A quasi tre anni dal lancio della Space Policy Directive-1, la direttiva della Casa Bianca che di fatto rilancia la corsa allo spazio degli Stati Uniti, il presidente Trump ha firmato un nuovo ordine che rilancia l’esplorazione spaziale rivolta in particolare alla Luna e a Marte con la finalità di poterne sfruttare le risorse minerarie.
Il documento ufficiale, siglato lo scorso 6 aprile, ribadisce il diritto degli Stati Uniti di poter sfruttare le risorse che verranno trovate durante l’esplorazione dei corpi celesti in questo caso a noi più prossimi e in particolare afferma che non ci sono aspetti legali che possano essere impugnati da altri Paesi per impedirlo.
In particolare si legge che “lo spazio esterno è un dominio legalmente e fisicamente unico dell’attività umana e gli Stati Uniti non lo considerano un bene comune” e facendo riferimento al Moon Agreement, un accordo del 1979 che intendeva regolare le attività degli Stati sulla Luna e gli altri corpi celesti, si afferma che siccome “gli Stati Uniti non sono parti dell’accordo sulla Luna” e siccome questo non viene ritenuto essere “uno strumento efficace o necessario per guidare gli Stati nazionali in merito alla promozione della partecipazione commerciale all’esplorazione a lungo termine, alla scoperta scientifica e all’uso della Luna, di Marte o di altri corpi celesti” conseguentemente il governo statunitense si opporrà a “qualsiasi tentativo da parte di qualsiasi altro Stato o organizzazione internazionale di trattare l’Accordo sulla Luna come riflesso o espressione del diritto internazionale consuetudinario”.
In parole povere, non riconoscendo l’Accordo, Washington “farà da sé” e non accetterà che nessun altro Paese possa in futuro sollevare questioni o veti sull’esplorazione o sullo sfruttamento delle risorse lunari o marziane.
Ci sarà spazio anche per l’iniziativa privata, anzi, la sua partecipazione è vivamente caldeggiata dalla Casa Bianca. La Space Policy Directive-1 prevede che i partner commerciali possano partecipare a un “programma innovativo e sostenibile” capitanato dagli Stati Uniti per “guidare il ritorno degli esseri umani sulla Luna e la sua esplorazione e utilizzo a lungo termine, seguiti da missioni umane su Marte e altre destinazioni”. Questa impresa e i possibili viaggi verso altri corpi celesti richiederanno una collaborazione con entità commerciali private per poter estrarre e recuperare risorse, tra cui acqua e alcuni minerali.
Non solo privati però. Gli Stati Uniti aprono la porta anche a collaborazioni bilaterali o multilaterali con altri Stati e si impegnano ad adottare tutte le azioni appropriate per incoraggiare il sostegno internazionale per il recupero e l’utilizzo delle risorse minerarie nello spazio. Il governo Usa quindi, nella persona del Segretario di Stato, cercherà di negoziare accordi con Stati stranieri in merito alle operazioni di estrazione delle risorse sui corpi celesti.
Esistono già dei piani di azione che sono stati studiati dalla Nasa e che prevedono di riportare l’uomo in orbita intorno alla Luna a partire dal 2023 e far atterrare un equipaggio verso la fine del decennio.
Il progetto chiave per la permanenza dell’uomo sulla Luna e per il futuro sviluppo di missioni umane verso il Sistema Solare sarà una stazione spaziale che orbiterà intorno al satellite che prende il nome di Getaway, che tradotto letteralmente significa “fuga” ma che potremmo meglio definire in italiano come il cancello per lo spazio.
Sulla stazione, gli Stati Uniti ed i suoi partner si prepareranno ad affrontare lo spazio profondo testando nuove tecnologie e sistemi mentre si costruiranno le infrastrutture di supporto alle missioni sulla superficie lunare preparando nel contempo le missioni verso Marte.
Ma perché Washington si affretta a fissare i propri paletti per l’esplorazione spaziale nonostante la pandemia dilagante? La motivazione è quella di poter arrivare a mettere le mani per prima sulle risorse minerarie che possono essere cavate sul nostro satellite naturale e, in prospettiva, sul Pianeta Rosso.
La Luna, infatti, è ricca di risorse minerarie che fanno gola non solo agli Stati Uniti. Le analisi geologiche delle rocce lunari hanno evidenziato che è ricca di tre risorse fondamentali per l’uomo: l’acqua, l’elio-3, e le Terre Rare (in inglese Ree – Rare Earth Elements).
L’acqua, presente sotto forma di ghiaccio all’interno della superficie lunare in zone “d’ombra” in prossimità dei poli, oltre ad essere fondamentale per la sostenibilità della vita umana sulla Luna, rappresenta anche una fonte per ottenere il combustibile dei razzi (l’ossigeno si usa come ossidante nella combustione).
L’elio-3 è un isotopo dell’elio che si trova negli strati superficiali formati da regolite depositato da miliardi di anni di vento solare. Questo elemento, raro sulla Terra ma in grande quantità sulla Luna, può servire come combustibile nei reattori a fusione e quindi garantire una fonte di approvvigionamento di energia pulita.
Le Terre Rare, di cui abbiamo ampiamente parlato in passato, sono fondamentali per tutta una serie di settori dell’industria ad alta tecnologia ed elettronica, tra cui le indispensabili batterie dei telefoni cellulari o delle auto elettriche.
Si tratta quindi di una sfida generazionale che vede dei contendenti molto agguerriti: la Cina e la Russia hanno lanciato i propri programmi di esplorazione verso lo spazio esterno con una tabella di marcia serrata. Attualmente Pechino sembra essere in leggero vantaggio avendo effettuato il primo allunaggio nella loro storia di una sonda spaziale: la Chang’e 4 arrivata sul nostro satellite il 2 gennaio dell’anno scorso. Anche Mosca però prevede di lanciare una sonda sul nostro satellite entro il 2021, la Luna-25.
Questi programmi, compreso quello americano, potrebbero però essere rinviati proprio a causa della pandemia e dei costi economici che dovranno essere affrontati nei prossimi anni.