La coalizione a guida americana sta addestrano una nuova formazione in Siria per blindare i confini del Paese. Lo riporta il Jerusalem Post. La nuova milizia sarà composta da 30mila unità, 15mila delle quali provenienti dalle Forze democratiche siriane e avrà il compito di presidiare le zone nel nord della Siria al confine con la Turchia, a sud est al confine con l’Iraq e, infine, lungo il fiume Eufrate, come ha spiegato il colonnello Thomas F. Veale al Defense post.

Questa decisione non è stata ovviamente piaciuta ad Ankara, che teme una maggiore ascesa dei curdi. Come riporta il Jerusalem Post, “il sostegno degli Stati Uniti alle Sdf ha messo a dura prova i legami con la Turchia, che considera le forze dello Ypg come un’estensione del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk)”. Non a caso, lo scorso 9 gennaio, l’agenzia turca Anadolu scriveva preoccupata che il Pentagono e la Cia stavano addestrando una nuova milizia denominata Esercito del Nord. L’agitazione in Turchia è insomma tanta. Il 13 gennaio scorso, inoltre, l’esercito turco ha colpito con colpi di cannone le postazioni curde nell’enclave di Afrin, nel nord della Siria. Ieri, invece, il presiedente Recep Tayyip Erdogan ha detto che le truppe di Ankara possono attaccare i curdi in qualsiasi momento.
Ma i curdi – e di questo Ankara deve tenere conto – sono tra i vincitori del conflitto siriano. Combattendo nel nord, le Sdf sono riuscite ad arginare l’ascesa del sedicente Stato islamico e a conquistare una gran fetta di territori, non sempre con l’appoggio della popolazione, come mi spiegò in un’intervista monsignor Jacques Behnan Hindo, arcivescovo della diocesi di Hassaké Nisibi, che comprende anche Raqqa: “La presenza curda è sempre più pressante. Qui in città hanno preso tutti gli incroci e occupato tutte le vie, specialmente nel quartiere cristiano. Gli uomini dello Ypg si stanno comportando molto male con noi cristiani. Sono molto aggressivi. Inizialmente hanno preso il sud della città, poi si sono allargati sempre più. Hanno preso tutto il cotone e tutte le nostre ricchezze. Hanno rubato perfino le sedie. Hanno svuotato tutto, ora non c’è più nulla”.
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La nuova formazione curda rischia di complicare ulteriormente la situazione in Siria. Bashar al Assad ha ormai vinto la guerra e, salvo colpi di scena, le varie formazioni che in questi anni hanno combattuto nel Paese dovranno dialogare con Damasco. Sembra che anche i curdi siano disposti a farlo in cambio di una maggiore autonomia. Ma non è detto. La ricomposizione del Paese passa infatti dalla decisione che le varie potenze internazionali prenderanno in favore di una fazione o dell’altra. Gli Usa cosa faranno? Useranno i curdi contro Assad? E nel caso in cui i curdi – spalleggiati dagli Stati Uniti – chiedessero l’indipendenza come reagirà Ankara? Quel che è certo è che la nuova formazione ha un unico obiettivo: quello di contrattare con più forza l’influenza curda – e quindi di Washington – nella Siria di domani.
“Stroncare la forza curda”
Oggi Erdogan è tornato a parlare dei curdi, dicendo che “gli Stati Uniti hanno istituito un esercito terrorista lungo i confini del nostro paese e spetta a noi strangolare questo esercito terrorista prima che nasca. L’operazione potrebbe iniziare da un momento all’altro”.
Ieri il vice primo ministro turco Bekir Bozdag aveva detto gli Stati Uniti “giocano col fuoco” in Siria.