La Russia dovrebbe sospendere la fornitura di gas non solo a Bulgaria e Polonia, ma anche ad altri paesi ostili. Lo ha affermato oggi il presidente della Duma Vyacheslav Volodin, stando a quanto scrive la Tass. “Gazprom ha sospeso completamente la fornitura di gas a Bulgaria e Polonia. Lo stesso dovrebbe essere fatto per quanto riguarda i nostri paesi ostili nei nostri confronti”, ha precisato oggi Volodin su Telegram.
Le dichiarazioni di Volodin sono durissime e rappresentano una nuova tappa dell’escalation diplomatica tra Mosca e l’Occidente. Per la prima volta dopo l’imposizione del pagamento di gas in rubli un esponente di primo piano delle istituzioni russe si dichiara esplicitamente favorevole all’embargo energetico all’Occidente. Ipotesi, questa, che rappresenta il terrore di chi come la governatrice della Banca centrale Elvira Nabiullina lotta duramente da settimane per non veder affondare l’economia russa e sarebbe un’opzione nucleare che danneggerebbe sia l’Occidente che Mosca. Quest’ultima sta, paradossalmente, facendo affari d’oro per il rifiuto dell’Occidente di inserire nei pacchetti di sanzioni tutte le forniture energetiche fonti di guadagno per la Russia
Volodin, 58 anni, è un esponente di lungo corso del partito Russia Unita. Conservatore e nazionalista, a capo della Duma dal 2016, in questo caso attacca duramente una categoria precisa di Paesi, quelli riconosciuti a marzo come avversari espliciti dal Cremlino per aver imposto sanzioni contro il regime di Vladimir Putin. La Lista dei Paesi Ostili è stata inaugurata nel maggio 2021 includendo Repubblica Ceca e Stati Uniti dopo un’escalation delle sanzioni e delle critiche di Praga e Washington contro Mosca; nel marzo 2022 è stata notevolmente espansa: oggi include in totale quarantotto nazioni.
L’Ucraina è stata la prima nazione a essere aggiunta a questa lista dopo l’invasione del 24 febbraio. Ora ne fanno parte, per la precisione, anche tutti i ventisette Stati dell’Unione Europea, gli Usa, il Regno Unito e il Canada, ovviamente; ma anche tutte le nazioni Nato non facenti parte dell’Ue: Albania, Montenegro, Macedonia del Nord, Norvegia, Islanda. A cui si aggiungono la Svizzera, San Marino, il Principato di Monaco, il Liechtenstein e Andorra, Paesi che pur essendo fuori sia dall’Ue che dalla Nato hanno rotto la neutralità per sanzionare finanziariamente Mosca; sono incluse Australia, Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Singapore e Nuova Zelanda, alleati del Pacifico degli Usa che stanno armando l’Ucraina; completa la lista la Micronesia, che ha delegato agli Usa la sua politica di sicurezza e difesa.
A questi Paesi si applicano, secondo il diritto russo, limitazioni economico-commerciali di vario tipo. In primo luogo, gli accordi finanziari ed economici tra i Paesi della Lista e la Russia e tra i rispettivi apparati privati devono essere approvati da un’apposita commissione governativa di Mosca; in secondo luogo i debitori dei Paesi dell’elenco che cercavano di ricevere pagamenti sul debito devono aprire un conto bancario speciale presso una banca russa per ricevere pagamenti nella valuta russa, il rublo, piuttosto che in un’altra valuta internazionale. A queste restrizioni si è aggiunta, dall’1 aprile, la prescrizione sui pagamenti delle forniture energetiche in rubli.
Volodin chiede in questo senso che agli altri 46 Paesi della lista sia imposto l’aut-aut piombato nella giornata del 26 aprile su Polonia e Bulgaria. Ora si rischia la guerra economica indiscriminata se tali manovre dovessero divenire realtà. Ma come abbiamo avuto più volte modo di sottolineare questa mossa sarebbe suicida per la Russia e comporterebbe un vero e proprio azzeramento delle sue capacità di reazione alla crisi economica globale in via di sdoganamento. E le reazioni alla mossa contro Varsavia e Sofia dovrebbero far riflettere. La decisione della Russia di interrompere le forniture di gas alla Polonia e alla Bulgaria aumenterà il suo status di Paese paria, sia sul piano politico che economico, ha detto il vice primo ministro di Londra, Dominic Raab. “Lo avvertivamo da tempo, ora sosterremo i nostri amici e alleati”, ha detto Raab a Sky News. “L’interruzione della fornitura di gas avrà un effetto molto dannoso anche sulla Russia poichè sta diventando sempre di più un Paese paria non solo dal punto di vista politico ma anche economico”, ha dichiarato.
Volodin, in tal senso, non è nuovo alle fughe in avanti e dunque, per quanto importante, la sua presa di posizione non necessariamente riflette le reali intenzioni di Vladimir Putin. Nei giorni scorsi Volodin aveva già chiesto di dichiarare l’Ucraina “stato terrorista” citando la denuncia dei servizi di intelligence di Mosca, Fsb, in merito al presunto tentativo di assassinio di un giornalista russo filo-Cremlino, Vladimir Solovyev. “Dopo aver scatenato una guerra contro il suo stesso popolo, Kiev si è rivolta alla pianificazione di attacchi terroristici contro civili in altri Paesi. Questo è ciò a cui porta il sostegno all’ideologia neonazista”, ha sottolineato. Il 20 aprile, invece, ha attaccato i Paesi europei: “Rubate in continuazione le forniture di gas e quindi il denaro dal nostro bilancio e ai nostri cittadini”, ha affermato, aggiungendo che la ricerca europea di nuovi fornitori significa buttare a mare una lunga cooperazione nel campo dell’energia. Se poi gli stati europie, che “vivevano a spese dei russi” ci riusciranno “solo il tempo ce lo dirà”, ha aggiunto Volodin. Dichiarazioni che come quella sull’embargo ai Paesi ostili vanno prese con beneficio del dubbio, ma che sono comunque eclatanti perché riconducibili a un membro del cerchio magico di Vladimir Putin. Unica figura chiamata a decidere di un possibile salto nel buio così problematico come l’embargo energetico ai Paesi ostili, che segnerebbe la fase di massima rivalità tra Russia e Occidente in campo economico.