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Il Rassemblement national continua ed accentua la virata ecologista fissando la difesa dell’ambiente come la seconda priorità della sua agenda. Jordan Barella, da poche settimane neo presidente del partito ormai post lepenista, non ha dubbi: “La nostra famiglia politica commetterebbe un pesantissimo errore se sottovalutasse la questione ambientale, non possiamo chiudere gli occhi e comportarci come da trent’anni si comporta stoltamente la sinistra riguardo al problema dell’immigrazione. Bisogna agire, smettere di negare l’evidenza e attrezzarci culturalmente e politicamente”.

Un altro passo in avanti rispetto alle posizioni già ambientaliste di Marine Le Pen. Come sottolinea Gennaro Malgieri, raffinato osservatore della scena francese, dal 2020, in vista delle elezioni presidenziali, la bionda signora ha “mandato in soffitta l’istero antieuropeismo, per puntare con successo, su un’ecologia “paysanne”, popolare e populista, che vuole proteggere i paesaggi dall’invasività dell’eolico e tutelare i diritti degli animali. Per la Le Pen il progetto macronista di “protezione dell’ambiente e della diversità biologica dei cambiamenti climatici” sono soltanto parole vuote. Lei ha contrattaccato con decisione rivolgendosi ai francesi: volete che tutti i prodotti alimentari siano etichettati in modo dettagliato? La Francia deve continuare a investire nel nucleare, la sola energia libera dall’inquinante carbone? Siete favorevoli a limitare la costruzione di nuovo giganteschi supermercati e a favorire i mercati di prossimità? E via di questo passo. Per lei difendere dell’ambiente vuol dire tutelare la piccola economia, opporsi al globalismo e ai distruttori dell’economia agricola francese”.

Il vero ispiratore di questa svolta nazional-ecologista era Hervé Juvin, deputato europeo del RN e scrittore di saggi di successo editati da Gallimard, tra i quali “La grande separazione: per una ecologia di civiltà” e “L’Occidente globalizzato: controversia sulla cultura planetaria” scritto in collaborazione con Gilles Lipovetsky. Un uomo certamente intelligente, al punto che Marine in ogni dibattito lo proponeva come il “suo” ipotetico ministro dell’Ambiente, ma quantomeno sfortunato. Juvin in questi mesi è incappato in un’opaca storia di violenze domestiche ed è stato condannato in tribunale. Amen.

Bardella però non ha perso tempo e lo ha allontanato discretamente dal partito. Al tempo stesso il lanciatissimo erede della dinastia Le Pen ha affidato il delicato dossier ad un gruppo di lavoro formato da fedelissimi: Andrea Kotorac, Pierre Meurin, Pierre Romain Thionnet e Mathilde Androuet. I quattro hanno subito fissato una discontinuità con il pensiero di Juvin — ai loro occhi solo una riedizione attualizzata del pensiero molto gallico e troppo reazionario di Charles Maurras — allargando gli orizzonti e i loro punti di riferimento.

In primis, vi è l’opera di Roger Scruton, il pensatore inglese recentemente scomparso autore di “Green Philosophy”, la bibbia del conservatorismo verde. Non a caso i documenti parlamentari del RN riportano ora in bell’evidenza una delle frasi più significative di Scruton: «L’ambientalismo è la quintessenza della causa conservatrice, l’esempio più vivo nel mondo, così come lo conosciamo, di quel partenariato fra i morti, i vivi e i non ancora nati, di cui Burke faceva l’apologia e vedeva come l’archetipo del conservatorismo».

In più, per controbattere il fenomeno mediatico Greta Thumberg e la conseguente narrazione catastrofista, il partito di Bardella ha fatto proprie le tesi del fisico americano Steven Koonin, ex direttore del Center of Urban Science and Progress di New York e già collaboratore dell’amministrazione Obama. Il docente ha pubblicato “Unsettled?” un saggio fortemente critico sull’”ecologismo punitivo” e la gestione del cambiamento climatico; un atto d’accusa verso il mondo accademico e le politiche liberal da mesi in vetta alle classifiche statunitensi. Le tesi di Koonin sono musica per le orecchie dei post lepenisti.  Mathilde Androuet intervistata da “Le Monde” non ha avuto problemi a citare il professore americano per sostenere che il «riscaldamento climatico è una realtà, ma la vera domanda è quanto incidono le attività umane sul fenomeno. Al di là delle encicliche delle lobby globaliste, non ci sono soluzioni unilaterali o dogmi. Il dibattito è apertissimo». Dunque pragmatismo e uno sguardo attento sul nucleare di nuova generazione.  L’energia del futuro.

Altrettanta attenzione i Bardella Boys dedicano alle tesi, ben più strutturate della precedente narrazione di Juvin, eleborate dalla Nouvelle Droite di Alain de Benoist, un movimento di pensiero sideralmente lontano dal populismo dei fiammisti transalpini (e perciò da sempre inviso ai Le Pen padre e figlia) ma attento all’”ecologia profonda” — il filone di pensiero scaturito dai lavori del teorico norvegese Arne Naess — e scettico sul cosidetto “capitalismo verde” e sul “gretismo”.  Un salto di qualità inatteso che probabilmente prelude ad una nuova metamorfosi della travagliata quanto sorprendente destra francese.