Le luci della ribalta che, suo malgrado, si sono accese su Huma Abedin hanno consentito di svelare un nuovo, oscuro capitolo dell’Emailgate coinvolgente la candidata democratica Hillary Clinton, di cui la Abedin è stata, negli ultimi anni, la consigliera più fidata, una sorta di alter ego. Parlare al passato, ora come ora, è d’obbligo visti i più recenti sviluppi: da vero e proprio “filtro” di Hillary Clinton, sua ombra, instancabile esecutrice di importanti compiti organizzativi per conto dell’ex First Lady, Huma Abedin è passata a essere “una del mio staff”, un ingranaggio della sua ampia macchina, come detto dalla candidata democratica nel corso del suo intervento del 31 ottobre alla Kent State University.LEGGI ANCHE: Chi paga la campagna della ClintonUn ridimensionamento decisamente precoce per colei che, negli ultimi vent’anni, è stata una presenza fissa al fianco dell’ex First Lady e Segretario di Stato. Nata in Michigan e cresciuta in Arabia Saudita, ove il padre gestiva un centro di studi sulle minoranze islamiche nel mondo, Huma Abedin conobbe Hillary Clinton nel 1996 quando, da studentessa alla George Washington University, ottenne un posto da stagista alla Casa Bianca. La Abedin fece il suo ingresso nel centro simbolo del potere statunitense pochi mesi dopo la celebre Monica Lewinsky, divenuta nota in tutto il mondo dopo la deflagrazione del Sexgate che coinvolse Bill Clinton, ed entrò sin dai primi mesi nelle grazie dell’allora First Lady, che la reclutò nella sua organizzazione politica durante la sua corsa al posto di Senatore per lo Stato di New York, conclusasi vittoriosamente nel 2000. Da allora, la relazione tra la Clinton e colei che ha definito alla stregua di una “seconda figlia” si è fatta più stretta mano a mano che Huma Abedin è divenuta sempre più indispensabile per il proseguimento della marcia dell’ex First Lady all’interno della politica statunitense: inquadrata nello staff del Dipartimento di Stato tra il 2009 e il 2013 e nominata vice-chairwoman dell’attuale organizzazione imbastita dalla Clinton per la gestione dalla sua campagna elettorale presidenziale, Huma nel corso degli anni è stata messa a parte di numerose questioni di primaria importanza che hanno coinvolto, in prima persona o indirettamente, l’attuale candidata democratica. Politico l’ha definita “l’insostituibile, inestimabile super-assistente che è nei sogni di ogni potente”, sottolineando il suo ruolo nella costante ricerca di informazioni sui potenziali donatori disposti a sostenere la corsa della Clinton, la sua conoscenza dettagliata dei contesti socio-politici e delle figure più rilevanti presenti nei luoghi che sono sede di meeting elettorali e la sua capacità organizzativa, riscontrabile tanto nell’organizzazione di eventi quanto nel mantenimento di importanti contatti.LEGGI ANCHE: Clinton, la candidata delle bancheL’accumulazione di tante funzioni così rilevanti e la visibilità sempre maggiore a cui era sottoposta la sua figura, rimasta in ogni caso a lungo defilata, hanno contribuito a rendere ancora più rovinosa la caduta di Huma Abedin dopo le recenti vicende giudiziarie che hanno portato allo scoppio di uno scandalo ritenuto “più grave del Watergate” da Donald Trump. A sottolineare la repentinità della sua discesa è stata l’Indipendent Journal Review (IRJ) in un’inchiesta volta a spiegare la reale dinamica dell’attuale scandalo che rischia di far sprofondare, a pochi giorni dal voto, la campagna elettorale di Hillary Clinton: le indagini su Anthony Weiner, ex membro del Congresso ed ex marito della Abedin, implicato in uno scandalo di matrice sessuale riguardante alcune chat incriminate tra quello che un tempo era ritenuto un astro nascente del Partito Democratico e una ragazzina di soli quindici anni, hanno infatti portato alla scoperta di numerose mail altamente riservate su un PC condiviso, in passato, da Huma e Anthony. Nel computer incriminato, infatti, sono state ritrovati migliaia di messaggi inviati da Hillary Clinton nel periodo da questa trascorso al Dipartimento di Stato, che