Da Capitol Hill in poi, la storia americana ci ha mostrato che tutto può accadere. Soprattutto con un ex presidente come Donald Trump, impastoiato fra mille beghe processuali, e l’incumbent Joe Biden costretto a districarsi, ormai ottuagenario, con una richiesta di impeachment dagli esiti imprevedibili. Ma se, considerando le opportune differenze, entrambi i senior d’alto bordo perdessero la loro corsa verso Pennsylvania Avenue, quali sarebbero i papabili allo scontro?
L’ipotesi, tutt’altro che peregrina, incontrerebbe anche il favore di una certa maggioranza, sempre meno silenziosa, che più volte in America ha dichiarato di non gradire nessuno dei due leader: era accaduto circa un anno fa, all’interno di un prezioso sondaggio harvardiano, che aveva restituito il ritratto di una nazione stanca dei due contendenti; e poi ancora, alle elezioni di metà mandato dello scorso novembre, quando i temi in gioco, più che la corsa alla Casa Bianca, avevano dominato l’agone politico…e i risultati.
Trump fuori, dentro DeSantis
Qualora Trump risultasse fuori dai giochi, la figura più credibile nel Gop resterebbe Ron DeSantis, in un mare di competitor di livello (come Nikki Haley o Mike Pence) e di candidati senza chance (Perry Johnson and co.). Sin dalla sua elezione a governatore della Florida, DeSantis ha assunto una postura nazionale, una reputazione e una sua riconoscibilità rispetto al Gop trumpianamente inteso. Ma soprattutto, egli guida la Florida, il che lo lancia nell’alto dei cieli senza passare dal via. La media, in termini percentuali, del gradimento di DeSantis non è generosa con il governatore, che tuttavia sembra essere molto dietro l’agitatore del Maga.
Gli ultimi dati sulla media nazionale restituiscono una forbice tra i due che oscilla tra il +43 e il +47 punti percentuali: ergo, l’opzione più favorevole per lo sfidante di Trump sarebbe quella di riuscire a raccogliere i fan di ciò che resta del Maga e unirli con i repubblicani di ferro che desiderano la svolta. Del resto, DeSantis sta interpretando alla perfezione le battaglie della far right americana senza scadere nell’esteriorità notoria del tycoon in fatto di gesti e oratoria. Un ottimo affabulatore, convinto di poter presentarsi come una versione riveduta e corretta di Trump: e lo sta facendo benissimo. E con almeno la metà dei trumpiani dalla sua parte, la nomination potrebbe essere sua.
Biden fuori da giochi: dentro chi?
Se il panorama repubblicano risulta complesso ma effervescente, quello democratico è desolante. Certi di poter contare sul presidente uscente, i dem non hanno creato alcuna valida alternativa a Biden, nemmeno per sana prudenza. Il campo democratico è dunque un enorme deserto nel quale vagano Biden, sempre più in bilico, e il poco credibile Robert F. Kennedy Jr., figlio dalle invettive complottiste e canuto del compianto Bob. All’inizio dell’estate, una voce autorevole quale quella del New York Times aveva ipotizzato una possibile azione di disturbo di questo blasonato a danno di Biden, visto e considerato che da solo Kennedy potrebbe ambire, secondo le stime, anche ad un 20%. Un no comment per la guru dell’autoaiuto Marianne Williamson che accede al bacino dem ma che con il suo “Peace and Love” non può che restare fanalino di coda.
Questo deserto dei Tartari, legato al noblesse oblige di un partito che ospita, suo malgrado, il presidente uscente, rischia di compromettere il futuro democratico, nonché la credibilità del partito stesso. Costruire un’alternativa credibile a Biden è lo strumento per confermare la tenuta della piattaforma democratica, la cui compagine di candidati si ridurrebbe a una farsa. Soprattutto ora che, per paradosso, ci sono più rischi per Biden che per Trump: come sappiamo, il secondo potrebbe perfino condurre una campagna elettorale dal carcere, mentre se il primo subisse l’impeachment e ne fosse votata la disqualification, finirebbe fuori dai giochi. A questo si aggiunge che una delle due accuse rivolte all’attuale presidente, ovvero quella di traffico di influenza, avrebbe già acquisito un impianto più che solido. In questo caso i dem si troverebbero con due personaggi pittoreschi in corsa per la nomination, che solo una discesa in campo miracolosa potrebbe salvare. Il problema è il quando.
DeSantis vs …?
L’arruolamento di Kamala Harris, ad esempio, dovrebbe avvenire sufficientemente in tempo per salvare il salvabile, ma sufficientemente tardi per non erodere i voti di Biden, qualora sopravvivesse politicamente alla tempesta. Ma potrebbe farcela una donna, black, ex n.2 del presidente caduto in disgrazia, tenere testa a DeSantis? La storia recente ha dimostrato che gli Stati Uniti, seppure alle prese con la più grande crisi di identità dagli anni Ottanta, sono pronti ad accogliere un presidente nero, ma per una donna la strada è tutta in salita. E la storia di Hillary Clinton parla da sé.
Di certo Clinton e Harris sono due figure molto diverse, con background di gran lunga differenti. E del resto nessuno ha mai visto Harris alle prese con una corsa politica in solitaria, ma solo come allegata di Biden. E qualora la base del partito la lanciasse nella contesa, permettendole agevolmente di conquistare la nomination, strappare la presidenza sembrerebbe improbabile: DeSantis ha un “popolo” che Harris non possiede. E gli ultimi sondaggi lo raccontano bene: l’attuale vicepresidente non incontrerebbe il favore degli elettori americani.
In un ipotetico scontro senza né Biden né Trump la più realistica delle ipotesi sembrerebbe, dunque, quella tra DeSantis e l’improbabile Kennedy, al netto di qualche cilindro nel cappello degli asinelli o di un sorpasso miracoloso di Vivek Ramaswamy su DeSantis. Spianata la strada del governatore della Florida alle nomination, la Casa Bianca sarebbe a poche spanne, ormai. Un cul-de-sac, quello in cui sono finiti i democratici fin dal 2020, quando non sono stati in grado di sfornare una promessa di lungo periodo, accontentandosi di un vice canuto dell’effervescente Obama. Una scelta che verrà pagata a caro prezzo e che svela la verità più amara di tutte: l’unica possibilità che i dem hanno di vincere è tutta legata al vecchio Biden.