Il Segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, e quello della Difesa, Lloyd Austin, sono in visita ufficiale in Giappone e Corea del Sud per discutere di temi legati alla sicurezza e stabilità della regione estremo orientale. Sul piatto, oltre al dossier cinese riguardante l’assertività di Pechino nella regione che preoccupa principalmente il Giappone, c’è la questione nordcoreana, nella fattispecie rappresentata dal programma atomico e missilistico di Pyongyang.
In particolare, come riporta l’agenzia di stampa Yonhap News, Corea del Sud e Stati Uniti hanno in programma di avviare un nuovo dialogo diplomatico a scadenze regolari entro questa settimana per rafforzare la loro alleanza bilaterale. Le due parti terranno la sessione inaugurale di colloqui bilaterali venerdì 19 marzo, il giorno dopo il primo incontro “due più due” dei ministri degli Esteri e della Difesa a Seoul con le rispettive controparti statunitensi per discutere una strategia coordinata sulla Corea del Nord e altre questioni relative all’alleanza. “Prevediamo che l’organo consultivo aiuterà a coordinare regolarmente i dettagli sulle questioni in sospeso e contribuirà a rafforzare l’alleanza bilaterale”, ha detto il funzionario ai giornalisti una fonte ufficiale sudcoreana sotto anonimato.
La nuova strategia nell’area
Si sta delineando, quindi, ciò che avevamo preannunciato riguardante il cambio di strategia della Casa Bianca per cercare di risolvere il dossier nordcoreano, ovvero il rafforzamento dei legami con la Corea del Sud ed il Giappone – i più importanti alleati che gli Stati Uniti hanno nell’area – dopo il “gelo” sceso durante l’amministrazione Trump a causa del suo agire in modo “unilaterale”. Seul in particolare si è dimostrata, durante il quadriennio trumpiano, poco incline ad assecondare la politica assertiva di Washington verso Pyongyang, preferendo cercare di mantenere sempre aperti i suoi canali diplomatici nonostante le recrudescenze di tensione fomentate dal Nord.
A confermare il cambiamento di postura diplomatica verso un approccio più “soft” e multilaterale, ci giunge una seconda notizia da Seul: la Corea del Sud e gli Stati Uniti giovedì 18 hanno concluso la loro esercitazione militare combinata, durata nove giorni, che era stata organizzata in modo ridotto a causa della pandemia da coronavirus ma soprattutto in considerazione degli sforzi di pace con la Corea del Nord. Secondo il Joint Chiefs of Staff (Jcs), l’esercitazione di Combined Command Post Training (Ccpt) simulata al computer, iniziata l’8 marzo scorso, ha coinvolto un “livello minimo” di truppe rispetto alle precedenti edizioni, e non si sono svolte manovre sul campo. Mercoledì, il Segretario alla Difesa ha affermato che l’esercitazione è stata svolta “con successo” ed il ministro della Difesa sudcoreano, Suh Wook, gli ha fatto eco.
Si tratta quindi del primo passo verso la messa in pratica di un altro punto che avevamo evidenziato nella precedente analisi: per fare in modo che Pyongyang torni a sedersi al tavolo negoziale, si postulava la cessazione delle esercitazioni militari congiunte sul territorio sudcoreano e nelle acque che circondano la penisola. Un’eventualità si era già attuata proprio a seguito del vertice di Singapore (solo per le esercitazioni più grandi) e aveva avuto come immediato effetto la fine dei lanci di missili balistici a raggio medio, intermedio e intercontinentale da parte della Corea del Nord. Così facendo la possibilità di una nuova moratoria sui test missilistici potrebbe quindi essere rimessa in gioco: dimostrerebbe, ancora una volta, la buona volontà di Washington.
Lo spettro di nuovi test
Proprio in campo missilistico questo segnale di “apertura”, potrebbe allontanare lo spettro di un ulteriore lancio nordcoreano previsto “in tempi brevi” dall’intelligence statunitense. Secondo un rapporto di trapelato martedì dal Pentagono alla Cnn, la Corea del Nord “potrebbe prepararsi a effettuare il loro primo test sulle armi” dell’era Biden. L’intelligence, secondo la Cnn, si è “concentrata sull’attività di veicoli in un sito vicino a Sanum-dong, fuori Pyongyang, dove si ritiene che in passato siano stati costruiti missili balistici e veicoli di lancio spaziale”. Un altro funzionario della Difesa Usa ha detto che la Corea del Nord “potrebbe decidere se effettuare il test dopo aver visto cosa viene fuori dagli incontri di Blinken e Austin in Asia”.
In effetti la situazione è tutt’altro che definita e tutte le possibili previsioni sono ancora sul tavolo. La delegazione diplomatica di alto livello statunitense ha infatti confermato, incontrando la stampa in Giappone, che Washington intende rimanere impegnata nel conseguimento della “completa denuclearizzazione della Corea del Nord” oltre che nel rafforzamento delle alleanze in Asia. “Stiamo esaminando se varie misure di pressione aggiuntive potrebbero essere efficaci, se ci sono percorsi diplomatici che hanno un senso, tutto questo è in fase di revisione”, ha detto in particolare Blinken a Tokyo, mentre era al fianco del segretario Austin e delle controparti giapponesi dei due segretari, Toshimitsu Motegi e Nobuo Kishi.
È stato proprio in quella occasione che Kim Yo-jong, la sorella di Kim Jong-un, ha rilasciato, lunedì, una dichiarazione alquanto criptica: “Cogliamo l’occasione per avvertire la nuova amministrazione statunitense che si sta sforzando di diffondere odore di polvere da sparo nella nostra terra”, aggiungendo che se l’America “vuole dormire in pace per i prossimi quattro anni, farebbe meglio ad astenersi dal creare problemi ad ogni passo”. L’amministrazione Usa dovrebbe però tenere presente che l’obiettivo di una “denuclearizzazione completa, verificabile e irreversibile” della penisola coreana è irraggiungibile, almeno in un sol colpo, e pertanto questo approccio dovrebbe essere abbandonato a favore di uno più graduale e realistico basato su una strategia che prevede la denuclearizzazione per gradi da accompagnarsi all’allentamento delle sanzioni internazionali.
Siamo quindi in una fase “di studio” tra Pyongyang e Washington, pertanto certe dichiarazioni, come quella sulla “completa denuclearizzazione” effettuata a Tokyo, potrebbero essere fraintese dal regime nordcoreano, che potrebbe ritenere di trovarsi ancora di fronte ad una Casa Bianca fautrice di un atteggiamento perentorio e inamovibile. La cartina tornasole, da questo punto di vista, sarà proprio l’eventuale test missilistico, e anche in quel caso occorrerà fare attenzione alla tipologia di missile lanciato: un eventuale lancio di un vettore a lungo o lunghissimo raggio, ad esempio un Icbm come quello, nuovo, visto durante la recente parata di ottobre, potrebbe significare che Pyongyang ha scelto di leggere le parole dei delegati statunitensi in senso negativo.