Dopo che l’anno scorso il processo di adesione all’Unione europea per Albania e Macedonia del Nord venne fermato soprattutto per le volontà del presidente francese Emmanuel Macron, il 2020 potrebbe segnare un punto di svolta per Skopje e Tirana. Come riportato da Ekathimerini, nella giornata di venerdì il presidente del consiglio europeo Charles Michel si sarebbe confrontato con Edi Rama, presidente dell’Albania, nella capitale del Paese. A seguito del confronto, lo stesso Michel avrebbe ribadito le volontà dell’Europa di accogliere Tirana al suo interno, sottolineando i grandi sforzi compiuti negli ultimi anni dalla popolazione albanese. Analogo discorso è stato quindi esteso anche alla vicina Macedonia del Nord durante l’incontro avvenuto lo stesso giorno a Skopje, Paese che lo scorso anno ha visto bloccata l’adesione con le stesse motivazioni – o meglio, paure – addotte per l’Albania.

“Il futuro dei Balcani occidentali dovrebbe essere l’Europa”

La frase pronunciata dal presidente del Consiglio europeo ha un duplice interpretazione. Mentre da un lato sottolinea la necessità – che discende anche da questioni geografiche – dell’Europa di inglobare all’interno del mercato comune anche i Paesi dei Balcani occidentali, dall’altro evidenzia le paure di Bruxelles di perdere dei possibili partner di collaborazione internazionale. Negli ultimi anni infatti gli investimenti russi e cinesi soprattutto nei Paesi dell’ex-Jugoslavia si sono fatti molto più ingenti, collaudando una collaborazione internazionale che, se protratta nel tempo, allontanerebbe definitivamente i Balcani dalla sfera di influenza europea. Lo scenario diventerebbe al tempo stesso anche pericoloso per una questione legata alla posizione centrale dei Balcani nella geografia dell’Europa, con la costruzione di un enclave interna all’Europa sotto il controllo di Mosca e di Pechino.

I turchi alle porte hanno messo Bruxelles sulla difensiva

Nell’ultimo anno anche la Turchia ha cercato di entrare insistentemente nei Balcani, giocando soprattutto sulla storia comune dell’Impero ottomano e sulla condivisione dei valori musulmani con la maggioranza del popolo albanese e con la Bosnia-Erzegovina. È forse stato proprio questo ultimo fattore quello che ha spinto l’Europa a dare un’accelerata, mettendo da parte le riserve della Francia, per permettere un ingresso relativamente rapido dei paesi all’interno della Comunità europea. Persino la Grecia, contrariamente a quanto prospettato negli anni precedenti, ha preferito la soluzione, nonostante le diatribe che si sono risolte soltanto da pochi mesi con la Macedonia del Nord per la questione del nome del Paese e con le dispute territoriali con l’Albania.

La grande sfida di Bruxelles

Nonostante le esigenze dell’Europa di salvaguardare sia la propria sicurezza sia il proprio mercato, alla base dell’adesione c’è il rispetto di stringenti canoni anche legati ai bilanci dei Paesi, oltre al grado di salute dell’apparato pubblico e democratico. Prerogative queste però che non sono state completamente raggiunte e nel 2019 ciò era stato discriminante per appoggiare i dubbi di Macron circa la possibilità che un’apertura ad Albania e Macedonia si potesse trasformare in una nuova migrazione verso Paesi dall’economia più avanzata.

Un’ingresso dei Balcani nell’Unione europea dovrà quindi essere subordinato ad un ingente piano di investimenti nella regione, come sottolineato dallo stesso Michel durante la conferenza di Skopje con il presidente macedone Stefan Pendarovski. L’idea, tradotta, è quella di evitare la situazione della Romania e dell’Ungheria di inizio secolo e che si è parzialmente ripetuta anche con l’ingresso nella Comunità europea della Croazia. Questa, prima ancora della presenza straniera, sarà la sfida più grande che Bruxelles dovrà affrontare per l’ingresso all’interno del mercato unico dei Paesi balcanici occidentali.

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