L’Italia ha conseguito negli ultimi anni diversi risultati ma perso, al contempo, importanti opportunità nel cruciale teatro del Mediterraneo orientale. La presenza di un partner strategico ed indispensabile che risulta, al tempo stesso, un rivale geopolitico su diversi fronti come la Turchia di Recep Tayyip Erdogan condiziona e influenza inevitabilmente tutto lo scenario locale; ma non vanno sottovalutate le convergenze che Roma sta costruendo da tempo con altri due attori decisamente da tenere d’occhio, Grecia e Cipro.
La nazione ellenica e l’Isola di Venere sono attivi partecipanti al grande gioco dell’Egeo e del Mediterraneo orientale. Tra gas naturale, partita infrastrutturale e contese geopolitiche e geostrategiche che vedono coinvolta la Nato, i Paesi del Medio Oriente (Israele in testa) e, last but not least, Nicosia e Atene hanno dovuto sviluppare, volenti o nolenti, una “dottrina” per la loro regione di riferimento. Consce di poter essere soggetto solo in parte, non vogliono tuttavia restare nella piena disponibilità politica delle grandi e medie potenze che si affacciano sugli specchi marittimi regionali. E condizionare nei limiti del possibile le dinamiche dell’area.
L’Italia può e deve mettere a sistema la possibilità di inserirsi nel complesso mosaico del Mediterraneo orientale con una geopolitica del “possibile”. Roma può essere la nazione in grado di fungere da collante tra i Paesi in trincea nell’area, l’asse Grecia-Cipro da un lato e la Turchia dall’altro, in nome di convergenti interessi comuni.
In primo luogo, l’Italia può contribuire a garantire distensione e stabilità alle contese regionali fungendo da pivot diplomatico. Ben piazzata tra tutte le cancellerie dell’area, può puntare anche su una strutturata storia di legami culturali e diplomatici che nel caso di Grecia e Cipro coinvolgono anche un pezzo di storia istituzionale comune all’era della Serenissima Repubblica di Venezia.
In secondo luogo, Grecia e Cipro sono membri dell’Unione europea appartenenti a quel fronte mediterraneo esistente più nel contesto mediatico che nel quadro di un vero scenario politico. Atene e Nicosia sono come Roma interessate a vedere Bruxelles affacciarsi con maggior frequenza e attenzione alle dinamiche del Grande Mare, ma condividono anche un’attenzione particolare alla lotta all’austerità e alle politiche del rigore dei “falchi” del Nord. L’Italia non è mai riuscita a fare sistema della sua natura di principale Paese dell’Europa mediterranea, e passare per i due partner del Mediterraneo orientale non può che giocare nell’interesse di Roma.
Terzo punto è la citata questione energetica su cui l’Italia si trova in un triangolo strategico: le pretese turche sull’offshore cipriota su cui è presente anche Eni; i progetti infrastrutturali incentivati dagli Stati Uniti come EastMed; la partita unificante e strategica del Tap che apre le rotte del gas euro-mediterranee al Mar Caspio e all’Azerbaijan. Roma deve scegliere con attenzione i suoi partner e i suoi interlocutori nel campo delle aziende energetiche strategiche per consentire un’ottimizzazione delle opportunità di business per i nostri campioni nazionali e per favorire una strategia che non escluda la Penisola dalla definizione degli hub regionali del gas. Accollarsi parte degli interessi di Grecia e Cipro facendosene “garanti”, in quest’ottica, può fornire al nostro Paese sponde operative di non secondaria importanza.
Infine, sono di chiara importanza le prospettive che Cipro e Grecia offrono come Paesi di destinazione di quote crescenti di investimenti strategici italiani. Lo stock di investimenti diretti italiani in Grecia supera quota 3,5 miliardi di euro, l’export a Cipro sfiora il miliardo. Valorizzare il Mediterraneo è nell’interesse dell’Italia per creare uno scenario di sviluppo condiviso, crescita economica e aumento di Pil, occupazione e convergenze economiche con i piccoli “fratelli minori” dell’area orientale del Grande Mare. Non tanto presidi anti-turchi, quanto piuttosto partner sistemici per un estero vicino che, troppo spesso, abbiamo colpevolmente sottovalutato. E che dobbiamo tornare a presidiare.