Lo scontro del Mediterraneo orientale tra Grecia e Turchia è solo l’enorme punta dell’iceberg di un confronto che ha radici profonde e che coinvolge il mondo. Le mosse turche, con le navi di Recep Tayyip Erdogan che impazzano nell’Egeo e nel Levante insieme ai caccia dell’aviazione turca non rappresentano solo l’immagine di un leader in cerca di gloria e con mire egemoniche, ma una vera e propria strategia di lungo termine che rischia di scatenare tutte le forze coinvolte.

L’assalto della flotta di Ankara tra Cipro, Creta, Rodi e Castelrosso non è uno scontro esclusivamente con Atene. Dietro c’è qualcosa di più grande che può incidere su tutta la strategia mediterranea e che coinvolge diversi attori europei e internazionali. Le acque dell’Egeo e del Mediterraneo orientale sono preziose per la strategia di tutte le potenze regionali e mondiali che vogliono controllare ciò che succede nel bacino del Mare Nostrum. Ed è del tutto evidente che quello che decide Erdogan implica un cambio di passo per molti e un’accelerazione di processi già in corso. A partire da un nuovo sviluppo dell’Alleanza atlantica e dalle conseguenza del suo deterioramento.

Non deve sfuggire, infatti, un primo profilo di natura strategica. Grecia e Turchia sono entrambi partner fondamentali della Nato che per gli Stati Uniti non possono in alcun modo indebolire il fianco sud-orientale dell’Alleanza. Il presidente Donald Trump ha già fatto capire di non avere alcuna intenzione di accettare una tale escalation in quelle acque e ha telefonato sia al premier greco che al presidente turco. Per gli Stati Uniti è essenziale che le divergenze che stanno portando Atene e Ankara sull’orlo di una guerra cessino prima che sia troppo tardi. La sopravvivenza della Nato in quel quadrante è un pilastro della strategia euro-mediterranea americana ma è soprattutto un modo per fermare sia la Cina che la Russia, che vedono dalla porta d’Oriente un modo per entrare nelle calde acque del Mediterraneo. In queste settimane, da quando Erdogan ha iniziato a muovere le sue pedine e a concretizzare le manovre della Oruc Reis e delle sue navi militari, gli Stati Uniti hanno fatto intendere di essere molto interessati a quel quadrante, facendo capire alla Turchia di non avere particolare interesse a un’ulteriore spinta turca da Est. Il rafforzamento degli accordi militari con la Grecia, in particolare nelle base di Alessandropoli, così come il ricordo di quanto avvenuto l’anno scorso con la svalutazione della lira turca e le manovre dalla finanza americana, hanno fatto già capire a Erdogan di non poter scherzare troppo col fuoco. L’impressione è che gli Stati Uniti, almeno fino a questo momento, abbiano scelto di far parlare altri partner europei per evitare un ingresso in campo eccessivo. Tuttavia, il fatto che la Marina americana si sia esercitata a sud di Creta con i greci e abbia svolto un Passex con la marina turca invia un segnale sull’occhio vigile di Washington nel fronte bollente dell’Egeo e del Levante. Con la cornice dello scontro sul gas e la benedizione americana al gasdotto tra Bulgaria e Grecia.

Infografica di Alberto Bellotto

L’indebolimento della Nato ovviamente interessa anche la Russia, visto che i Dardanelli e l’Egeo rappresentano il passaggio naturale per la flotta di Mosca in direzione della Siria e di Suez. La Turchia per Vladimir Putin è un partner utile quanto molto difficile da gestire, mentre la Grecia, pur avendo buoni rapporti con il Cremlino, è radicata all’interno del sistema atlantico. Un’eccessiva presenza militare Nato non solo all’interno del Mar Nero, ma anche nell’Egeo e nel Levante, renderebbe molto più complicato il passaggio e le manovre della flotta russa che fa base a Tartous e che di solito entra nel Mediterraneo o passando da Gibilterra o dal Bosforo. Un esempio di quello che può significare la presenza atlantica in queste acque è dato dalle ultime mosse russe tra Siria e Cipro. I media greci riportano di un aumento della presenza navale del Cremlino con alcuni mezzi che si muovono nel totale silenzio radio. Si parla di una possibile nuova tensione dalle parti di Idlib, ma è evidente che in Russia iniziano a temere che l’escalation nell’Egeo e vicino Cipro possa portare a un rafforzamento della presenza Nato.

Lo scontro incide chiaramente anche nello scacchiere europeo. La Francia ha fatto una scelta: la Grecia. Il messaggio pubblicato da Emmanuel Macron in lingua greca di sostegno al governo ellenico rispetto alle mire di Ankara e l’arrivo delle navi di Parigi nel quadrante orientale del Mediterraneo rappresentano le mosse dell’Eliseo per ricostruire una propria presenza nella regione. Con l’accordo militare tra Francia e Cipro, l’ingresso prepotente a Beirut e le navi nell’Egeo, Macron ha mostrato i muscoli verso Erdogan ergendosi a nuovo leader di un eventuale blocco di contrapposizione alla Turchia, che passa anche per la Libia e il Medio Oriente. Questione fondamentale se unita a una Nato in crisi di identità, una Parigi in cerca di leadership militare e al desiderio di vendere i suoi sistemi d’arma a Grecia ed Egitto.

La Germania dall’altro lato ha un ruolo diverso. Angela Merkel ha inviato Heiko Maas ad Atene e ad Ankara per cercare di mediare tra Grecia e Turchia. Mossa diplomatica importante che ricorda la mano tedesca su un’area che è da sempre un pilastro della strategia di Berlino. La Grecia, soprattutto dopo la grande crisi finanziaria del 2008, si è trasformata in una sorta di protettorato tedesco da un punto di vista economico e politico ed è un terminale fondamentale del corridoio balcanico per gli interessi tedeschi. La Turchia, d’altro canto, è un partner essenziale per i tedeschi, non solo da un punto di vista commerciale, ma anche dal punto di vista militare: Ankara è un acquirente di primo piano di carri armati e mezzi navali dei cantieri tedeschi.- Se a questo profilo si unisce quello della forte presenza di turchi nazionalisti in Germania, con Erdogan capace di infiammarli anche contro la stessa Cancelliera, ecco che si può comprendere perché Berlino tenga molto a assumere la regia dello scontro. Questione che rende chiaro perché l’Italia non abbia preso una posizione così netta come ha fatto la Francia: giocare d’anticipo rispetto alla Germania e con gli Stati Uniti può essere fondamentale.