Le due principali fazioni palestinesi, Fatah e Hamas, hanno raggiunto uno storico accordo. Diversi episodi hanno spinto i due movimenti a mettere da parte antichi rancori per formare un unico fronte anti Israele. Si è riscontrato infatti una continua escalation di tensione nei territori contesi tra Israele e Palestina. La recente Intifada del fuoco insieme alla Risoluzione Unesco che condannava Israele hanno messo sull’allerta il Governo Netanyahu. Lo stesso si è infatti reso protagonista dell’intensificazione della costruzione di nuovi insediamenti israeliani in Cisgiordania. Tanto da arrivare ad una Risoluzione Onu dello scorso 23 dicembre 2016. In questa si chiedeva al Governo di Tel Aviv di interrompere la costruzione delle cosiddette “colonie” in West Bank.L’appoggio di Trump a IsraeleIl fronte palestinese ha però evidentemente avvertito le intenzioni della nuova presidenza americana. Proprio a seguito della Risoluzione Onu, infatti, il Presidente eletto Donald Trump aveva così twittato: “Anche all’Onu le cose saranno diverse dopo il 20 gennaio”. Il tycoon faceva riferimento all’astensione storica degli Stati Uniti per la Risoluzione contro Israele. Trump ha inoltre espresso il proprio parere favorevole per l’ipotesi di un “trasloco” dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Un gesto che, vista la natura contesa della città santa, è stato percepito come minaccioso dal fronte palestinese. A tutto ciò vi è da aggiungere l’inefficacia della Conferenza di Parigi. La stessa è stata infatti definita “inutile” dal premier israeliano Netanyahu.La nuova coalizione palestineseLa somma di questi eventi ha così mobilitato il fronte palestinese. C’è infatti la percezione che la nuova presidenza americana possa essere una minaccia per la volontà di indipendenza della Palestina. D’altra parte l’Europa, più impegnata nel gestire la crisi economica interna nonché l’ingente immigrazione, non è più un interlocutore affidabile. Per i palestinesi non rimane altro che unirsi e cercare nuovi canali di dialogo. È in quest’ottica che si è raggiunto uno storico accordo tra Al-Fath, movimento politico all’interno dell’Organizzazione di Liberazione della Palestina, e Hamas, l’altro movimento politico e paramilitare palestinese.L’intesa è storica perché i due movimenti hanno combattuto una sanguinosa guerra l’uno contro l’altro solo dieci anni fa. Hamas, infatti, vinse in maniera inaspettata le elezioni palestinesi nel 2006. Un successo che creò una spaccatura tra Gaza, dove Hamas ha la maggioranza, e la Cisgiordania, dove invece il consenso palestinese va verso Al-Fath. I territori rivendicati dai palestinesi sono tuttora così divisi, la Striscia di Gaza ad Hamas e la West Bank ad Al-Fath.Il portale Al Jazeera riporta che dopo tre giorni di negoziati i due rappresentanti dei movimenti, Mahmoud Abbas e Khaled Mesh’al, hanno trovato un accordo per un governo di unità nazionale. Sorprende che al tavolo dei negoziati abbia partecipato anche l’Islamic Jihad group, un movimento armato vicino ad Hamas, ma ancor più estremo. Al Fath, mettendosi ad un tavolo con un gruppo apertamente jihadista, rinuncia così a qualsiasi possibilità di dialogo con i Paesi occidentali. Stati Uniti, Unione europea, Giappone e Canada classificano infatti sia Hamas che l’Islamic Jihad group come organizzazioni terroristiche.Il ruolo della RussiaUn’altra sorpresa è il luogo scelto per le trattative: Mosca. La Russia si è dunque prestata come mediatrice per le due fazioni palestinesi. Il Cremlino ha così da una parte lanciato un segnale al Presidente americano entrante e al suo totale appoggio verso Israele. Dall’altra Putin vuole continuare a rimanere figura di spicco sulla scena diplomatica internazionale.Dopo aver gestito i preliminari accordi sulla Siria del futuro, il Presidente russo vuole rendersi protagonista della storica risoluzione del conflitto israelo palestinese. Un progetto ambizioso che oscurerebbe così gli accordi di Oslo del 1993, raggiunti grazie all’intermediazione del Presidente americano Bill Clinton. A conferma di ciò vi sono le dichiarazioni della giornalista Natasha Ghoneim che ha così scritto: “Storicamente le discussioni di pace sono state dominate dagli Stati Uniti. Loro (i palestinesi) stanno cercando un approccio differente, e la Russia può certamente offrirlo”. La diplomazia è una delle vie scelte da Putin per scalzare l’unipolarismo degli Stati Uniti.

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