Il futuro della Siria è legato a doppio filo al risultato delle prossime elezioni presidenziali americane. E se a vincere fosse la Clinton, dovremo aspettarci un ulteriore inasprimento del conflitto. Ne è convinta Randa Kassis, scrittrice e donna politica laica siriana, co-presidente, assieme a Qadri Jamil, della delegazione dell’opposizione laica e democratica siriana ai colloqui di pace di Ginevra. Già membro del Consiglio Nazionale Siriano, da cui è stata esclusa nell’agosto del 2012 per la sua forte presa di posizione contro le milizie islamiste nel Paese, ha fondato il Movimento della società pluralista e presiede AD HOC, un’associazione che promuove la laicità, il modernismo e il pluralismo religioso nel mondo arabo. Gli Occhi della Guerra ha incontrato Randa Kassis a Roma, in occasione del convegno internazionale contro le leggi islamiche sulla blasfemia, organizzato proprio da AD HOC, assieme ad Una via per Oriana, associazione fondata dal direttore del quotidiano Imola Oggi, Armando Manocchia, in onore di Oriana Fallaci.Si continua a combattere ad Aleppo, mentre è di nuovo stallo sul piano diplomatico, cosa si aspetta dal futuro per la Siria?Non siamo ancora pronti per una soluzione politica. Il Pentagono sin dall’inizio , si è fortemente opposto all’accordo per il cessate il fuoco, firmato da Lavrov e Kerry, e per questo motivo la tregua è naufragata. Per il futuro, tutto dipenderà da chi verrà eletto negli Stati Uniti. E se ad essere eletta sarà Hillary Clinton per la Siria sarà un grande problema.Perché?Quando Hillary Clinton è stata Segretario di Stato ha supportato e armato le milizie islamiste in Siria. È una grande sostenitrice degli islamisti ed è molto legata all’Arabia Saudita. La sua fondazione e la sua campagna elettorale sono finanziate dai Paesi del Golfo e per questo motivo spinge molti Paesi ad armare le milizie islamiste attive sul terreno in Siria.Quindi, nei prossimi mesi sarà ancora l’opzione militare a prevalere?Vede, l’Alto Comitato Negoziale dell’opposizione siriana – che raggruppa più di trenta entità politiche e militari, ndr – è sostenuto dall’Arabia Saudita e quindi, di fatto, non può decidere nulla, ma può solo attenersi alle decisioni dell’Arabia Saudita rispetto ai negoziati. Sul piano diplomatico, se non ci sarà un nuovo accordo tra Usa e Russia, è probabile che ad accordarsi saranno la Russia e la Turchia. Al momento la priorità della Turchia, infatti, è di combattere i curdi. E dopo il riavvicinamento con la Russia, Erdogan sta continuando a cercare un accordo con Mosca. Ora, quindi, è più disponibile, sul piano negoziale, a raggiungere una soluzione politica. Del resto noi abbiamo bisogno dell’appoggio di un Paese nella regione e penso che la Turchia sia il migliore in questo momento. D’altra parte, sia le milizie islamiste sia l’esercito del regime pensano di poter ottenere un successo sul piano militare. Sarà quindi l’opzione militare a prevalere, per il momento, e i combattimenti tra il regime e i ribelli islamisti continueranno.
Perché li chiama “islamisti”?Non esiste un’opposizione armata o delle milizie che si possano definire “moderate” in Siria e non esistono islamisti moderati. Ci sono solo gli islamisti che combattono in Siria. Agli Stati Uniti, alla Gran Bretagna, alla Francia, piace chiamarli “ribelli moderati”, ma sono islamisti. Se prendiamo una mappa possiamo capire facilmente quali sono i gruppi che operano nel nord della Siria: Jabhat al Nusra, che ora si chiama Fateh al-Sham, Ahrar al-Sham, al Faylaq e così via. Sono tutti islamisti e vogliono instaurare uno Stato Islamico in Siria, proprio come l’Isis. Nelle aree sotto controllo di queste milizie, del resto, c’è già un governo islamico: viene applicata la Shari’a e i bambini ricevono un’educazione islamica.Il prossimo governo siriano potrebbe avere una connotazione religiosa di questo tipo?Non è possibile avere un governo religioso in Siria perché il 35% della popolazione siriana appartiene a minoranze etniche o religiose. Cristiani, alawiti, drusi, curdi: tutti vogliono uno stato secolare. Per loro è una questione di sopravvivenza. Da parte nostra, assieme agli altri leader politici delle piattaforme di Mosca-Astana e del Cairo, continuiamo a combattere per stabilire un nuovo governo secolare in Siria. Tuttavia, non sono ingenua. So che ora la Siria è divisa in aree di influenza: quella controllata dal regime, quella controllata dalle milizie, quella controllata dalle milizie appoggiate dalla Turchia. Per questo, anche quando troveremo un accordo politico per il dopo Assad, la guerra con le milizie islamiste non terminerà. Possiamo cominciare però, accordandoci per stabilendo un nuovo governo secolare nelle zone che sono rimaste in mano al regime. Con le milizie islamiste invece nessun accordo: continueremo a combatterli.Quindi lo scenario di una Siria divisa in zone d’influenza le sembra realistico?Noi vogliamo una Siria unita, ma ora il Paese è diviso de facto in aree di influenza. Ci dovrà essere per forza una decentralizzazione politica in futuro. La Siria, sicuramente, non tornerà più quella di un tempo.