdo al di là dei suoi confini possa galvanizzare i curdi in Turchia, già da tempo Ankara mira a controllare completamente il territorio settentrionale della Siria, consolidando la sua presenza nel distretto di Afrin e spingendosi fino a Manbij, attraverso la città di Tel Rifaat.

Peraltro, un primo passo verso la realizzazione della “zona sicura” è stato fatto all’inizio di settembre, quando le forze turche e statunitensi – alleate delle milizie curde siriane – hanno dato il via libera alla prima operazione di pattugliamento congiunta nell’area di confine, sulla base dell’accordo raggiunto il 7 agosto tra Washington e Ankara.

In occasione del summit, né Putin né Rouhani hanno commentato le parole di Erdogan. Tuttavia il presidente iraniano ha invitato tutte le forze straniere – comprese le truppe statunitensi – a ritirarsi immediatamente dalla Siria, affermando che soltanto “il confronto diplomatico, e non quello militare, può garantire la pace” nel Paese.

Vittoria di Mosca e Damasco

Molti passi devono ancora essere compiuti per stabilizzare la Siria. Ma l’ultimo vertice trilaterale ha mostrato con chiarezza che la vera partita si giocherà soprattutto tra Putin e AWssad, emersi come vincitori della guerra civile siriana. La stessa istituzione del Comitato che redigerà la nuova costituzione costituisce una vittoria politica per Putin. Entrata nel conflitto con uno scopo e una strategia chiari e assuntasi fin dal principio un impegno militare pieno, Mosca è riuscita a realizzare l’obiettivo che si era prefissato: mantenere Assad al governo del Paese.