Ogni anno, il 25 marzo, ad Atene e Nicosia, le capitali della nazione ellenica, il tempo si ferma, la quotidianità viene interrotta e le masse commemorano trionfalmente lo scoppio della rivoluzione del 1821, l’evento propulsivo della guerra d’indipendenza contro l’impero ottomano.
L’anno scorso, causa pandemia, le celebrazioni erano state annullate, ma quest’anno è differente: cadrà il duecentesimo anniversario della riconquista della libertà e né popolo né politica hanno intenzione di sacrificare i festeggiamenti di una ricorrenza tanto simbolica.
Una cerimonia in grande stile
Il calendario degli eventi che circonderanno le celebrazioni del duecentesimo anniversario della rivoluzione è stato pubblicato a metà gennaio e premette, e promette, la creazione di un ambiente permeato di e pervaso da patriottismo, misticismo e festosità bucolica. Nel corso dell’anno verranno organizzate mostre, concerti, festival, campagne di coscientizzazione tese a preservare la memoria storica della rivoluzione, e verranno dati alle stampe francobolli e denari commemorativi.
Il fulcro dei festeggiamenti, però, è da due secoli, e continuerà ad essere, il 25 marzo, data in cui cade l’anniversario della benedizione agli insorti da parte di Germanos, metropolita di Patrasso: l’atto di apertura degli eventi rivoluzionari. Quel giorno, di duecento anni or sono, il chierico-patriota radunò una folla presso l’antico monastero di Santa Lavra per rivolgere una dossologia al Divino ed ottenere l’intercessione della Vergine Maria per vincere la battaglia che sarebbe cominciata lì a breve.
Nulla era stato lasciato al caso: il 25 marzo, infatti, è la festa dell’Annunciazione del Signore. Benedetti i combattenti e issata la bandiera della nazione alle porte del monastero, Germanos diede inizio alla rivoluzione al grido di “Eleftheria I Thanatos!” (let. Libertà o morte!), poi divenuto motto nazionale.
E sarà precisamente il 25 marzo che avranno luogo i festeggiamenti in grande stile, a base di concerti, parate militari e spettacoli pirotecnici, che vedranno la partecipazione di una platea internazionale di primo livello. Il 28 gennaio è stato confermato da fonti governative che alla grande celebrazione prenderanno parte, tra gli altri, il presidente russo Vladimir Putin, il presidente francese Emmanuel Macron e il principe Carlo della famiglia reale britannica.
Tutti e tre hanno risposto positivamente all’invito ufficiale di Kyriakos Mitsotakis, l’attuale primo ministro greco, e la loro presenza, del resto, era ed è imperativa: la liberazione di Atene, culla della civiltà europea ed erede di Bisanzio, fu possibile grazie al contributo determinante, in armi e uomini, degli imperi russo, britannico e francese. Nulla è emerso riguardo la partecipazione di Joe Biden, che, pandemia permettendo, potrebbe probabilmente aderire all’evento in ragione dell’alleanza in essere tra Stati Uniti e Grecia.
Idealismo e pragmatismo
Negli ultimi mesi, causa le tensioni con la Turchia nell’Egeo e nel Mediterraneo orientale, la Grecia ha approfondito la collaborazione militare con una serie di Paesi, in primis la Francia, e con un egregio lavoro di ricucitura diplomatica ha gettato le basi per un riavvicinamento alla Russia, la cui antica amicizia è stata sacrificata sull’altare dell’atlantismo negli anni recenti, dapprima rompendo i legami con la Siria, poi aderendo al regime sanzionatorio e infine sposando lo scisma intra-ortodosso.
Il muscolarismo di Ankara si è rivelato un’arma a doppio taglio: la dirigenza ellenica, infatti, costretta a sperimentare una pressione senza precedenti lungo i propri confini marittimi e terrestri, ha riscoperto l’arte della diplomazia segreta e ridato centralità all’unilateralismo, comprendendo quanto fossero vitali la ricerca di nuove alleanze e il perseguimento dell’autonomia strategica in un contesto di immobilismo e isolamento in sede di Unione Europea.
Il duecentesimo anniversario dell’indipendenza dall’impero ottomano sarà l’occasione per lanciare un messaggio all’ostile Turchia – a ciò è dovuta la circolazione prematura della notizia sulla partecipazione di Putin e Macron – e, forse, a condizione che l’esecutivo ellenico permanga sulla via della lungimiranza e delll’impavidità, anche per tentare il recupero di una vetusta tradizione di politica estera: Grecia quale ponte tra Occidente e Oriente, anziché ostaggio e spettatore. E, come inaugurare tale percorso sotto i migliori auspici, se non invitando Macron, l’ultimo europeo dai sogni eurasiatici?