Se il Front National ha raggiunto l’odierno successo è anche per merito del suo immaginario culturale. Un complesso sistema di intellettuali affiliati e non, accomunati dall’essere contrapposti al sistema mediatico dominante.Nelle redazioni dei giornali e delle televisioni mainstream, infatti, l’attenzione alla questione sociale è evidentemente poca, mal declinata o comunque ritenuta poco sincera, visto che tanti guardano altrove per leggere e comprendere la Francia contemporanea. Spopolano anche in Italia le analisi dove si cerca di prendere le misure a quelle che sarebbero teorizzazioni finalizzate alla nascita di un “nuova destra”.Una banalizzazione che evidenzia ancora una volta come non sia ancora chiaro che il cuore del successo del Front National sia proprio quello di aver superato le vecchie categorie della politica. Dissertazioni tanto preoccupate da definire questo universo culturale attorno al Front National come una “patologia dell’Europa”, un pericoloso spettro.La verità è che la realizzazione di quelle basi teoriche potrebbe far crollare le certezze che i salotti benpensanti desiderano mantenere inviolate. Radical chic, in realtà, sarebbe il termine più calzante. Non è tanto il mondo della filosofia politica francese, poi, ad essere attratta dal Front National, quanto il Front National a prendere le considerazioni di questi teorici, facendole proprie nella declinazione concreta del consenso elettorale. Si pensi al fatto che gli scaffali delle librerie sono zeppe di pamphlet e saggi sulla fine della Grandeur transalpina e sulle cause della crisi economica: opere di critica al multiculturalismo, alla globalizzazione, all’élite finanziaria-economia e così via.  Non sono tanto gli intellettuali, dunque, ad adagiarsi sulle spalle della Le Pen per avere successo, quanto il fatto che i francesi abbiano deciso che leggere questi libri contribuisca a disvelare la realtà sociale.Il Michel Houellebecq di “Sottomissione” (solo l’ultimo dei capolavori) , del resto, è un vero e proprio fenomeno commerciale: è il romanziere francese contemporaneo più famoso nel mondo. L’economista Jacques Sapir e il filosofo Michel Onfray propongono da tempo un’allenza tra tutte le forze “sovraniste”, una formazione che comprenda le istanze della sinistra operaistica e quelle della destra nazionalista, per far sì che la Francia torni a dominare i processi della politica economica e si risolva il problema occupazionale.Chi è tacciato di simpatizzare per il Front National, dal suo canto, si limita a controbattere di essere solo un osservatore attento dei processi sociali. A questi va aggiunto di diritto Éric Zemmour, l’editorialista e scrittore, autore del pamphlet “Il suicidio francese”, un vero e proprio best seller nazionale basato tutto sulla critica all’assimilazionismo francese.L’universo culturale lepenista, però, è composto anche da membri dell’élite culturale, non solo da quelli che vengono definiti “declinisti”. C’è  Philippe de Villiers, scrittore dato vicino a Marion-Maréchal, c’è Patrick Buisson, giornalista ed ex consigliere di Sarkozy, c’è l’associazione “Jean Moulin”, l’associazione che riunisce gli studenti di Science Po che si rivedono nelle idee del Front National, c’è, soprattutto, il collettivo  Les Horaces, formato da oltre cento membri dell’establishment culturale: un vero e proprio gran consiglio di Marine Le Pen. Florian Philippot e da Philippe Martel,peraltro, entrambi ex enarchi, rappresentavano un evidente sintomo di come l’universo culturale lepenista tendesse ad un’inclusione anche verso le fila golliste. All’estremità di questo insieme di intellò, invece, si pongono  Alain Soral, e Dieudonné M’Bala M’Bala, più volte finiti sotto accusa per le loro idee (e condannati), vennero estromessi dall’universo del Front National e fondaronoRéconciliation Nationale (Riconciliazione Nazionale), un nuovo movimento sovranista. Così come lo stesso Jean Marie Le Pen, del resto, ed i suoi circoli dedicati a Giovanna d’Arco, costretto a cercare di far passare i suoi messaggi da fuori il partito.C’è, inoltre, il caso atipico di Jean-Claude Michéa, l’autore di  “Mystères de la Gauche”, uno dei libri in cui esamina la commistione tra la sinistra ed il capitalismo: proviene da sinistra, ma sembra l’intellettuale da cui la Le Pen prende più spunti per il suo discorso. C’è, ovviamente, Alain de Benoist con la sua attuale teoria secondo cui il motore del “populismo” sarebbe il ceto medio, ruota principale della storia dell’uomo nelle società occidentali, quindi difficilmente frenabile. Complicato, forzato in realtà, trovare delle vere e proprie affiliazioni tra il Front National e buona parte degli intellettuali citati, quello che è evidente è che essi possano definirsi non l’apparato culturale, ma l’immaginario intellettuale del partito della Le Pen, questo sì. Con molte differenziazioni, però. Certo è che non esiste nessuna cospirazione congiunta da parte di tutti loro per affermare una nuova forma di fascismo in Europa, semmai una comunanza nel voler affermare, da più parti e secondo mappature concettuali differenti, la necessità filosofica, storica e politica che qualcosa cambi. Partendo, magari, dalla Francia di Marine Le Pen.





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