Dalle mascherine alle torce elettriche, dal materiale di pronto soccorso alle provviste più comuni, come acqua e biscotti. In Cina le autorità stanno raccomandando ai cittadini quali prodotti acquistare per accumulare scorte in caso di emergenza. Si tratta di semplici raccomandazioni, che tuttavia hanno scatenato diverse voci più o meno aderenti alla realtà. “Per caso le navi americane sono pronte ad attaccare il nostro Paese?”, si chiedono alcuni netizens sui social cinesi. Oppure: “La Cina è pronta a muovere guerra agli Stati Uniti?”, si domandano altri.
Il tam tam mediatico ci spinge ad approfondire la curiosa questione. In effetti, nella provincia del Guandong, la commissione sanitaria ha rilasciato un elenco composto da 33 articoli dei quali le famiglie dovrebbero iniziare a fare scorta. La lista include dispositivi di protezione individuale, tamponi antibatterici, cibo e strumenti utilizzabili in caso di blackout e calamità simili. Come ha sottolineato il Guardian, anche Pechino, Jinan, Ningbo e altre città hanno emesso raccomandazioni simili rivolte agli abitanti.
Allo stesso tempo anche ospedali e cliniche hanno iniziato ad accumulare materiale di emergenza. Non solo: alcuni stadi, sale espositive e altri luoghi pubblici sono pronti per essere trasformati in reparti di quarantena temporanea. I funzionari della provincia dello Zhejiang hanno affermato che entro la fine del 2020 ogni distretto o città dovrà poter contare su non meno di due grandi sedi capaci di essere rapidamente convertite in spazi medici di emergenza.
Prepararsi al peggio
Uno scenario del genere, come detto, ha riempito il web di speculazioni. Il quotidiano cinese Global Times ha respinto simili voci dando la parola al commentatore militare Song Zhongping. “È fondamentale avere le scorte familiari necessarie in tempo di guerra, ma una guerra non accadrà nei prossimi anni”, ha spiegato l’esperto. A margine di questa rassicurazione è doveroso analizzare due scenari. Il primo riguarda il possibile ritorno di fiamma del coronavirus all’interno del Paese. Il secondo coincide invece proprio con un eventuale conflitto bellico con gli Stati Uniti in una delle tante aree calde dell’Asia.
La massima tutela chiesta dalle autorità rispecchia il timore di una ipotetica recrudescenza del Sars-CoV-2. Nonostante la pandemia sia generalmente sotto controllo, in Cina nessuno intende abbassare la guardia. Dallo scorso 4 novembre sono state imposte nuove misure rigidissime che precludono l’ingresso nel Paese di viaggiatori provenienti da Paesi come Italia, Gran Bretagna, India, Belgio e Filippine. Insomma, Pechino ha messo una museruola al virus – fatta eccezione per sporadici focolai subito contenuti – ma restano preoccupazioni per l’avvicinarsi dell’inverno. Per questo motivo la Commissione nazionale cinese per lo sviluppo e la riforma ha invitato i governi locali a “guidare le famiglie” nella conservazione di scorte mediche (e non solo) in vista di un possibile aumento del rischio di una recrudescenza di Covid e influenza.
L’ipotesi remota
L’altro scenario, quello relativo a un possibile conflitto armato con un nemico esterno, è una suggestione che ha alimentato indiscrezioni su indiscrezioni. Anche se le autorità hanno lanciato le raccomandazioni pensando all’aspetto sanitario, è bene analizzare l’ipotesi di un conflitto. La premessa fondamentale è che adesso alla Cina non conviene affatto impegnarsi in un confronto bellico, né con l’India né tanto meno con gli Stati Uniti.
Invischiarsi in un braccio di ferro militare comprometterebbe infatti la crescita economica del Paese, fondamentale per rafforzare la nazione in vista di un futuro sempre più prospero. È pur vero che nella regione asiatica non mancano le micce pronte ad esplodere, a cominciare dalla questione Taiwan, per poi proseguire con l’India e la penisola coreana. Per evitare di farsi trovare impreparati di fronte a crisi improvvise è bene che i cittadini inizino ad accumulare scorte: questo è il messaggio delle autorità. Che ovviamente pensano all’emergenza Covid. Senza però ignorare altri tipi di minacce.