I 28 leader politici dell’Unione europea stanno discutendo con il premier turco Ahmet Davutoğlu un piano che preveda il respingimento dei flussi migratori sulla rotta balcanica e la redistribuzione dei migranti all’interno dell’Unione europea. La Ue chiede ad Ankara di accettare di riprendere sul proprio territorio i migranti e i profughi che si trovano sulla rotta balcanica entro quattordici giorni dal loro arrivo in Grecia. Tra questi anche i siriani, in fuga dalla guerra. Se questo accordo entrasse in vigore, i 28 paesi dell’Unione europea riapriranno le frontiere interne e ripristineranno gli accordi di Schengen.La bozza dell’accordo prevede che i migranti e i profughi sulla rotta balcanica siano rimandati in Turchia. Tra questi anche i siriani e coloro che hanno fatto domanda di asilo in Grecia. Verrebbe stabilita una data di ingresso dei profughi in Grecia che servirebbe per decidere chi abbia il diritto di restare e chi invece debba essere riportato in Turchia. I profughi e i migranti sarebbero trasferiti dalle isole greche alla Turchia via nave, mentre altri mezzi navali turchi, insieme a quelli di Frontex e a della Nato si occuperebbero di pattugliare il mar Egeo e riporteranno in Turchia tutti i migranti e i profughi soccorsi. Per dare il proprio assenso la Turchia chiede agli europei tre miliardi di euro in più rispetto a quelli già promessi nel novembre del 2015 dai leader europei, per una cifra complessiva di sei miliardi che verrebbero utilizzati per gestire i campi profughi nel suo territorio e per affrontare l’afflusso di profughi siriani.Oltre ai soldi il governo turco chiede anche la liberalizzazione dei visti per i propri cittadini a partire dal 1 giugno di quest’anno. Ankara chiede infine che l’Europa metta in piedi un corridoio umanitario per i siriani: per ogni siriano sulla rotta balcanica che la Turchia si riprenderà, l’Unione europea ne ammetterà uno sul suo territorio con un visto umanitario.Se l’accordo venisse raggiunto l’Unione Europea cambierebbe radicalmente le proprie posizioni in materia migratoria. La scorsa estate la Germania aveva dettato la linea e si era fatta promotrice dell’accettazione dei profughi in nome dell’emergenza umanitaria. Come spiegò il presidente del parlamento tedesco Norbert Lammert “abbiamo accettato centinaia di migliaia di persone pur non essendo ciò previsto dal diritto, ma abbiamo ritenuto che in una situazione di emergenza eccezionale fosse necessario adottare misure che superassero il diritto vigente”. Oggi anche la posizione tedesca sembra essere cambiata radicalmente. A spiegarlo è Roberto Cortinovis, ricercatore presso la Fondazione Ismu ed esperto di politiche di immigrazione europea.L’accordo in discussione tra Turchia e Ue prevede che i migranti sulla rotta balcanica vengano rimandati in Turchia. Non è una contraddizione con quanto proposto da Angela Merkel la scorsa estate, quando aveva invocato l’accoglienza in nome dell’emergenza umanitaria? Sì, dal punto di vista normativo lo è. Quella in fase di negoziazione è una nuova posizione sia tedesca che europea, giustificata dal fatto che quella della scorsa estate era posizione legata a una situazione di emergenza che però non può essere sostenuta nel lungo periodo. Oggi la Ue si sta facendo portavoce di un negoziato con la Turchia per l’interrompere il flusso balcanico. Se l’attuale bozza dell’accordo venisse approvata, però, non rispetterebbe le istanze di protezione dei migranti previste dalla Convenzione di Ginevra, che prevedono che non si possa trasferire o respingere una persona il cui Paese a sua volta non si impegni a rispettare tale trattato, come lo è nel caso della Siria. In caso di approvazione dell’accordo, dunque, verrebbe messa in atto una violazione dei diritti e delle norme previste dal diritto internazionale. Numerosi osservatori internazionali, inoltre, esprimono seri dubbi circa la reale volontà da parte della Turchia di assolvere quanto si impegnerebbe a fare.Le navi di Frontex e della Nato avrebbero il compito di respingere i migranti e riportarli in Turchia. Non è l’esatto contrario di quanto era previsto da Mare Nostrum? Lo è. Si tratta di una decisione prevalentemente tedesca in parte figlia del crescente malcontento interno rispetto alle politiche migratorie del governo. In Germania le elezioni sono imminenti e la Merkel si è resa conto che lo slogan “refugees welcome” non è sostenibile per sempre e sta provando a ridimensionare l’apertura liberale e incondizionata fatta precedentemente. Sta favorendo un nuovo punto di vista paneuropeo che salvaguardi l’unità e moderi le posizioni più radicali, come quella austriaca. La Germania si è per questo posta in un ruolo prioritario nei negoziati. Basti pensare che la bozza dell’accordo è stato deciso durante una cena informale tra la Cancelleira e  Ahmet Davutoğlu e poi presentata agli altri Capi di Stato. La Merkel è di fatto il broker europeo che negozia con il governo turco, l’unico attore che detti le linee della finora inesistente politica estera comunitaria. Cosa, questa, che è stata confermata non senza stizza dalle parole di Donald Tusk, che ha definito la Cancelliera proprio come l’interprete delle relazioni europee con i gli attori extracomunitari. Le posizioni all’interno della Ue sono però estremamente