Dopo una lunga e travagliata trattativa, il premier britannico Boris Johnson e l’Unione europea sono giunti ad un accordo per l’uscita del Regno Unito. Tuttavia, nonostante i festeggiamenti degli attori del confronto, le cose non sembrano accingersi ad avere un proseguimento. Non è bastato dunque il difficile dialogo tra le parti. E anche il voto di martedì, nonostante sia un primo sì di Westminster al governo, indica che i punti interrogativi sono molti, a partire dalla tempistica.

Che cosa sembra però non convincere i politici britannici dell’accordo raggiunto tra Downing Street e Bruxelles? Il punto chiave attorno al quale ruotano le principali preoccupazione nella stipula dell’accordo è quello costituito dal difficile ed unico confine che separa il Regno Unito dall’Unione Europea: l’Irish border.

Alla stipula attuale dell’accordo, la regione dell’Ulster, rimasta sotto il controllo britannico dopo l’indipendenza dell’Eire, potrà liberamente decidere se mantenere o meno il backstop, ossia il territorio doganale unico tra Regno Unito ed Unione europea. Questa decisione è sinonimo sostanzialmente di gettare la palla a Belfast, unica regione che si potrà incaricare della decisione di preferire la salvaguardia della frontiera economica britannica rispetto alla libera circolazione delle merci e delle persone, che porterebbe ad un ritorno dell’hard border, che non troverebbe sicuramente il suo appoggio da parte della popolazione cattolica del Paese.

Il Partito unionista nordirlandese (Dup), il quale per mezzo dei propri portavoce (nonostante la possibilità di otto voti favorevoli al suo interno) aveva già espresso la propria volontà di votare negativamente alla Camera dei Comuni, è stato di parola. La priorità è rimanere all’interno del solo sistema doganale del Regno Unito. Opinione contraria è invece quella dettata dal partito dello Sinn Fein (rappresentante principale della popolazione cattolica del paese) il quale, sebbene contrario ad un’uscita dall’Unione europea, dichiara di preferire un accordo che di fatto rimanda la decisione reale della regione rispetto al rischio di una Hard Brexit, che ristabilirebbe la dogana di confine e impedirebbe il mantenimento del doppio sistema doganale, come previsto dalla bozza di accordo. La paura reale per quanto riguarda l’Irlanda del Nord è il rischio di ritornare agli anni bui della seconda metà del secolo scorso, con un inasprirsi dei rapporti tra la popolazione protestante (maggiormente legata a Londra) e la popolazione cattolica del paese (maggiormente legata a Dublino).

Non è un caso infatti che l’organizzazione paramilitare della New Ira abbia ripreso gli arruolamenti giocando sui timori della popolazione e sull’ipotesi peggiore: quella che porterebbe ad un nuovo hard border.

È da sottolineare infatti come la percentuale di popolazione che votò a favore della permanenza nell’Ue fosse quella delle province di confine, mentre il grosso dei voti conquistati dal “Leave” furono acquisiti a Belfast e dintorni. Se la questione si limitasse puramente alla riscossione dell’Iva sulle merci importate in Irlanda del Nord dalla frontiera con l’Eire, probabilmente l’accordo si sarebbe già chiuso di un pezzo. Il nocciolo è costituito dal pericolo di entrambi i contraenti di non vedere completa la propria divisione. In sintesi, il Regno Unito corre il rischio che le merci vengano importate sul suo territorio senza il pagamento dei dazi doganali mentre l’Unione vede il rischio di mancati versamenti dell’Iva. Il tutto in un territorio dove gli animi indipendentisti si sono addormentati ma non si sono spenti definitivamente e rischiano di essere risvegliati da accordi malfatti o dalle conseguenze significative.

L’Ulster inoltre non gode di un sistema economico interno solido come quello delle regioni britanniche e una condizione di indecisione legato ai regimi fiscali e di dazi doganali potrebbe portare ad una pesante recessione che non farebbe altro che inasprire i già difficili rapporti tra la popolazione. Nella giornata di ieri la Camera dei Comuni è stata chiamata al voto, ancora una volta decidendo di non decidere; ancora una volta, tenuta sotto scacco da una piccola quanto pericolosa striscia di confine, misurante solamente 499 chilometri, ma in grado di portare le lancette degli orologi indietro di una trentina d’anni.

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