Camminando per il centro monumentale di Pyongyang, è difficile non notare, ormeggiata sulla sponda del fiume Potong, un’imbarcazione singolare e quanto mai fuori posto: la Uss Pueblo, nave spia americana divenuta trofeo di guerra dopo l’incidente che la coinvolse nel 1968 e terminò con la sua cattura da parte della marina militare nordcoreana mentre incrociava – secondo la versione mantenuta in tutti questi anni da Washington – in acque internazionali.

Ora, dopo cinquant’anni, un rappresentante del governo degli Stati Uniti, Scott Tipton, ha presentato una risoluzione per riportare in America l’unità dell’Us Navy che è stata oggetto di mezzo secolo di propaganda anti americanista, chiedendo al governo di Pyongyang di restituire la nave come segno di “buona fede da parte del popolo nordcoreano nei confronti del popolo americano “.

“Il Uss Pueblo è stata usata come strumento di propaganda dai nordcoreani per oltre 50 anni ed è tempo che faccia ritorno a casa”, ha detto Tipton in una delle sue ultime dichiarazioni. “L’equipaggio sopravvissuto ha scontato quasi un anno di prigionia per il sequestro illecito della nave da parte del governo nordcoreano, e sarebbe un grande gesto di buona volontà per il ritorno della nave mentre le nostre due nazioni continuano a discutere della denuclearizzazione della penisola coreana”, ha aggiunto il rappresentante rivolgendosi al Congresso e all’attenzione della stessa Corea del Nord in un momento di grande distensione tra i due paesi – che hanno appena assistito al passo “leggendario” compiuto dal presidente americano Donald Trump sul 38esimo parallelo.

Durante l’incidente che coinvolse la nave spia Pueblo, un militare americano, Duane Hodges, rimase ucciso, mentre il resto dell’equipaggio venne catturato e internato in un campo per prigionieri di guerra per 11 mesi. Finché una lunga mediazione compiuta dai due governi non terminò con il rimpatrio dei 71 membri dell’equipaggio. Attualmente la nave, parte del programma Ager per quello che all’epoca era un segreto progetto di spionaggio elettronico, resta l’unica unità navale della storia degli Stati Uniti mantenuta da una potenza avversaria. Per questo secondo il rappresentante americano il ritorno della Pueblo è da considerarsi “un argomento importante che dovrebbe essere incluso durante le conversazioni e le trattative con il governo nordcoreano ” che l’ha resa per oltre mezzo secolo un trofeo e un simbolo nella propaganda anti americanista. Io stesso sono stato testimone diretto nella mia recente visita a Pyongyang di quanto la Pueblo rappresenti ancora, dopo così tanti anni, un motivo di orgoglio nazionale e sia idealizzata tutt’ora come una grande vittoria sugli Stati Uniti. La terza cosa che mi ha menzionato la mia “guida” molto personale a poca distanza dal mio arrivo è stata proprio questa: “Lo sai che abbiamo qui una nave spia americana che abbiamo catturato nel 1968? A bordo erano tutti agenti della Cia, avevano anche un armadietto pieno di armi”. Promettendomi che me l’avrebbe senz’altro mostrata nei giorni a venire, dai suoi occhi traspariva un sincero quanto anacronistico orgoglio.

La storia della Pueblo

Nel bel mezzo della guerra fredda e del conflitto del Vietnam, 23 gennaio del 1968, mentre incrociava in quello che viene riportato come il Mare del Giappone, la Uss Pueblo, nave cargo riconvertita in battello “spia” venne intercettata da un cacciasommergibili della Marina militare nordcoreana che, identificatala come nave battente militare bandiera americana, procedette con una serie di manovre per ingaggiarla. La Pueblo, che non risultava armata, custodendo soltanto una coppia di mitragliatrici da 12,7 mm “occultate” secondo gli ordini di navigazione, era in vero una delle tre navi appartenenti al programma Ager (Auxiliary General Environmental Research); programma d’intelligence per lo spionaggio elettronico e la ricerca di segnali e trasmissioni voluto dalla US Navy e dalla Cia.

Il progetto era quello di camuffare tre navi dotate di strumentazioni per missioni Sigint e Elint in innocque navi cargo leggere “disarmate” che avrebbero lambito le coste degli alleati orientali dell’Unione Sovietica cercando di passare inosservate e contando come difesa dal nemico solo e unicamente sul supporto aereo ravvicinato dei cacciabombardieri – che però avrebbe necessitato di una comunicazione radio repentina e dell’immediata localizzazione. La Uss Pueblo, insieme alle unità gemelle Uss Banner e Palm Beach, era quindi investita del ruolo di massima importanza di spingersi nella totale segretezza dove nessuna altra nave avrebbe osato spingersi per captare messaggi in cifra e mettere a conoscenza il Pentagono dei piani del nemico.

Il 23 gennaio del 1968, mentre era in missione in un tratto di mare al ridosso delle acque territoriali della Corea del Nord, la Pueblo venne intercettata da una nave da guerra nordcoreana che chiamò immediatamente in ausilio alcuni caccia MiG 21 e altre torpediniere per inseguire e braccare la nave americana che tentava manovre evasive per sfuggire alla cattura. Le unità navali nordcoreane allora cannoneggiarono la nave “spia” costringendola alla resa. Il comandante Lloyd Bucher, percepito il rischio di un affondamento, impartì l’ordine di fermare i motori e lasciarsi “prendere” dai nordcoreani che condussero la nave nel porto di Wonsan, sulla costa nord-orientale della penisola. Una volta sbarcato l’equipaggio venne catturato e immortalato con le mani in alto in una celebre fotografia che compare in tutti i musei di Pyongyang. Internati in un campo di concentramento per prigionieri, i militari e ipotetici agenti della Cia vennero liberati solo 11 mesi dopo per merito delle intense trattative sostenute tra i due governi. Il 23 dicembre 1968 tutti gli uomini della Pueblo vennero condotti dalle autorità nordcoreane in uno dei corridoi “sicuri” che gli permise di attraversare la zona demilitarizzata che corre lungo il 38° Parallelo per entrare in Corea del Sud e di lì venire rimpatriati negli Stati Uniti. La nave invece di essere affondata o riconsegnata, venne invece esposta come “bottino di guerra”, divenendo un simbolo in tutto il paese. A lungo ormeggiata sul fiume Taedong, oggi è stata sposata sulla riva sinistra del più piccolo fiume Potong, in prossimità del museo della guerra che ospita, insieme a lei, un certo numero di cimeli della Guerra di Corea, compresi i resti di un caccia americano abbattuto, proprio così come toccò terra.





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