divergenti. Viktor Orbàn e i Paesi del Gruppo Visegrad, per esempio, sono fortemente contrari di reinsediamento verso la Ue dei migranti respinti in Turchia. Questa clausola, prevista nell’accordo, introdurrebbe di fatto un nuovo modo di distribuire quote di migranti nei diversi Paesi europei, un’alternativa alle quote vincolanti da tempo richieste dalla Germania ma che finora non hanno avuto successo a causa delle opposizione. Si tratterebbe, de facto, di una forma di legalizzazione della migrazione verso l’Europa attraverso la rotta balcanica, quando formalmente l’obiettivo della Ue sarebbe quello opposto.In caso l’accordo passasse e venisse approvato il meccanismo di reinsediamento e quindi delle quote obbligatorie, che conseguenze avrebbe questo per l’Italia, il cui governo si è da sempre detto favorevole alla redistribuzione equa dei migranti?Anche se il meccanismo di reinsediamento venisse approvato e venisse dunque legalizzata l’immigrazione, ciò non risolverebbe il problema originario, ossia che milioni di persone fuggono da determinati territori. I flussi sarebbero comunque troppo consistenti per redistribuirli tutti in Europa in maniera equa, per ciò è probabile che, in caso di raggiungimento dell’accordo, la rotta balcanica venga militarizzata. La storia ci insegna però che chiudendo una rotta il flusso trovi strade alternative, è probabile dunque che l’Italia venga fortemente colpita da nuovi arrivi dei migranti dalla Libia oppure direttamente dalla Turchia. I presupposti non sono buoni e rimarranno tali finché ci sarà pressione continua dai Paesi d’origine.Perché l’accordo entri in vigore serve però la collaborazione della Turchia. Che, per occuparsi dei migranti, chiede non solo soldi ma anche la liberalizzazione dei visti perché i propri cittadini possano circolare in Europa. Sembra dunque che i migranti vengano usati come merce di scambio. Non è vero?Sicuramente sì. L’utilizzo dei migranti come mezzo per ottenere favori durante le trattative è una caratteristica degli accordi nel Mediterraneo. Lo stesso avvenne con gli accordi italo-libici del 2009. L’immigrazione è uno strumento di ottenimento di garanzie economiche, commerciali e politiche. E il comportamento del governo turco ne è l’esempio lampante. A seguito della crisi migratoria si è riiniziato a parlare dell’ingresso della Turchia nella Ue, cosa che era stata esclusa da anni. Usando la minaccia delle migrazioni come contropartita la Turchia sta facendo chiudere gli occhi ai propri interlocutori sulla tutela dei diritti umani, come la libertà di stampa. Nel documento non c’è condanna per i comportamenti del governo turco nei confronti dei media. Tutto passa in secondo piano rispetto alla questione migratoria.Se l’accordo verrà concluso i 28 Paesi della Ue riapriranno le frontiere interne e ripristineranno l’area di Schengen. Sembra che la Ue stia sacrificando i migranti in nome della salvaguardia del mercato unico. E’ vero, possiamo dire che i migranti stiano salvando Schengen. Chi richiede protezione internazionale non potrebbe essere sanzionato. Il funzionamento di Schengen è però in estrema crisi e per salvarlo vengono violate sistematicamente le regole del diritto internazionale. Ciò mostra tutta la debolezza di un sistema europeo non in grado di gestire le proprie frontiere e che abbandona i Paesi mediterranei, ai quali non possono essere scaricate tutte le colpe. Alcuni membri della Ue hanno addirittura proposto l’espulsione della Grecia, cosa che sarebbe del tutto inutile oltre che insensata.Sembra che lo spazio unico europeo stia mettendo in concorrenza i popoli europei non solo reciprocamente, ma anche con i popoli extraeuropei. Potrebbe questa crisi portare all’implosione dell’intero sistema europeo?Ci sono tutti gli elementi che lo rendono possibile. Il sistema europeo è cresciuto senza affrontare alcune domande centrali di natura politica, pensando che il processo di integrazione si sarebbe fatto da sé attraverso l’approvazione di misure standard che nel lungo periodo avrebbero automaticamente creato un sistema unico. Si è trattato di una visone ideologica della Ue con un forte carico di fiducia per il progresso. Ciò non ha funzionato e questo sistema è crollato. Lo shock siriano mette in luce come questo sistema non sia in grado di affrontare questioni politiche, ma che faccia riaccendere gli animi e le posizioni nazionali anti-europeiste. Oggi va riconosciuto che lo Stato nazionale è ancora l’assoluto protagonista ed è più centrale che mai. I protagonisti sono i governi nazionali, l’europeismo non è un dato di fatto scontato e non ha più un consenso tale a livello politico da poter continuare ad essere promosso in questa forma. Anche Paesi governati dal Centrosinistra come l’Italia e la Francia stanno assumendo posizione maggiormente euroscettiche e di chiusura delle frontiere per fare fronte alla crescita dai partiti anti-europeisti. In Francia il primo partito nazionale è addirittura il Front National, movimento fino a qualche anno fa considerato come impresentabile perchè rivendicava un’aperta continuità ideale con il passato nazifascista dell’Europa. Un consenso, il suo, che senza l’attuale crisi di sistema non sarebbe mai cresciuto.@luca_steinmann1





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