secondo l’FBI potrebbero risultare pertinenti alle indagini attualmente in corso nel contesto del famoso Mailgate, recentemente riaperte dal direttore del Bureau James Comey.Una vera e propria “tempesta perfetta”, nella quale Huma Abedin è trascinata sotto l’effetto combinato di due scandali nei quali non è direttamente indagata né personalmente imputata ma in cui risulta completamente coinvolta. È legittimo domandarsi come mai la collaboratrice numero uno di Hillary Clinton, che secondo le affermazioni della stessa candidata democratica le era vicina con un rapporto simile a quello tra una madre ed una figlia, abbia trovato necessaria l’archiviazione di una mole tanto importante di dati sul suo computer personale, violando in tal modo una relazione fiduciaria che sembrava solidissima. Si potrebbe considerare l’azione della Abedin motivata dalla volontà di favorire la carriera politica del marito, a cui avrebbe potuto passare informazioni riservate di primo piano sulle dinamiche interne all’amministrazione Obama, sugli affari del Dipartimento di Stato e sulle tendenze dominanti nel Partito Democratico, oppure ritenerla dettata da una sorta di precauzione personale. Nella sua inchiesta, l’IRJ ha infatti riportato un’indiscrezione di Snopes.com, secondo la quale la Abedin avrebbe salvato le mail oggigiorno sotto inchiesta, che sarebbero in numero di 10.000, in una cartella nominata “Life Insurance” (“Assicurazione sulla vita”), in modo tale da potersi assicurare in futuro contro eventuali peggioramenti del rapporto professionale tra lei e la Clinton o, più realisticamente, poter scendere a patti con l’FBI nel caso in cui le indagini sul Mailgate fossero proseguite sino a interessare il “cerchio magico” della candidata democratica. In una vicenda sinora connotata da una generalizzata incertezza, dai contorni poco chiari e ancora in corso di sviluppo, ipotesi del genere sono più che semplici speculazioni, dato che anche la stessa IRJ si è dichiarata possibilista circa la reale esistenza di un accordo tra la Abedin e l’FBI o la concreta volontà della consigliera della Clinton di realizzarlo.banner_cristianiLe conseguenze della deflagrazione di questo nuovo, importante scandalo nel mondo politico USA non riguarderanno esclusivamente gli esiti delle elezioni dell’imminente 8 novembre, e la corsa alla Casa Bianca difficilmente sarà decisa dalle recenti rivelazioni. I sondaggi riportavano la rimonta di Donald Trump prima che Coney decidesse per la riapertura delle indagini sulla Clinton e che l’FBI scoprisse l’esplosiva sovrapposizione tra lo scandalo Wainer e il Mailgate, mentre la condotta passata del direttore del Bureau, civil servant repubblicano, porta a ritenere altamente improbabile che la sua decisione sia stata presa con l’esplicito intento di ostacolare la campagna della Clinton. Al tempo stesso, si è visto in una precedente analisi come il fattore determinante della campagna elettorale sarà la conquista di alcuni, ben determinati swing states, al cui interno le dinamiche locali acquisiscono un’importanza paragonabili alle grandi questioni nazionali: la october surprise della campagna 2016, con ogni probabilità, è destinata a produrre sul lungo periodo le sue conseguenze più esplosive. Più che in un travaso di voti, insomma, le conseguenze di lungo termine delle indagini riguardanti gli scandali in cui, pur senza essere direttamente indagata, è coinvolta Huma Abedin si concretizzeranno in una nuova, significativa delegittimazione del mondo politico statunitense agli occhi dei cittadini e degli elettori. Il discredito che aveva già colpito la componente repubblicana della classe politica dirigente rischia di ricoprire anche la sua equivalente democratica se, in seguito alla scoperta di nuovi elementi provanti, Hillary Clinton si ritrovasse sotto la costante minaccia di delegittimazione politica per la sua condotta passata o addirittura, in caso di elezione alla Casa Bianca, di impeachment di fronte all’evoluzione delle indagini dell’FBI.

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