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(Beirut) Seguire i movimenti della danza orientale è un’arte complessa. I passi creano mistiche geometrie, movimenti che potrebbero portare da un lato, come dall’altro. Lo stesso si può dire della politica libanese. Difficile comprendere la logica dell’arte del governo della Repubblica dei Cedri che appare al popolo lontana e settaria. Si tratta di un’arte della spartizione, che prevede l’accordo tra ben 18 gruppi religiosi. Tutti devono trovare una quadratura del cerchio che permetta a ciascuno di avere una voce in capitolo. Da una parte questo sistema che divide il potere tra tutti i gruppi, cristiani di ogni rito, drusi, islamici sciiti e sunniti, ha permesso a ogni comunità di avere potere politico, dall’altro ha imprigionato le persone nelle rispettive sette. Questo, non solamente ha reso molto difficile la vita agli individui liberi ed indipendenti, ma ha finito per favorire logiche spartitorie del potere di ogni genere.

Inoltre, il Libano soffre moltissimo per la lotta acerrima tra l’Iran e l’Arabia Saudita. Guerra d’influenze che viene giocata non solamente nella Repubblica dei Cedri, ma anche in Siria, Iraq, Yemen, Palestina e Israele. Generalmente in Libano gli sciiti sono filo iraniani e i sunniti filo sauditi, mentre i cristiani sono divisi. Una parte sostiene il primo ministro Hariri, pro Riad e l’altra sostiene Michel Aoun, il presidente cristiano, pro Teheran.





La vittoria delle forze filo iraniane in Siria, anche grazie ai combattenti di Hezbollah, il partito sciita che tenta da sempre di esportare la rivoluzione iraniana in Libano, ha finito per rafforzare l’Iran. Teheran di fatto controlla l’Iraq, buona parte della Siria, la zona controllata dagli Houthi in Yemen e ha un potere vastissimo in Libano. Soprattutto perché Hezbollah è l’unico gruppo politico in Libano ad avere un esercito armato e contende alle forze armate libanesi il monopolio delle armi, missili compresi.

La forza di Hezbollah è sicuramente uno dei motivi che hanno spinto Israele e l’Arabia Saudita ad allearsi sotto banco per fare pressioni sugli Stati Uniti perché si ritirassero dall’accordo sul nucleare con l’Iran. Un’alleanza che fino a pochi anni fa sarebbe stata impensabile e che è riuscita a sconfiggere l’Iran diplomaticamente, dopo che le forze filo iraniane avevano vinto militarmente in Iraq e Siria e resistito contro i sauditi in Yemen. Certo l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi all’interno dell’ambasciata saudita ha fortemente indebolito l’immagine dei sauditi e la loro pretesa di essere più responsabili degli iraniani. Cosi come la forte divisione nel mondo sunnita tra turchi e qatariani, che appoggiano la fratellanza islamica e sauditi e gli Emirati che appoggiano i salafiti. Anche il fatto che l’Unione europea, nella sua totalità si sia rifiutata, insieme a Russia e Cina, di uscire dall’accordo sul nucleare iraniano, ha impedito all’Arabia Saudita, a Israele e al nuovo governo di Trump, di ottenere una chiara vittoria diplomatica. Anche se certamente le sanzioni americane che danneggiano qualunque azienda che faccia affari con l’Iran, impedendole di commerciare con gli Stati Uniti, rischiano di deteriorare in modo irrimediabile l’economia di Teheran. In quanto rendono difficili i pagamenti bancari perché tutte le banche mondiali preferiscono rinunciare al mercato iraniano, pur di non rinunciare a quello americano.

In questo scenario Hezbollah sta giocando le sue pedine nella difficilissima partita a scacchi per formare il nuovo governo libanese. In una recente conferenza stampa a Beirut, il primo ministro designato Saad Hariri ha dichiarato di avere una formazione governativa pronta, ma che Hezbollah sta ostacolando la formazione di un governo di unità nazionale.

La denuncia di Hariri è stata fatta commentando la richiesta di Hezbollah di assegnare a uno dei loro alleati sunniti un seggio ministeriale, che avrebbe ridotto la quota dei sunniti vicini al premier, una richiesta che Hariri ha rigettato al mittente.

Il partito di Hariri, il Movimento per il Futuro (Fm), sostenuto dall’Arabia Saudita, ha subito perdite nelle elezioni parlamentari di maggio: su 27 seggi legislativi assegnati ai sunniti, il blocco di Hariri se ne è assicurato solo 17. Un risultato che il premier designato ha attribuito al nuovo sistema elettorale. Sebbene Fm rappresenti ancora la maggioranza degli elettori sunniti, per la prima volta il premier Hariri non monopolizza più la rappresentanza della comunità sunnita. Questo spiega la mossa di Hezbollah che si è alleata con alcuni politici sunniti che ora vuole inserire nel governo, sottraendo così spazio ai sunniti filo Hariri. Una mossa che al partito di Dio era già riuscita quando si alleò con i cristiani vicini al presidente Aoun, dividendo così la comunità cristiana in due.

Vista la preoccupazione  di molti analisti sul fatto che un’economia già fragile potrebbe portare a una pericolosa crisi, è fondamentale far nascere un nuovo governo per varare le riforme fiscali necessarie per sbloccare i miliardi di dollari che sono stati promessi al paese da tanti nazioni straniere.

Insieme ai soliti interessi settari e al vorticoso cambio di alleanze di tanti politici, i risultati del nuovo sistema elettorale proporzionale, usato per la prima volta in maggio, hanno complicato i colloqui di formazione del nuovo governo in corso da mesi. Mai come oggi vale la famosa risposta che tutti i mediorientali danno nei casi incerti: Inshallah.

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