Sullo sfondo della crisi politica che dalla sera del 9 agosto sta attanagliando la Bielorussia, nel silenzio generale il blocco euroamericano sta aumentando le pressioni su un altro importante alleato del Cremlino nell’Europa orientale: la Moldavia. Dopo aver partecipato direttamente alla costruzione del gasdotto Iași-Ungheni-Chișinău, inaugurato il 28 agosto, l’Unione Europea ha svelato come intende provocare e facilitare l’allontanamento della Moldavia dall’orbita russa.
Il piano di Bruxelles
Oleg Tulea, ministro degli esteri e dell’integrazione europea della Moldavia, fra l’11 e il 12 settembre ha soggiornato a Bruxelles per ascoltare le proposte degli ufficiali dell’Ue e dell’Alleanza Atlantica sui benefici derivanti dal potenziale riallineamento geopolitico del proprio Paese.
Nella capitale belga, Tulea ha dapprima incontrato Kari Simson, il commissario europeo per l’energia, e poi ha avuto un incontro a porte chiuse con Mircea Geoana, il vicesegretario generale dell’Alleanza Atlantica.
La bilaterale con Simson avviene a meno di due settimane dall’inaugurazione del gasdotto Iași-Ungheni-Chișinău, finanziato con capitale europeo e progettato per fornire un’alternativa alla rete della Gazprom, ed è stata produttiva, essendosi conclusa con un importante comunicato congiunto il cui sunto è espresso nel seguente passaggio: “L’Unione europea sosterrà la Moldavia nei suoi sforzi per modernizzare il settore energetico e integrarsi nel sistema regionale e nel mercato energetico europeo”.
La nota, nel dettaglio, illustra come nel corso dell’incontro siano “stati discussi gli aspetti della cooperazione nel campo della sicurezza energetica, essendo questo uno dei temi prioritari nel dialogo settoriale con l’Unione europea […] in particolare il completamento della costruzione e la messa in servizio del gasdotto Iași-Ungheni-Chișinău”. L’aspettativa di Bruxelles nei confronti del gasdotto è elevatissima poiché, come si evince dal comunicato, l’obiettivo ultimo è la sua integrazione all’interno del corridoio transbalcanico.
Una volta estromessa la Russia dal mercato del gas moldavo, il passo successivo saranno l’integrazione del Paese all’interno del mercato elettrico comunitario, compito del quale si occuperà la Romania, e l’avvio di progetti “di cooperazione nel campo dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili”.
Il ruolo della Nato
L’offerta lanciata dall’Ue non è disinteressata: in cambio del supporto all’emancipazione energetica da Mosca, Simson ha esplicitato che le autorità di Chișinău dovranno “continuare ad attuare gli impegni [presi] ai sensi dell’accordo di associazione”. In breve: la Moldavia non potrà rimanere neutrale, ma dovrà effettuare una scelta di campo chiara e netta.
Ed è in virtù di quest’ultimo punto che all’incontro con Simson ha fatto seguito un faccia a faccia tra Tulea e Geoana, il numero due della Nato. Geoana, essendo di nazionalità rumena, può contare sul fatto di esercitare un astro particolarmente influente sulla dirigenza del piccolo Paese est-europeo che le autorità di Bucarest sognano di inglobare integralmente per dar vita alla visione irredentista della “Grande Romania“.
Secondo quanto si legge dal comunicato ufficiale prodotto nel dopo-incontro, i due hanno concordato “l’approvazione di un nuovo piano d’azione del partenariato individuale (IPAP), l’implementazione del pacchetto di assistenza Nato per il rafforzamento delle capacità di difesa e sicurezza della Moldavia, la realizzazione di progetti nell’ambito del Programma Scienza per la Pace e la Sicurezza, la cooperazione nella lotta alle nuove minacce alla sicurezza, la promozione delle attività nel campo della diplomazia pubblica e della comunicazione strategica”.
Verso l’Occidente?
Il gasdotto Iași-Ungheni-Chișinău è un canale per il trasporto del gas dalla lunghezza di 120 chilometri, alla cui realizzazione ha contribuito la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), che è destinato a rivoluzionare il panorama del mercato energetico nella regione in quanto progettato con l’obiettivo specifico di emancipare la Moldavia dalla dipendenza da importazioni di beni energetici russi.
Il canale di trasporto è stato ampiamente pubblicizzato da Chișinău come il salvavita che entrerà in funzione “in caso di problemi sulla rotta tradizionale”, ossia la rete della Gazprom, e sarà in grado di soddisfare fino al 75% del fabbisogno medio di Moldavia e Transnistria e fino al 60% del loro consumo medio durante i mesi freddi. Si tratta di cifre molto elevate che potrebbero realmente servire lo scopo, abbattendo il monopolio energetico del Cremlino nel Paese che, fino ad oggi, si è rivolto alla Gazprom per soddisfare annualmente dal 99% al 100% del proprio fabbisogno di gas naturale.
Ad ogni modo, il primo ministro Ion Chicu ha lasciato intendere che il flusso nel gasdotto non resterà a zero a tempo indefinito perché l’aspettativa è quella di iniziare a ricevere gas dalla Romania non appena diventerà più economico di quello russo:
Vogliamo tariffe più basse, non importa se [il gas] viene da Sud o da Nord, qui soltanto i numeri sono importanti
A colpire è il fatto che, oltre a Chicu, anche il presidente Igor Dodon, che spesso viene dipinto come l’uomo del Cremlino a Chișinău, abbia approfittato dell’occasione per inviare un messaggio all’alleato russo, reiterando l’invito ad abbassare il prezzo del gas. La Moldavia, infatti, sta pagando 168 dollari ogni mille metri cubici e Dodon ha spiegato che vorrebbe vedere quella cifra quasi dimezzata: 100 dollari ogni mille metri cubici.
L’importanza delle dichiarazioni di Dodon non è da trascurare e/o sottovalutare perché è stato a causa di un contenzioso sul prezzo del gas che nei mesi scorsi era nato il braccio di ferro tra Minsk e Mosca – che si sarebbe concluso con una probabile rottura se nel post-elezioni non fossero esplosi dei disordini sui quali sin da subito è pesata l’ombra di una maldestra Maidan 2.0 architettata tra Berlino, Varsavia e Vilnius per favorire l’ascesa al potere dell’opposizione europeista.
L’instabilità, alla fine, ha convinto Aleksandr Lukashenko a fare un passo indietro e a riavvicinarsi al Cremlino, riesumando persino il progetto di fusione tra Russia e Bielorussia; non è da escludere che uno scenario simile possa ripetersi anche in Moldavia se l’Ue dovesse decidere di premere l’acceleratore troppo prematuramente.