La notizia più importante per il presente libico è quella dell’incontro tra il premier Fayez al-Sarraj e il generale dell’Est Khalifa Haftar. L’incontro è avvenuto ad Abu Dhabi, una sede non casuale vista l’importanza del ruolo degli Emirati Arabi in questa difficile transizione della Libia. Da mesi ormai Emirati ed Egitto stanno mettendo sotto pressione il generale Haftar per giungere a un accordo con il governo riconosciuto di al-Sarraj al fine di limitare i danni di una guerra che non sembra voler terminare.Egitto ed Emirati Arabi Uniti hanno da sempre assunto un ruolo fondamentale nei tentativi di giungere a una pace duratura nella devastazione libica. Entrambi gli Stati hanno sostenuto per mesi la linea politica del generale Khalifa Haftar e l’hanno protetto a fronte di un mondo arabo non particolarmente legato a queste figure militari di spicco. Ma il sostegno alle truppe dell’Est non è infinito. Da parte di Abu Dhabi e del Cairo il supporto non è mancato, ma il modo in cui Haftar fece fallire i colloqui di febbraio con il governo libico aveva irritato profondamente i governi impegnati in questa difficilissima mediazione. La stessa Russia, che ha più volte sostenuto il generale, non aveva accolto con favore il fatto che mesi fa quest’ultimo avesse fatto saltare gli accordi per un incontro con la controparte di Tripoli.Emirati ed Egitto adesso hanno finalmente ottenuto quanto volevano: un incontro fra i due leader libici. In questo modo, entrambi gli Stati hanno potuto dimostrare di avere un peso specifico nel Nordafrica e nel Medio Oriente e hanno quindi strappato un’importante vittoria in termini diplomatici. Non era un risultato scontato e, secondo molti analisti, la diplomazia emiratina ha avuto un ruolo fondamentale. Detto questo, ora il problema resta l’accordo raggiunto fra le due parti.Uno dei punti fondamentali di quest’incontro è stato quello di capire quali potrebbero le prossime tappe per lo scioglimento di tutte le milizie alternative all’esercito del governo riconosciuto di Tripoli. Il problema non è di poco conto visto che l’accordo, evidentemente, include anche le capacità operative delle truppe del generale Haftar, che è capo militare e in sostanza politico di tutta l’area della Cirenaica. Le sue milizie, che si rifiutano di riconoscere il governo di Tripoli e che hanno ricevuto il sostegno esplicito del confinante Egitto, con quest’accordo potrebbero diventare parte dell’esercito libico oppure smantellarsi.Una soluzione, quest’ultima, che però deve andare di passo con la sconfitta del terrorismo islamico e delle innumerevoli bande di predoni che infestano la Libia, in particolare nel Fezzan. Fra gruppi terroristici e tribù ribelli, la Libia in questo periodo non può fare a meno delle truppe di Haftar che ricevono un sostegno internazionale non di poco conto. Le truppe libiche sarebbero quindi tutte sottoposte a un comando unico, ma totalmente diverso da quelli esistenti. In pratica, da quello che è filtrato dalle stanze dell’accordo, il nuovo esercito verrebbe messo sotto il controllo di un consiglio nazionale composto da Al-Sarraj, Haftar e Agilah Saleh, leader del Parlamento di Tobruch. Una sorta di triumvirato di unità nazionale per riuscire a ricostruire un Paese distrutto.Altro punto dell’accordo è stato quello di giungere a delle elezioni generali nel marzo del 2018. Le previsioni, tuttavia, sembrano essere particolarmente ottimistiche vista la situazione del Paese. La Libia ormai è uno Stato fallito, diviso in tre parti, in cui solo Tripolitania e Cirenaica sembrano essere assimilabili a qualcosa di vicino a uno Stato. Ma è ancora troppo poco per ritenere che in un anno vi possano essere delle elezioni che abbiano un riconoscimento collettivo da parte della stessa popolazione libica. A questo punto, l’unica possibilità di pacificazione dovrebbe passare per gli stessi Paesi che si sono fatti promotori dell’accordo, con la speranza che trovino il modo di supportare sia militarmente sia economicamente gli sforzi della Libia unita per giungere a una condizione di potenziale normalità.Anche l’Italia deve guardare con interesse a quanto avvenuto ad Abu Dhabi. L’accordo fra le fazioni libiche significa, infatti, la possibilità di avere il Mediterraneo di nuovo sotto il controllo di uno Stato e non più in mano a terrorismo o formazioni paramilitari. Il governo di Al-Sarraj aveva firmato a febbraio un accordo con l’Italia per fermare il flusso migratorio, ma, senza una parte del Paese e le truppe di Haftar, poteva tutto rimanere lettera morta. Con la nascita di un embrionale governo di unità nazionale, gli accordi con la Libia potrebbero tornare a essere accordi su cui farde affidamento e potrebbe essere l’inizio di una nuova fase nel fenomeno orrendo della tratta degli esseri umani.
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