Ad essere raggiunta dai bombardamenti americani in queste ore è la città di Sirte; posta nel cuore dell’omonimo golfo, il suo territorio è in un luogo strategico trovandosi quasi esattamente a metà strada tra Tripoli e Bengasi. Sarà per questo che Sirte può essere considerata una sorta di Falluja libica, una città che è da sempre protagonista di ogni evento importante che coinvolge il paese; essa ha dato infatti i natali a Muhammar Gheddafi, il rais che ha governato dal 1969 fino all’intervento della NATO del 2011, nel 1999 ha ospitato la riunione con i capi di stato di tutto il continente nero che ha dato vita all’Unione Africana, adesso è centro nevralgico del califfato islamico in Libia, roccaforte jihadista oggetto quindi dei raid a guida USA.Per approfondire: Gli Usa tornano a colpire in LibiaDa Sirte però, è bene ricordarlo, non partono la maggior parte dei barconi diretti presso le nostre coste; proprio quella profonda insenatura su cui sorge, fa sì che la città si trovi in uno dei punti in cui la costa libica si allontana maggiormente da quella siciliana. Dunque, da sempre gli scafisti ed i trafficanti di esseri umani non usano Sirte come rampa di lancio per il loro carico di disperati e per quelle traversate così tante volte, specie negli ultimi anni, trasformatesi in ignobili tragedie; questo è solo uno dei motivi per cui le operazioni militari americane partite nelle scorse ore, non servono a rallentare il flusso di migranti pronto a salpare dalle coste libiche, soprattutto in questo mese di agosto in cui è previsto un mare sostanzialmente ideale per le traversate.Gli scafisti usano altri porti ed altre spiagge per organizzare i viaggi della speranza: Sabratah, Zuara, ez Zauia, la stessa Tripoli, sono queste le località da cui partono la stragrande maggioranza dei barconi che approdano in Sicilia ed esse sono tutte città lontane diversi chilometri da Sirte e soprattutto da quei labili ma molto temuti confini dello Stato Islamico in Libia.Uno dei motivi per i quali il governo italiano ha espresso il parere favorevole all’inizio delle operazioni USA su Sirte, riguarda proprio la speranza di una maggiore stabilità dell’ex colonia e quindi soprattutto la fine o quantomeno la diminuzione dell’ondata di sbarchi; è stato lo stesso Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ad affermare come i raid statunitensi servono per sperare in una drastica diminuzione della pressione migratoria sull’Italia. In realtà però, come detto, i bombardamenti su Sirte da questo punto di vista potrebbero non essere così funzionali e non solo per le ragioni geografiche sopra esposte.Per approfondire: In Libia si rischia di armare IsisL’azione degli USA, appare soprattutto una prova di forza contro gli altri attori interni ed esterni che si oppongono al governo di Al Serraj, ossia l’unico legittimato dall’ONU ma al tempo stesso non riconosciuto da diverse fazioni libiche (soprattutto in Cirenaica) e da numerosi governi; dare aperto appoggio, a suon di raid aerei su Sirte, ad Al Serraj rischia di destabilizzare ulteriormente lo scacchiere libico e di frazionare sempre di più l’intricato mosaico di alleanze e fazioni di cui è composta la Libia del dopo Gheddafi. Le prime reazioni internazionali non riflettono in coro l’approvazione giunta da parte italiana subito dopo la notizia dei bombardamenti; la Russia, in primis e come anticipato nelle scorse ore, giudica illegale l’azione USA: secondo la diplomazia del Cremlino, Al Serraj non ha né la forza e né la legittimità per chiedere un intervento internazionale.La prova di forza su Sirte spiazza il parlamento di Tobruk (l’altra entità che intende rappresentare la Libia, uscita fuori dalle elezioni del 2013 e poi ‘posata’ da gran parte dell’occidente) e soprattutto i suoi alleati, a partire da Francia ed Egitto; il generale Haftar dal canto suo, legato a Tobruk, fiuta la sconfitta e soprattutto l’esser preceduto dalle milizie di Misurata e dagli altri gruppuscoli fedeli ad Al Serraj nell’arrivare a Sirte. Prendere per primi la città natale dell’ex rais Gheddafi, vuol dire aggiudicarsi una gran fetta di Libia e soprattutto le porte di accesso agli stabilimenti petroliferi tra i più grandi del Paese; gli USA hanno voluto giocare in anticipo, le milizie fedeli a Tripoli da settimane sono già avanti nella lotta all’ISIS a Sirte, tanto che secondo molti analisti i raid in tal senso hanno una limitata utilità pratica nella battaglia per la città, ma Washington non sembra avere la volontà di andare incontro ad altri fallimenti ed ha voluto evitare sorprese od avanzate di attori del campo avversario.Per approfondire: Siamo pronti alla guerra in Libia?Il raid su Sirte ha questo tra i suoi principali obiettivi: arrivare prima di altri nella rincorsa all’accaparramento delle risorse di un paese smembrato dall’intervento deleterio della NATO del 2011. Ma questa prova di forza made in USA, rischia di avere strascichi pesanti, specie tra chi non vuole affatto deporre le armi o giurare fedeltà ad Al Serraj; tutt’altro, il raid americano sembra spezzare ogni catena di dialogo tra le parti in causa: nei giorni scorsi il viaggio di Haftar a Mosca, ha spinto in tanti ad immaginare nella figura del generale, addestrato dai sovietici negli anni 70 e vissuto negli USA fino alla morte di Gheddafi, un interlocutore capace di poter iniziare a tessere le fila tra Cremlino e Casa Bianca e tra le varie parti in conflitto in Libia. Ma il raid che va avanti da lunedì, spezza ogni possibile speranza di vera riconciliazione nazionale, unica condizione necessaria affinché l’interesse più importante dell’Italia, legato al contrasto dell’immigrazione, può essere assecondato.Chi afferma che le operazioni militari in corso a Sirte aiutino a fermare gli affari dei trafficanti di esseri umani, dice il falso; la città sotto attacco non è, come detto in precedenza, base per i viaggi della speranza e la situazione in Libia rischia di destabilizzarsi sempre di più. Bisogna quindi attendersi, al contrario, mesi difficili in cui le coste di fronte la Sicilia potrebbero essere sempre più incontrollate ed incontrollabili.
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