Il tweet di Trump di lunedì scorso in cui ha accusato il Pakistan di “mentire e ingannare” gli Stati Uniti è solo il naturale epilogo di un’amicizia “strana” tra i due Paesi. Il presidente americano ha infatti esternato quello che già a tutti era palese da qualche tempo sottolineando come “gli Stati Uniti hanno stupidamente dato al Pakistan 33 miliardi di dollari di aiuti negli scorsi 15 anni, e loro ci hanno dato in cambio solo inganni e menzogne, fornendo rifugio ed aiuto ai terroristi che combattiamo in Afghanistan. Basta!”.

Gli Stati Uniti hanno anche sospeso aiuti militari ad Islamabad per circa 225 milioni di dollari, aggiungendo che l’esito del contratto di assistenza è vincolato dalla risposta al terrorismo del Pakistan sul proprio territorio ma non solo. Secondo indiscrezioni riportate dalla PTI (Press Trust of India) il Presidente Trump avrebbe chiaramente detto che si aspetta che il Pakistan prenda azioni decisive contro terroristi e militanti (di al-Qaeda n.d.r.) sul proprio territorio nazionale e che le azioni di Islamabad in supporto alla strategia americana in Asia del Sud determineranno l’indirizzo delle relazioni tra i due Paesi inclusa la futura assistenza in materia di sicurezza. Il riferimento ai rapporti con la Cina è qui del tutto evidente.

Cina che non si è lasciata scappare l’occasione diplomatica ed è intervenuta tempestivamente in favore di Islamabad attraverso le parole del portavoce del Ministero degli Esteri, Geng Shuang, che in una nota ha dichiarato che “Il Pakistan ha fatto sforzi e sacrifici enormi nella lotta contro il terrorismo ed ha dato un contributo incredibile alla causa globale del contro-terrorismo. La comunità internazionale dovrebbe riconoscerlo”. Aggiungendo che i due Paesi sono “partner ognitempo” sulla base del mutuo rispetto per contribuire alla pace ed alla stabilità della regione. Evidentemente le dispute territoriali sui confini sono per il momento messe nel dimenticatoio anche in considerazione del fatto che Pechino sta investendo molto in Pakistan nell’ottica della “Belt and Road Initiative”, la famosa “Nuova Via della Seta” che permetterà la nascita di una nuova rotta per i traffici commerciali tra l’Oriente e l’Occidente. Alla Cina infatti serve un canale preferenziale per avere accesso al Mare Arabico ma soprattutto all’Oceano Indiano, ed in questo senso Islamabad diventa (insieme ad altre nazioni che circondano l’India come il Bangladesh ed il Myanmar) un obiettivo strategico per stabilire dei punti cardine, delle basi avanzate, per permettere la continuità delle linee di traffico cinesi dal Mar Cinese Meridionale sino al Mar Mediterraneo passando per il Golfo di Aden e Suez ed anche verso il Golfo Persico, ancora oggi regione strategica nel quadro dell’accesso alle fonti energetiche di idrocarburi. Ecco quindi perché sembra essere improvvisamente calato il gelo diplomatico tra Washington ed Islamabad, ed ecco perché Pechino non si è fatta scappare l’occasione per ribadire il proprio supporto al suo vicino di casa.

In questo gioco delle parti però, c’è anche l’India – rivale storica del Pakistan – che potrebbe essere spinta da questa scelta di Pechino (e di Washington) sempre più nell’orbita americana, come già abbiamo avuto modo di dire in occasione delle varie e numerose esercitazioni militari congiunte. Agli Stati Uniti infatti, se davvero si dovesse considerare chiusa l’amicizia pluridecennale con il Pakistan, servirebbe assolutamente un altro alleato nell’area e Nuova Delhi rappresenta il candidato migliore (ed il solo possibile a tutti gli effetti). L’India però sembra essere ancora riluttante a mettersi nelle mani (e nelle armi) americane e per il momento si destreggia abilmente tra uno sguardo a Mosca e uno verso Washington, non dimenticando di tenere d’occhio i suoi veri rivali, Islamabad e Pechino, i cui legami si sono sempre più stretti anche a livello militare: tra il 6 ed il 27 settembre scorso reparti dell’Aviazione dell’Esercito di Liberazione Popolare Cinese (PLAAF) e della Pakistan Air Force hanno dato vita, sulla base cinese di Korla, all’esercitazione “Shaheen VI” che ormai si tiene sin dal 2012 ad anni alterni nei due Paesi.

Gli equilibri e le alleanze della regione asiatica sembrano essersi definitivamente spostati – quando non addirittura ribaltati – e più che la questione coreana, a scatenare questo sconvolgimento strategico è stata sicuramente la nuova politica espansionista cinese, sempre più spregiudicata ed aggressiva, che ha colmato il vuoto lasciato dalla passata amministrazione americana fautrice di un disimpegno unilaterale dall’area del Pacifico Occidentale e dal Sud Est Asiatico (dalle Filippine al Giappone passando per il Mar Cinese Meridionale). Con un nuovo inquilino alla Casa Bianca però, il vento è cambiato, ma forse è ormai troppo tardi.   

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